Diffamazione contro Borsellino, condannato Ayala

Salvatore Borsellino aveva chiesto conto all'ex pm sulle versioni contrastanti su borsa e agenda rossa. Anziché rispondere, gli diede del pazzo. [G. Bongiovanni]

Diffamazione contro Borsellino, condannato Ayala
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19 Ottobre 2013 - 10.46


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di Giorgio Bongiovanni.

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Il Tribunale di Milano ha condannato Giuseppe Ayala per diffamazione nei confronti di Salvatore Borsellino.
Una vicenda che ha avuto origine alla fine del 2010 quando definì il
fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992, un
“malato mentale”, un “caso umano”, paragonandolo a “Caino”, l’assassino
di Abele. Parole aberranti dette da chi indegnamente si fa chiamare,
come si definisce nei suoi spettacoli, come “l’amico di Giovanni e
Paolo”. Salvatore Borsellino aveva posto all’ex pm delle semplici
domande sulle sue versioni contrastanti che ha fornito sul ritrovamento
della borsa del giudice Borsellino al cui interno vi era l’agenda rossa,
sparita nel giorno dell’attentato.

E il pm del Maxi-processo, anziché
rispondere, aveva preferito dargli del pazzo.

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Per questo motivo
Ayala è stato condannato al pagamento di 2000 euro di multa più le spese
processuali e al risarcimento di 15 mila euro nei confronti della
famiglia Borsellino. Fatta giustizia su questo caso ora speriamo che
qualche Procura proceda a indagare l’ex magistrato alla luce delle
dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, che in
un’intervista ha raccontato inquietanti
episodi.

“Enzo
Sutera, mafioso di Partanna Mondello mi disse che un suo amico portava
la droga al giudice Giuseppe Ayala – ha detto Mutolo – mandammo a dire a
Riina che noi avevamo la strada per arrivare ai giudici, loro cercavano
soldi e per ricambiare magari potevano aggiustare qualche processo”. E
poi aggiunse: “Tempo dopo i giudici che mi interrogarono mi raccontarono
che Ayala aveva scambiato “u’ tignusu” (Giacomo Giuseppe Gambino) per
un altro Gambino della Guadagna che era comunque a processo. Ma io dico,
come è possibile scambiare un capo mandamento con qualcun altro di
minor conto?”.

Ma di Ayala aveva già parlato in un verbale un altro
collaboratore di giustizia, Giovanni Brusca: “Nell’86/87 – rivelò Brusca
– mio padre mi rappresentò che l’organizzazione aveva consegnato
500.000.000 di lire a due magistrati, precisamente al dr. Signorino e al
dr. Ayala, affinché si attivassero per aggiustare i processi di mafia
che erano in corso. Dell’affare si interessò Giuseppe Giacomo Gambino
che aveva contatti con i salotti bene di Palermo. All’interno di Cosa
Nostra girava voce che il giudice Ayala fosse vicino ad ambienti
mafiosi”. L’inchiesta, iscritta a modello 45 ovvero nel registro delle
notizie non costituenti notizia di reato, sarebbe stata archiviata nel
2008. Ma è giunto il tempo di fare chiarezza.

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