Doppiatori in sciopero fino al 28 febbraio

Doppiatori e dialoghisti in sciopero. Il problema è solo il mancato rinnovo del CCNL? Ne parliamo con Daniele Giuliani, presidente di Anad

sciopero doppiatori. perché i doppiatori scioperano fino al 28 febbraio 2023? Intervista a Daniele Giuliani presidente Anad
Daniele Giuliani - Presidente ANAD - associazione nazionale attori doppiatori
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23 Febbraio 2023 - 21.25


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di Alessia de Antoniis

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Doppiatori, dialoghisti e adattatori, in sintesi tutte quelle figure che ci consentono di vedere tutto quello che passa al cinema e in televisione, sono in sciopero fino al 28 febbraio.

Quella che da molti è considerata una casta ben pagata, si lamenta. Perché? Forse perché, tranne poche voci fortunate che sono in grado di contrattare accordi ad personam, la stragrande maggioranza dei doppiatori soffre il medesimo problema di ogni altro lavoratore italiano: stipendi fermi a vent’anni fa e scomparsa delle tutele garantite nello scorso millennio.

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Le motivazioni dello sciopero sono riassunte nel comunicato rilasciato dalle associazioni di categoria: contro “le mancate risposte per il rinnovo del Ccnl Doppiaggio fermo alle retribuzioni di 15 anni fa; contro cessioni di diritti vessatorie e pericolose, contro ritmi di produzione che non rispettano la qualità del lavoro e della vita”.

Ma le motivazioni dello sciopero vanno oltre.

“Al giorno d’oggi – sostiene Daniele Giuliani, Presidente di ANAD – Associazione Nazionale Attori Doppiatori – è impensabile continuare a lavorare in condizioni contrattuali obsolete, con normative che non tengono conto dell’evoluzione del mercato dell’audiovisivo negli ultimi 10 anni, e senza tutela per quanto riguarda la cessione dei diritti che mette quotidianamente a repentaglio l’intero settore, alimentando i rischi di un uso improprio dell’Intelligenza Artificiale”.

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Quindi, mentre David Guetta rappa con un Eminem totale frutto dell’AI (intelligenza artificiale), canzone compresa, e scrittori, giornalisti, sceneggiatori corrono a scaricare ChatGPT, perché i doppiatori scioperano?

Anche Daniele Giuliani ammette che “L’evoluzione tecnologica è da sempre parte del processo umano. Però  –  aggiunge – il problema nasce nel momento in cui si pensa che possa sostituire una forma artistica. Credo fortemente che l’arte sia meravigliosa nelle sue imperfezioni. Un assolo di batteria campionato non sarà mai emozionante quanto un batterista che suona dal vivo”.

Effettivamente, visti i prezzi raggiunti dai biglietti per i concerti delle grandi star, vorremmo tutti pagare per sentir suonare la batteria a Phil Collins, non a un computer.

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Ma, visto che il CCNL del settore doppiaggio è del 2008 e nel 2017 avete firmato un accordo ponte che scadeva a dicembre dello stesso anno, perché scioperate nel 2023?

Non ci siamo svegliati all’improvviso. Sono 12 anni che cerchiamo un accordo. Tutti sappiamo che i contratti nazionali e collettivi di lavoro hanno tempi lunghi di rinnovo, ma 12 anni in un settore come il nostro sono tanti. Tecnologicamente e a livello dell’industria dell’intrattenimento, il mercato dell’audiovisivo è cambiato talmente tanto che il nostro contratto è obsoleto. Distingue il film da cinema e il film da televisione, ma non cita le piattaforme che nel 2008 non esistevano. All’epoca i film di circuito rappresentavano una grossa mole di lavoro. Oggi i film che escono al cinema sono pochi. Pensiamo a Netflix, Amazon Prime, Disney+. Ci sono film della Disney usciti solo sulla piattaforma. Sono 12 anni che stiamo provando a contrattare con la nostra controparte, nella figura di Anica, e di alcune delle aziende che si prestano alla contrattazione, a rinnovarlo.

E non parlo solo dell’aspetto economico, che la legge italiana già prevede nella figura della rivalutazione Istat. L’adeguamento Istat non ce lo concederebbe l’Anica, ma lo Stato. Ci tengo però a precisare che non è solo una questione economica. L’enorme mole di lavoro dovuta all’ampliamento del mercato, ha fatto sì che la qualità si abbassasse. Tutto è urgente, e sappiamo che in qualunque lavoro qualità e velocità non sono buone amiche. Soprattutto in un lavoro artistico e artigianale. Ci vogliono far diventare un grande magazzino quando siamo nati come botteghe artigiane. Il nostro Paese ha dato il via al doppiaggio e lo ha reso un’eccellenza artistica della nostra cultura cinematografica. In quest’ottica va tutelato. È come se da domani il vino del Chianti potesse essere fatto da chiunque e ovunque.

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Chiediamo quindi tutele economiche e professionali. E qui si inserisce il secondo filone del discorso, quello dell’intelligenza artificiale. Nessuno vuole fermare l’evoluzione tecnologica. Nessuno può negare che un treno ad alta velocità è migliore di uno a vapore. Ma credo che nessuno possa essere convinto del fatto che l’intelligenza artificiale possa riprodurre la cappella Sistina.

L’AI oggi non è regolamentata. Quindi si stanno commettendo delle illegalità: veri e propri furti. Andremo ai concerti a vedere un computer che riproduce una canzone? L’arte è il più grande patrimonio dell’uomo. E non sto parlando di doppiaggio, ma di arte in generale.

Keanu Reeves, preoccupato per l’uso del deepfake, fa da tempo inserire nei suoi contratti una clausola che vieta l’uso dell’AI per ritoccare digitalmente i suoi girati. Gli attori americani si stanno ribellando contro eventuali modifiche alle loro immagini. La mimica facciale di ogni attore è frutto di un lavoro. Se l’intelligenza artificiale modifica la loro immagine, modifica il loro lavoro. Rischiano di trovarsi addirittura in un film porno che non hanno mai girato. Quello dell’AI è un tema più grande del doppiaggio.

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Per polemica abbiamo utilizzato un sito che modifica la voce, realizzando un audio con Papa Francesco che mette in guardia i doppiatori utilizzando un frasario volgare. Sembra lui. Con la stessa tecnica posso far dire ad un premier di attaccare una nazione.

Il problema del deepfake è mondiale. Non solo, ma la voce è unica come l’impronta digitale…

È un problema etico enorme. Ed è pericoloso. Oltre che illegale, perché la mia voce è mia. Come doppiatori, le cessioni di diritti che ci vengono richieste dalle major straniere, sono folli. Mi chiedono di firmare cessioni di diritti dove c’è scritto che con la mia voce possono fare quello che vogliono, alterarla, modificarla. Questo non va bene e contro questo lottiamo.

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Gli attori americani che noi doppiamo, non credo che firmino cessione di diritti che prevedono che con la loro faccia si possa fare quello che si vuole. Abbiamo colleghi che si sono ritrovati le loro voci  nei negozi o nelle farmacie: “serviamo ora il numero 58”; “ricordiamo ai gentili clienti che oggi c’è il 15% di sconto sulle creme”. Questo è furto. Ed è solo la punta dell’iceberg.

I disegnatori di manga si sono ribellati quando hanno scoperto che il deepfake trasformava la tua foto in un cartone animato. Hanno detto: noi studiamo anni per diventare artisti e oggi lo fa una macchina? e continuo volutamente a citare categorie d’arte che non fanno doppiaggio.

Già alcuni anni fa si parlava di aziende come l’israeliana Deepdub o l’inglese Flawless…

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 Al momento queste sono start-up che stanno ancora lavorando per arrivare. So che in Portogallo Netflix ha provato a fare un film completamente doppiato dall’AI e so che non ha riscontrato i favori del pubblico.

Cosa prevede la normativa italiana?

A livello normativo in Italia non c’è nulla. Spero che venerdì mi ricevano in Parlamento. Una delle soluzioni potrebbe essere di mettere un bollino di qualità in modo che tu sai che quello che stai per vedere è fatto con persone vere e non è Fake…che guarda caso vuol dire “falso”.

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L’altro grande filone che si apre è: chi è proprietario di quell’opera? Se io faccio quattro foto e tu usi  l’AI per produrre delle scene con un personaggio che ha il mio volto, a chi vanno i diritti d’autore? Perché il prodotto lo hai realizzato tu, ma con la mia faccia e io non ho recitato in quel film. C’è un buco normativo a livello europeo. Siamo arrivati alla Commissione europea, dove abbiamo esposto un position paper che è stato condiviso dalle associazioni di categoria degli altri Stati europei.

La prossima settimana abbiamo un incontro con le associazioni di Francia, Spagna e Germania, che hanno chiesto di unirsi a noi.

Il doppiaggio con l’intelligenza artificiale abbasserebbe enormemente i costi di produzione società cinematografiche. Una serie televisiva di 8 episodi verrebbe tradotta in 6 settimane invece che in 14.

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Sì, ma verrebbe ridotta anche la qualità. Ecco perché auspichiamo che al tavolo delle trattative siedano anche le piattaforme.

Il doppiaggio è frutto di anni di studio e pratica. Non ci si improvvisa doppiatori per il solo gusto personale. Negli ultimi tre anni il doppiaggio è esploso come pratica a livello internazionale, trovando riscontri positivi in molti paesi che adesso cominciano regolarmente a doppiare: in Sud America, nell’Europa dell’est. Vogliamo tutelare il nostro lavoro. Se non lo difenderemo, perderemo una reale eccellenza di questo Paese.

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