di Barbara G. Bello*
Il Global Connectivity Report redatto dall’International Telecommunication Union nel 2022 attesta che, in tutte le aree del mondo, la popolazione giovanile tra i 15 e i 24 anni è il segmento più attivo su Internet rispetto ad altre fasce di età.
Essere “nativi o native digitali” tuttavia non significa automaticamente conoscere le insidie della rete, tra cui le pervasive forme d’odio, né disporre di un’adeguata educazione digitale, in termini di skills e conoscenza dei diritti.
La rete può esacerbare forme d’odio che avvengono offline e di fronte alle quali bambini, bambine e giovani possono trovarsi impreparati. Le caratteristiche comunemente attribuite alla rete, infatti, acuiscono la virulenza dei contenuti odiosi.
Secondo il Rapporto “Countering Online Hate Speech” dell’Unesco nel 2015 l’odio online si connota per la permanenza dei contenuti, il ritorno imprevedibile degli stessi, l’anonimato o la percezione di anonimato; la transnazionalità.
L’odio online è stato opportunamente definito un odio “esposto”, perché circola anche a seconda dei trending topics e del sentiment prevalenti nella rete in un determinato momento.
Considerato l’alto grado di interazione possibile nella rete da parte di minori e giovani, questi si trovano a orientarsi tra diritto alla libertà di espressione e rispetto della dignità delle persone. La regolamentazione della rete presta una particolare attenzione alla protezione di questo gruppo di utenti: da ultimo va ricordato il Regolamento 2022 dell’Unione europea, conosciuto come Digital Service Act, che appronta tutele specifiche per i minori e pone vincoli alle piattaforme in tal senso.
Al contempo la rete dimostra di essere un luogo in cui si concretizzano significative forme di attivismo di minori e giovani proprio contro il discorso d’odio.
Per i minori, si tratta di iniziative spesso facilitate all’interno di progetti coordinati da organizzazioni non governative.
Un esempio innovativo è costituito da #hatetrackers, un progetto promosso da CIFA (ONG nata a Torino nel 1980 che da oltre 40 anni lavora a fianco di bambini e ragazzi di tutto il mondo, per promuovere l’inclusione sociale, il diritto all’istruzione e una società sempre più equa e sostenibile), che si prefigge di “Educare alle fake news e contrastare l’hate speech online con metodologie di tracciamento”.
L’iniziativa coinvolge circa 200 classi della scuola secondaria. La finalità è di educare le nuove generazioni alla comprensione e neutralizzazione del discorso d’odio, con la partecipazione attiva dei ragazzi e delle ragazze nel comprendere, tracciare e contrastare i discorsi d’odio. Non solo, il progetto intende veicolare l’importante messaggio a bambini, bambine e giovani bersagli d’odio che non sono soli ma possono contare su una comunità di supporto, nella quale, se lo desiderano, possono narrare la propria esperienza.
Il Vademecum Miniguida per #HateTrackers è messo a disposizione sul sito del progetto (https://www.hate-trackers.com/) e rappresenta uno strumento utile da utilizzare per accrescere l’attivismo digitale di un numero sempre più ampio di minori.
Un altro buon esempio di attivismo rivolto a giovani è la Campagna giovanile No Hate Speech Movement, lanciata dal Dipartimento della Gioventù del Consiglio d’Europa nel 2013, finalizzata a mobilitare i giovani per combattere l’istigazione online all’odio e promuovere i diritti umani.
Da allora, seguendo le linee guida internazionali, quarantacinque Paesi europei, tra cui l’Italia (http://www.nohatespeech.it/menu-azioni/la-campagna), hanno avviato campagne nazionali fondate sull’attivismo giovanile.
La maggior parte delle campagne mira a sensibilizzare circa le conseguenze del discorso d’odio per i diritti umani, a realizzare attività formative, a diffondere materiale accessibile online per contrastare l’odio e segnalarlo alle piattaforme e a organi preposti a livello nazionale, a sollecitare i decisori politici a rispondere efficacemente all’incitamento all’odio.
La campagna ha suscitato nel tempo una notevole adesione giovanile in Europa e appare, dunque, come uno “spazio” proficuo di dialogo.
In generale, sono maggiormente coinvolti giovani appartenenti a organizzazioni non governative, alla “società civile”, la quale dimostra di essere il cuore pulsante del cambiamento sociale.
*Univ. della Tuscia; Officina informatica – CRID, Unimore).
Ha curato, con Laura Scudieri, L’odio on line: forme, prevenzione e contrasto (Giappichelli, 2023 – collana “Diritto e vulnerabilità – Studi e ricerche del CRID”: https://www.giappichelli.it/l-odio-online-forme-prevenzione-e-contrasto-9788892123366 ) è autrice del volume (In)giustizie digitali. Un itinerario su tecnologie e diritti (Pacini, 2023: https://www.pacinieditore.it/prodotto/ingiustizie-digitali/ ).