L'unica vera emergenza sono gli uomini che odiano le donne: 11 denunce al giorno per stupro

La violenza sessuale, come tutte le altre forme di violenza sulle donne non può essere sconfitta se non attraverso un importante investimento sulla cultura.

Una scena della Ciociara, il film di Vittorio De Sica che affrontò in modo coraggioso il tema degli stupri di guerra
Una scena della Ciociara, il film di Vittorio De Sica che affrontò in modo coraggioso il tema degli stupri di guerra
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

3 Settembre 2018 - 13.10


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Lo stupro più del femminicidio è la violenza più “giustificata” e “sottovalutata” dagli uomini e anche da granparte del genere femminile. La peggio raccontata dai media. E invece è stato riconosciuto anche dal tribunale dell’Aja come arma di guerra al pari della tortura.

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Vi sarà capitato spesso di sentire la solita frase pronunciata da una fetta consistente e trasversale della società e cioè che la vittima “se la sia cercata”. 
O ancora avrete notato che la vittima di uno straniero è “più vittima” di una vittima di un aggressore italiano o ancora se l’uomo in questione fa parte delle forze dell’ordine la vittima si trasforma in “troia da punire”. Vi sarà capitato di sentire, leggere, vedere che la vittima di stupro è una figura controversa, quasi sempre corresponsabile dell’accaduto, per come si è vestita o per quello che ha detto o non detto, fatto o non fatto.

Ci sono sentenze che hanno assolto stupratori perché la vittima non aveva urlato abbastanza durante la violenza. Ma soprattutto (e questo per me è l’aspetto più grave) lo stupro da alcuni uomini non è praticato per paura della sanzione non perché percepito come una pratica disgustosa. Basta farsi un giro in rete e notare che ci sono centinaia di filmati porno che rappresentano stupri come se questi fossero dunque capaci di eccitare la platea maschile. 

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La violenza sessuale, come tutte le altre forme di violenza sulle donne non può essere sconfitta se non attraverso un importante investimento sulla cultura. La lotta a questa forma incivile di sopraffazione di un genere da parte dell’altro genere deve partire dall’educazione in famiglia e a scuola. Lo Stato però può essere concretamente presente solo a Scuola ed è lì che deve intervenire. Il rispetto della donna non può essere più ignorato da nessuna parte della società.

Altre realtà come la Chiesa e il mondo dello Sport e della cultura devono fare altrettanto. Ci si deve muovere tutti insieme contro una piaga che non solo distrugge la vita delle donne ma che umilia anche la fascia di popolazione maschile che rispetta il genere femminile in toto (non solo sorelle, moglie e madri). Le rivoluzioni si fanno insieme soprattutto quando a cambiare deve essere la mentalità.

Il prefetto Franco Gabrielli, capo della polizia, non ha dubbi. Bisogna imporre “una politica di prevenzione che passa dalla protezione delle donne già al primo episodio di maltrattamento in famiglia e si sviluppa con un’azione affidata a gruppi investigativi specializzati”. 

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Perché dal 2017 c’è stata un’impennata delle denunce. Si tratta di 2.311 episodi denunciati con una media di 11 violenze al giorno. Esaminando i dati scopriamo che il numero di stupratori è maggiore dei casi di stupro, significa che stanno aumentando i casi di violenza di gruppo. Ancora, molte di queste violenze sono commesse tra le mura domestiche, sia tra gli italiani, sia nelle comunità straniere. Uno degli strumenti ritenuti fondamentali nella prevenzione è il «protocollo Eva» (Esame Violenze Agite) che spiega Vittorio Rizzi, investigatore di altissimo livello, che guida la Dac, Direzione anticrimine della polizia: “nei casi di liti in famiglia consente di inserire nella banca dati delle forze di polizia (Sdi) le informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. 
I poliziotti che arrivano sul posto sono dunque preparati al tipo di intervento da compiere, sanno se in passato qualcun altro ha dovuto compiere un intervento analogo, se qualcuno detiene armi o ha precedenti, se ci sono bambini coinvolti. E questo è fondamentale per far sentire al sicuro chi è gia stata coinvolta in atti violenti, per rassicurarla e convincerla a denunciare, comunque a chiedere aiuto”. E’ anche evidente che la modalità di adescamento delle vittime passa sempre più spesso dal web. L’esempio più eclatante è svelato dalle indagini che hanno portato in carcere l’imprenditore di Parma Federico Pesci, che con un amico pusher nigeriano ha sequestrato e stuprato per ore una ragazza di 21 anni conosciuta in chat. 

Ma quest’anno le violenze sono diminuite o aumentate? Come spiega bene Fiorenza Sarzanini sul Corriere.it, da gennaio alla fine di luglio sono state 1.646 le italiane che hanno presentato denuncia e 595 le straniere, oltre a settanta di nazionalità ignota, per un totale di 2.311 donne. Tra i violentatori sono stati identificati 1.628 italiani e 1.155 stranieri con un’incidenza percentuale di questi ultimi sulla popolazione che certamente appare molto alta. Tra loro ci sono 176 romeni, 154 marocchini, 67 nigeriani, 58 albanesi e 56 tunisini oltre a 143 uomini di cui non è stato possibile accertare la nazionalità. E fa paura il numero di ragazzine sotto i quattordici anni che hanno subito violenza negli ultimi sei mesi: ben 173, tra loro 147 italiane. Una realtà ben delineata nel dossier preparato dalla Dac nel marzo scorso e relativo all’attività svolta fino al dicembre 2017. La relazione analizza proprio l’identità di vittime e carnefici, mettendo in evidenza gli aspetti sui quali bisogna intervenire in maniera ancora più efficace sia per la prevenzione, sia per la repressione. 

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