Mentre i ministri dell’Unione Europea faticano a trovare un accordo sulle quote di distribuzione dei profughi, tante associazioni di volontariato in tutto il continente si stanno mobilitando per dare un tetto ai rifugiati. E in questa gara di solidarietà può succedere che l’entusiasmo associativo si mescoli allo spirito delle startup, dando vita a progetti innovativi come quello di Calm (acronimo di comme à la maison, come a casa), l’Airbnb per migranti. Lanciato a giugno scorso dall’associazione parigina Singa, Calm è una piattaforma web che mette in contatto i rifugiati con le famiglie che hanno deciso di offrir loro la propria ospitalità.
Per registrarsi a Calm basta connettersi al sito [url”singa.fr”]http://singa.fr/[/url] e compilare un formulario: dati personali, numero di persone che si è disposti a ospitare, durata dell’accoglienza, lingue parlate, presenza di animali in casa, interessi, disponibilità a insegnare un mestiere all’ospite, eccetera. Il migrante farà la stessa cosa e dirà se è solo o accompagnato, l’età e il numero dei componenti del suo nucleo familiare, la sua professione, la data a partire dalla quale avrebbe bisogno di essere ospitato e tutto il resto, dalle allergie ai regimi alimentari particolari. L’intento degli ideatori della piattaforma è quello di trovare il maggior numero possibile di affinità tra la famiglia ospitante e l’ospite in modo da rendere la convivenza più agevole e funzionale.
Nei primi dieci giorni di settembre Calm ha raccolto l’adesione di migliaia di persone pronte a ospitare un rifugiato in casa propria. Alice Barbe, una delle fondatrici di Singa racconta che le iscrizioni arrivano da tutta la Francia e anche dall’estero: «Tra gli iscritti abbiamo gente di tutti i tipi: agricoltori, banchieri, gente che vive in campagna e in città. Abbiamo notato un risveglio della società civile sulla questione dei profughi». Trovare una casa in cui abitare con gente del Paese ospitante è importantissimo per evitare ghettizzazioni. «I rifugiati statutari – spiega Alice Barbe – hanno dei diritti, tra cui quello di lavorare, ma non conoscendo nessun francese non hanno la possibilità di creare una rete di contatti e di accedere al mondo del lavoro. Entrare in una famiglia francese, anche per un periodo breve, gli permette di comprendere meglio la società nella quale si trovano e tirar fuori i loro talenti. I profughi possono creare impiego, oltre che ricchezza interculturale».
Singa (che significa “prestare” in baramba, una delle lingue del Mali) si occupa di integrazione dal 2013 e i suoi volontari sono diventati esperti nell’utilizzare la Rete per rispondere alle esigenze dei rifugiati. Nel 2014 gli ideatori dell'”Airbnb per migranti” hanno condotto in quindici paesi uno studio su “l’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte dei rifugiati”. «L’obiettivo era quello di identificare le potenzialità ma anche i pericoli che derivano dall’utilizzazione delle nuove tecnologie», spiega Nathanel Molle, cofondatore di Singa. «A partire da quello studio, la nostra associazione, in collaborazione con sviluppatori, designer e imprenditori sociali, è impegnata a sviluppare collettivamente delle risposte innovatrici alle grandi sfide sociali legate all’asilo». Qualche volta social può significare sociale.