In Kazakistan la rivolta è stata repressa anche con armi italiane

L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa e la Rete Italiana Pace e Disarmo hanno chiesto che venga i sospesa ogni fornitura di armi al governo e sia sospeso ogni accordo militare con il Kazakistan.

In Kazakistan la rivolta è stata repressa anche con armi italiane
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10 Gennaio 2022 - 18.16


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Sparate a vista. E’ l’ordine impartito a polizia ed esercito dal presidente del Kazakistan. E le armi utilizzate per reprimere la “rivolta del gas” sono anche made in Italy.

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Stop alla vendita di armi.

“In considerazione della violenta repressione da parte delle forze di polizia e militari kazake nei confronti della popolazione e dei manifestanti l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (Opal) e la Rete Italiana Pace e Disarmo – recita un comunicato congiunto – chiedono che venga immediatamente sospesa ogni fornitura di armi al governo e sia sospeso ogni accordo militare con lo Stato del Kazakistan. La legge 185/90 che regolamenta la materia vieta espressamente l’esportazione di armi e materiali militari a Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

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   L’Italia ha in vigore dal giugno del 2012 un Accordo di cooperazione militare col Kazakistan e risultano essere in corso esportazioni di armi e sistemi militari italiani. Secondo dati ufficiali delle Relazioni governative al Parlamento esaminati da Opal negli ultimi dieci anni l’Italia ha autorizzato esportazioni di armi e materiali militari al Kazakistan per oltre 1,7 milioni di euro. Si tratta principalmente di “armi e armi automatiche” e “munizioni”. Nel solo 2020 (ultimo anno per cui è possibile reperire i dati) il Kazakistan ha acquistato munizioni Fiocchi (32.000 cartucce calibro 5.56 e 4.015 cartucce cal. 12 per canna liscia) e armi per uso militare dalla Beretta (28 pistole mitragliatrici PMX calibro 9×19 con numerose parti di ricambio e caricatori supplementari). Secondo le statistiche del commercio internazionale, nel 2020 l’Italia ha effettivamente esportato in Kazakistan oltre 465.000 dollari di armi e munizioni, tra le quali è possibile che ci siano munizioni ad uso delle forze di polizia.  


Negli scorsi giorni la stampa nazionale ed estera ha dato conto della dura repressione messa in atto dal governo del Kazakistan per fermare le proteste popolari contro l’aumento del prezzo del gas. Il 7 gennaio 2022 in un discorso alla tv il presidente Tokayev ha chiesto alle forze di sicurezza di sparare senza preavviso in caso di ulteriori disordini, dopo le proteste e le violenze dei giorni precedenti. Lo stesso presidente, che il 5 gennaio aveva dichiarato lo stato di emergenza in alcune aree del Paese, ha parlato di “centinaia” di morti. Fonti di polizia ammettono migliaia di arresti e almeno decine morti. Nel paese la repressione ha riguardato anche i giornalisti, mentre le autorità stanno limitando l’accesso a Internet.


Sulla situazione in Kazakistan è intervenuta anche l’AltoCommissario delle Nazioni Unite ai diritti umani, Michelle Bachelet, che ha esortato le forze di sicurezza e i manifestanti ad astenersi dalla violenza e a cercare una soluzione pacifica. 

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L’Osservatorio Opal è già intervenuto in passato sulle forniture militari italiane al Kazakistan, in particolare segnalando l’incontro tra l’amministratore delegato della Beretta e l’allora presidente kazako Nazarbayev durante la fiera di materiale militare Kadex tenutasi ad Astana nel marzo 2012, a cui seguirono importanti ordinativi di materiale militare che è poi andato in dotazione anche alle forze speciali del Kazakistan. Le relazioni commerciali tra Italia e Kazakistan si sono poi intensificate, anche dopo il “rapimento” della signora Shalabayeva e della figlia, episodio per il quale sono stati condannati in primo grado per sequestro di persona sei funzionari e agenti della Polizia di stato, anche nell’ambito militare a seguito del già citato accordo di cooperazione sottoscritto nel 2012. La Rete Italiana Pace e Disarmo ha sottolineato in vari casi come tali accordi, spesso con scopi delineati in maniera generica che consentono una maggiore agibilità all’industria delle armi, possano costituire uno strumento che favorisce l’export di natura militare indebolendo sia il controllo sugli accordi di vendita sia il quadro di riferimento dei criteri di esclusione previsti dalla Legge. Per tali motivi, ed in particolare nelle situazioni problematiche come quella di questi giorni in Kazakistan, sarebbe necessario rivederne termini e meccanismi, oltre che la portata di applicazione nel contesto di controllo del commercio internazionale di armamenti previsto anche dal Trattato Att”.

“Nel 2012 – rimarca Giorgio Beretta, tra i più documentati analisti in materia – è stata autorizzata la fornitura alle forze armate kazake di 40 fucili d’assalto cali.7,62x39mm NATO modello Arx 160, insieme a 40 lanciagranate cal.40mmm modello Glx-160 comprensive di 1000 granate dello stesso tipo, e inoltre 3  pistole semiautomatiche PX4 Storm corredate da 6 dispositivi di soppressione del rumore da spara. Si tratta di armi e munizioni prodotte dalla azienda bresciana Beretta.  Ma la maggiore fornitura di armi da guerra e munizioni – aggiunge l’analista di Opal – è stata nel 2014 dal governo Renzi: si tratta di armi automatiche per 959.351 euro”.

“Colpo di Stato”.

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“L’attacco al Kazakistan è stato essenzialmente un atto di aggressione ed è stato necessario reagire senza indugio”. A sentenziarlo è il presidente russo Vladimir Putin parlando a una sessione straordinaria del Consiglio di sicurezza collettiva della Csto. Perlo zar del Cremlino, in  Kazakistan “sono stati utilizzati gruppi di militanti ben organizzati e ben controllati, compresi quelli addestrati nei campi all’estero.”  “Non permetteremo che la situazione venga scossa e non permetteremo lo scenario delle cosiddette rivoluzioni colorate”, ha detto, sottolineando che la questione “riguarda tutti noi” della Csto.

Putin ha affermato che le forze della Csto rimarranno in Kazakistan per tutto il tempo necessario e, dopo aver svolto le loro funzioni, a suo dire, il contingente sarà ritirato dal Paese. “Un contingente di forze collettive di mantenimento della pace della Csto è stato inviato in Kazakistan e, voglio sottolinearlo, per un periodo di tempo limitato, finché  il presidente del Kazakistan, il capo di stato lo riterrà possibile”. Putin ha anche sottolineato che dopo aver adempiuto alle sue funzioni, “ovviamente, l’intero contingente sarà ritirato dal territorio del Kazakistan”. 

Nel frattempo, il contingente di mantenimento della pace della Csto, che è stato dispiegato in diverse regioni del Kazakistan su richiesta del governo, sta sorvegliando le infrastrutture critiche del Paese.

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 Le sommosse scoppiate ai primi di gennaio in Kazakistan sono state un “tentativo di golpe” e di “sovvertire l’ordine costituzionale”. A Putin fa eco il presidente kazako, Kassym-Jomart Tokayev, nel suo intervento al vertice in videoconferenza della Csto, a guida russa, dedicato alla crisi nell’ex repubblica sovietica. Nel Paese sono entrati in azione “gruppi di militanti armati che aspettavano nell’ombra. L’obiettivo principale è diventato evidente: sovvertire l’ordine costituzionale, distruggere le istituzioni governative, prendere il potere. Stiamo parlando di un tentativo di colpo di Stato”, ha detto Tokayev, secondo quanto riporta l’agenzia Sputnik. 

Il presidente ha aggiunto che “militanti stranieri” hanno partecipato all'”aggressione” contro il Kazakistan e ha assicurato che fornirà le prove alla comunità internazionale. Secondo il presidente kazako, forze “terroristiche” organizzate, inclusi “islamisti” ma anche “criminali e teppisti”, hanno approfittato del movimento di protesta sull’aumento del prezzo del carburante per tentare di rovesciare il potere. “Ma noi siamo riusciti a riprendere il controllo della situazione”, ha detto. Tokayev ha comunque aggiunto che le forze di sicurezza “non sparerebbero mai” su manifestanti pacifici e ha assicurato che la missione militare guidata da Mosca in Kazakistan dovrebbe finire “presto”. 

Bilancio di sangue

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Sono almeno 164lepersone mortenei disordini che hanno scosso il Kazakistan,  103delle quali solo nella ex capitale Almaty. Tre fra gli uccisi nelle proteste erano bambini, fra cui una di 4 anni. Più di 2200persone sono rimaste ferite e quasi8000sono state arrestate durante gli scontri. Lo riportano diversi media citando il ministero della Salute kazako. Secondo quanto riporta la Bcc, dopo cinque giorni di blackout è stato ripristinato Internet ad Almaty, principale città del Kazakistan. Infatti, nei giorni scorsi, secondo quanto denunciato dal gruppo di monitoraggio web NetBlocks su Twitter, il governo aveva scelto di ricorrere al blackout di Internet per oscurare tutto ciò che sta accadendo nel Paese.

Si tratta di un bilancio che non può essere verificato in modo indipendente. Le autorità avevano finora denunciato la morte di 26 manifestanti e 16 membri delle forze di sicurezza e più di 2.000 persone ferite. Intanto si è saputo anche che sono 5.135 persone sono state arrestate dall’inizio dei disordini, dichiara il ministro dell’Interno kazako, Erlan Tourgoumbaiev, citato dai media locali. Gli arresti, aggiunge, sono avvenuti in relazione a 125 inchieste differenti. Sempre secondo il ministro kazako, i danni economici causati dalle rivolte e dalle violenze ammonta a circa 175 milioni di euro, con oltre 100 filiali di banche saccheggiate e 400 veicoli distrutti. 
Su Almaty e sulle altre città kazake sembra essere tornata una calma tesa: “Oggi la situazione è stabilizzata in tutte le regioni del Paese”, ha dichiarato Tourgoumbaiev, aggiungendo che però “l’operazione antiterrorismo continua per ristabilire l’ordine nel Paese”. 


 Un corrispondente dell’Afp ha constatato che si odono di tanto in tanto colpi d’arma da fuoco sparati in aria da agenti e militari per impedire alla gente di affluire alla piazza centrale dell’ex capitale Almaty. 
 Una trentina di supermercati ha intanto riaperto i battenti, fanno sapere i media locali, consentendo alla popolazione di fare acquisti dopo giorni di tensione.

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 Ma il bilancio ufficiale delle vittime è contraddetto da fonti indipendenti nella capitale kazaka, che hanno parlato di carneficina e di oltre 500 morti, passati alle armi dai soldati che nelle strade di Almaty, Astana, Aktobe e Taldykorgan hanno sparato ad altezza d’uomo. E hanno ucciso e ferito anche con armi italiane. 

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