“Sì, l’Africa sarà protagonista della Biennale di architettura del 2023 per guardare al resto del mondo, per capire tutto, non sarà una mostra sull’Africa”. Perché “c’è un luogo in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono: l’Africa. A livello antropologico, siamo tutti africani. E ciò che accade in Africa accade a tutti noi. È il laboratorio del futuro”.
Mette in chiaro il suo pensiero alla conferenza stampa da Venezia la curatrice della mostra del prossimo anno, Lesley Lokko. La direttrice scelta dal presidente dell’ente Roberto Ciccuto è nata a Dundee in Scozia nel 1964, è architetto e autrice di ben undici romanzi, è cittadina ghanese, ha insegnato a Città del Capo, vive tra Accra e Londra: garantisce che porterà tante voci e riflessioni dal continente africano perché lì si sperimenta e si gioca buona parte del futuro di tutti.
Come titolo per la rassegna in programma dal 20 maggio al 26 novembre del 2023 Lesley Lokko ha scelto “Il laboratorio del futuro”. Chiarendo ancora che due “macrofenomeni” saranno centrali e intrecciati tra loro: la decolonizzazione, un processo plurisecolare con cui l’Occidente, l’Europa, ha spolpato gran parte del globo, con la tratta degli schiavi come pratica per lanciare le economie occidentali; la decarbonizzazione.
A questi temi intreccia le diseguaglianze sociali. E alla domanda dalla stampa se la guerra in Ucraina e lo scenario geopolitico avranno riflessi nella mostra, l’architetto-scrittrice risponde netta: “Sì, assolutamente”. Lisley Lokko lascia trasparire comnque uno spirito fiducioso verso il genere umano. Tanto è vero che per ora parla in inglese ma promette che tra un anno parlerà un po’ di italiano.
“Nonostante la velocità dei progressi della scienza medica negli ultimi due anni, nello stesso lasso di tempo le proteste globali hanno rivelato la profondità e la portata delle disuguaglianze sociali in modi che coloro che sono stati troppo comodi e distanti per rendersene conto, ora vedono diversamente – dichiara l’intellettuale nel suo intervento tradotto dalla Biennale – L’Europa, cullata negli ultimi sessant’anni da un falso senso di sicurezza, si è improvvisamente vista costretta a confrontarsi con le stesse questioni riguardanti la terra, la lingua e l’identità che in molte parti dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente sono state e sono tutt’ora una costante. Gli ultimi trentasei mesi sono stati spesso percepiti come una resa dei conti a lungo termine, come se ci fosse stato presentato un conto che tutti noi, in molteplici e svariati modi, non abbiamo i mezzi per pagare”.
Lesley Lokko vuole guardare alle povertà anche nel cuore dell’Europa: “Qui parliamo di minoranze e diversità, ma la verità è che le minoranze dell’Occidente sono la maggioranza globale; la diversità è la nostra norma”. E insiste: “La visione di una società moderna, diversificata e inclusiva è seducente e persuasiva, ma finché rimane un’immagine, resta solo un miraggio. È necessario qualcosa di più di una rappresentazione e gli architetti, storicamente, sono attori chiave nel tradurre le immagini in realtà”.
Chi andrà a Venezia vedrà con quali immagini e racconti progettisti, disegnatori e altri tradurranno questi principi. Nel frattempo potrà interessarvi che dal “Mondo ai miei piedi” del 2004 a “La debuttante” del 2016, Mondadori ha tradotto dieci dei suoi romanzi.
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