Svolta negli Usa dopo 120 anni: il linciaggio sarà reato d'odio

Sino ad ora il 99% degli episodi, quasi sempre legati al suprematismo bianco, non è mai stato punito. E in Senato si sta discutendo di un provvedimento simile.

I suprematisti bianchi
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27 Febbraio 2020 - 16.26


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Dopo più di un secolo nel quale il linciaggio è stato sempre contemplato come forma di violenza di matrice suprematista in un qualche modo anche autorizzata dagli ordinamenti vigenti, gli Stati Uniti d’America approvano un provvedimento che equipara il fatto ad un reato d’odio punendolo dunque come tale. 

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La Camera statunitense ha infatti approvato a votazione quasi plebiscitaria (410-4) L’Emmett Till Antilynching Act. La proposta porta la firma del deputato Bobby Rush, che parlando del provvedimento ha detto che questo “manderà il forte messaggio che la violenza, la violenza basata sulla razza in particolare, non ha posto nella società americana”. 

Finora, il Parlamento statunitense aveva tentato di approvare un provvedimento contro il linciaggio circa 200 volte, fallendo sempre; il primo tentativo risale al 1900. Almeno 4.742 persone, in gran parte afroamericane, sono state linciate negli Stati Uniti tra il 1882 e il 1968, con episodi in tutti gli Stati, tranne quattro, secondo quanto scritto nella proposta di legge. Nel 99%, gli autori non sono stati puniti.

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Una versione diversa del provvedimento, il Justice for Victims of Lynching Act, è stata approvata dal Senato lo scorso anno, introdotta dai tre senatori afroamericani: i democratici Cory Booker e Kamala Harris e il repubblicano Tim Scott. Parlando in Aula, il deputato Rush ha detto di essere “contento che quello che stiamo votando sia già stato approvato dal Senato e sono particolarmente speranzoso che non affronterà ulteriori ostacoli nel suo percorso verso la scrivania del presidente”.

Tra i due provvedimenti vi sono differenze minime e per questo, i deputati democratici sono ottimisti che il Senato approverà la loro versione e la manderà sulla scrivania di Trump.

La proposta di legge porta il nome dell’afroamericano Emmett Till, brutalmente aggredito e linciato in un piccolo paese del Mississippi nel 1955, dopo essere stato accusato di aver ‘fischiato’ a una donna bianca in un negozio di alimentari; aveva 14 anni. Due uomini furono incriminati per il suo omicidio, ma furono assolti da una giuria composta soltanto da uomini bianchi; gli accusati, in seguito, confessarono di aver ucciso il ragazzo. L’accusatrice di Till, Carolyn Bryant Donham, ammise nel 2017 che il ragazzo non aveva fatto delle avance sessuali nei suoi confronti, al contrario di quanto affermato nella sua testimonianza.

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