di Alessia de Antoniis
“C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando” di Federico Greco e Mirko Melchiorre, è in sala distribuito da Fil Rouge Media.
Il film prende spunto dall’occupazione dell’ospedale di Cariati, in Calabria, dove un manipolo di moderni “briganti” sta lottando per ottenerne la riapertura.
Ma perché Roger Waters dei Pink Floyd, il regista Ken Loach, Gino Strada di Emergency, l’economista Randall Wray e tanti altri dovrebbero unirsi per combattere contro la chiusura di quello che, nel docufilm, alcuni giornalisti chiamano “un piccolo ospedale” in un “paesino di provincia”?
Un antico scrittore mai esistito, Ermete Trismegisto, diceva che così come è in alto è in basso. Se considero Cariati il piccolo, quale grande riflette?
“C’era una volta l’Italia” inizia con un filmato d’archivio girato molto lontano dalla Calabria. All’ONU. È il 1972 e Salvator Allende, allora presidente del Cile, denuncia quello che oggi conosciamo come “il metodo Giacarta”.
Negli anni i media hanno imparato a bollare storie simili come complottismo.
Federico Greco e Mirko Melchiorre hanno già usato questo format, di far camminare su binari paralleli il macro e il micro.
Lo abbiamo sperimentato girando “PIIGS – racconta Federico Greco, co-sceneggiatore e co-regista del film – Già con “PIIGS” (Acronimo riferito a Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, ossia i 5 Paesi dell’eurozona a maggior rischio di default – nda), mettevamo in evidenza come decisioni sovranazionali, in campo economico e finanziario, producono i loro effetti direttamente nella vita di ognuno di noi.
Allora avevamo avuto nomi importanti come Noam Chomsky, Varoufakis, William Dafoe.
Non so dirti perché nomi così famosi si siano interessati a questo film. Credo per la natura indipendente del progetto e perché sono d’accordo con i temi che trattiamo.
Siamo riusciti a contattare Roger Waters attraverso Ken Loach. Ho imparato che i no dobbiamo farceli dire dagli altri, non dirceli noi. Un no interiore blocca tutto. Anche loro hanno l’umanità dell’uomo comune. Devono però essere sicuri che non hai chiamato Roger Waters per sfruttare il suo nome, ma perché hai bisogno di lui per vincere una lotta sul piano mediatico e politico.
Le lotte, anche piccole come questa per l’ospedale di Cariati, vanno fatte sempre, perché non puoi mai sapere se un giorno arriverà Roger Waters a darti una mano. Non puoi mai sapere che valanga metti in moto anche iniziando dal piccolo.
Quando il Sistema è sotto attacco, va in autodifesa e grida al complotto. Il pubblico è disposto a credere che “C’era una volta in Italia” non sia complottistico?
Con “PIIGS”, molte persone in sala ci dicevano: ma allora queste cose si possono pensare… Se situazioni attualissime, ma derubricate a complotto, le metti all’interno di un discorso più ampio in cui tutto torna, superi la censura nella mente delle persone. Il discorso di Allende all’ONU è di una modernità tragica. Parlava di quello che sta accadendo a noi. Non diceva solo: le grandi multinazionali sono predatori e stanno arrivando in America Latina e in Africa a rubare tutto. Diceva “stanno per arrivare anche nei loro stessi Paesi”. Questo è il senso di “Giacarta sta arrivando”.
Nel film viene detto: “le istituzioni temono la stampa”. È vero se la stampa è libera, ma molti media sono il mezzo di diffusione della propaganda.
È una frase che dicono i ragazzi. All’inizio della lotta, hanno avuto una grande copertura mediatica che poi è scemata. Molti media li hanno sfruttati e poi abbandonati. In quella fase si inserisce l’appello di Roger Waters.
Tema centrale del film è la privatizzazione della sanità pubblica. Il Covid può avere avuto il pregio di aver messo al centro del dibattito politico il dramma della sanità pubblica?
Il Covid ha scoperchiato la rete di interessi privati e i conflitti di interesse nei quali è crollata la sanità pubblica. In pandemia sono state messe a disposizione strutture private per salvare vite umane, ma mai gratis. Solo a pagamento. Questo è un crimine contro l’umanità.
La pandemia non ha insegnato nulla, perché la spesa pubblica, che era intorno al 6,5% del Pil, è schizzata al 7%. Questo avrebbe dovuto far capire a tutti che il presidio sanitario pubblico è fondamentale. Avremmo dovuto dire: finanziamo la sanità pubblica all’8% del Pil. Invece l’Europa ci chiede la riduzione a livelli inferiori a quelli pre-pandemia.
Il vero virus è la sanità privata. E i dati dicono che laddove la sanità privata è prevalente, si muore di più.
Perché avete solo accennato a WeakiLeaks?
Abbiamo dovuto fare delle scelte registiche per contenere i tempi. Era prevista un’intervista a Monica di Sisto, un attivista che avrebbe parlato dei trattati. È stata una scelta sofferta quella di non affrontare i trattati, che stabiliranno le politiche globali del futuro e che sono secretati; come lo sono i contratti dei vaccini e gli studi sulle sperimentazioni sui vaccini.
Il docufilm affronta il cosiddetto “contemperamento tra diritti risorse”. Con questa escamotage alcuni diritti, anche costituzionali, vengono meno. Si parla di “diritti come eccezioni alle regole del commercio”.
Una delle bestemmie più grandi è “mercato del lavoro”. Il lavoro è un diritto e non un prodotto di mercato. Usiamo quotidianamente concetti ai quali ci ha assuefatti il linguaggio mediatico.
La maggior parte delle persone “sono parlate” dalla propaganda.
Abbiamo scelto la forma del docufilm perché, se vedi qualcosa che ti tocca dal punto di vista emotivo, la battaglia di un personaggio diventa anche la tua.
Il collante emotivo è quello che veicola la propaganda. Perché allora non usare gli stessi mezzi per diffondere fatti documentati?
Credo che questo film sia un fortissimo atto politico. Oggi come non mai la politica si gioca sul piano della comunicazione. E la propaganda è comunicazione.
Non ho problemi a sentir dire che il nostro film è una contro-propaganda. Non stiamo parlando di una nazione contro l’altra durante una guerra, ma del popolo contro chi lo sfrutta. Va benissimo quindi la contro-propaganda del popolo. Il problema ora è capire chi sia il nemico.
I valori cristiani di Maastricht supportano i soggetti privati che vanno in soccorso della sanità pubblica. Ma il privato va solo dove ci sono profitti. Maastricht crea un cortocircuito?
È il concetto della sussidiarietà orizzontale. Laddove un soggetto non ce la fa, altri accanto a lui lo devono aiutare. Questo principio, che sembra tanto cristiano, è stato applicato al settore pubblico. Laddove la sanità pubblica non ce la fa, suo fratello, la sanità privata, va ad aiutarla. Ma non lo fa per mero spirito caritatevole. Ci va per parassitarla.
Il concetto di parità tra pubblico e privato è una bestemmia. La sanità privata, a differenza della pubblica, può scegliere le prestazioni da erogare. Infatti non è mai presente nella medicina d’urgenza, come i pronto soccorso. La parità è una grande menzogna. La sanità pubblica interviene proprio laddove non c’è profitto e non interverrebbe nessuno. “Sussidiarietà orizzontale” e “parità tra pubblico e privato” sono mezzi di comunicazione della propaganda che abbiamo introiettato. Ci siamo abituati a una sanità privata “costretta” ad andare in soccorso di quella pubblica.
Altra tesi sostenuta nel film: la sanità privata crea malati che garantiscano i loro profitti.
La sanità privata fiorisce quanti più malati esistono. Lo Stato ha come obiettivo quello di avere meno malati possibili, perché è giusto che la gente non si ammali e che abbia benessere, e perché meno malati ha e meno spende. Per cui è a favore della prevenzione. Nella sanità privata è l’opposto: c’è bisogno che la gente si ammali per poterla curare. Questo è un crimine.
Le strutture convenzionate sono strutture private pagate dallo Stato che, per rimborsare loro, sottrae risorse alla sanità pubblica.
L’autonomia differenziata, sarebbe un colpo durissimo inferto alla sanità pubblica. Se passasse, sarebbe come se l’intero sud Italia si staccasse, creando un ulteriore divario tra Nord e Centro Sud. Una regione come la Calabria, che in piena pandemia ha avuto bisogno di Gino Strada e di Emergency per le terapie intensive, avrebbe il crollo definitivo della sanità pubblica. E, non essendoci ancora abbastanza privato, i calabresi che possono permetterselo sarebbero costretti al turismo sanitario. Ma quando i malati del Sud vanno al Nord a curarsi, nel pubblico o nel convenzionato, è la regione di partenza che paga quella di arrivo. Quindi la regione Calabria dà centinaia di milioni l’anno alle regioni del Nord.
Perché tutti quei soldi non li mettono direttamente nella sanità pubblica regionale? Studi dell’Università Bocconi e della LUISS, hanno insegnato come approfittare legalmente dell’emigrazione sanitaria verso il Nord che parassita la sanità del Sud.
La grande zona grigia è la sanità convenzionata. L’itramoenia, esercitata in spazi sottratti al servizio pubblico, è propaganda?
Siccome è un dato di fatto che la sanità pubblica non funziona, che non ci sono medici, che le liste sono lunghissime, allora noi mettiamo a disposizione un tipo di sanità pubblica ibrido, negli studi medici degli ospedali pubblici e con macchinari pagati con denaro pubblico, ma con specialisti che si fanno strapagare dai cittadini.
In un sistema dove filantropi come Gates e Soros sono considerati benefattori, l’arte, nel tuo caso il cinema, è la nuova frontiera della lotta non armata? E, in una fase in cui il cinema langue a causa di sceneggiature spesso scadenti, il documentario diventa la nuova frontiera del cinema indipendente da contrapporre al lavaggio del cervello dei supereroi americani o al vuoto che è rimasto del cinema di denuncia degli anni ‘70?
Il filantro-capitalismo è l’altra grandissima menzogna. I filantropi non danno soldi per beneficienza, ma per motivi fiscali. Bill Gates detiene il 17% dei finanziamenti privati dell’OMS. Finanzia al 100% alcuni dipartimenti dell’OMS, tra i quali quello dei vaccini. Sono soldi defiscalizzati che producono utili. Più lui dona in nome del suo spirito filantropico, più guadagna.
Sono soggetti che non sono all’interno dei governi ma fanno politica. Come Soros che finanzia i partiti.
Il cinema, per la sua forma narrativa, emotiva ed epica, consente di fare politica. Io faccio cinema e, per me, lotta politica e cinema sono la stessa cosa.
Il problema è che il cinema non ha più la sua vocazione epica, quella dei grandi film di Sergio Leone, dei fratelli Taviani, Bertolucci, Monicelli, Bellocchio. Ritornare a fare quel cinema con questi argomenti sarebbe strepitoso.
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