Il degrado morale ed etico chiamato Berlusconi

Venti anni orsono il Cavaliere scendeva in campo fondando Forza Italia: da allora il paese è più povero. Nelle tasche e nell'animo. [Gianni Cipriani]

Il degrado morale ed etico chiamato Berlusconi
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Gianni Cipriani Modifica articolo

26 Gennaio 2014 - 19.01


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di Gianni Cipriani

Venti anni orsono la discesa in campo di Berlusconi, l’imprenditore piduista, miracolato dalla vecchia politica dell’epoca, travolta da Tangentopoli, fondatore di Forza Italia per salvare il paese dai comunisti e soprattutto le sue aziende indebitate dal disastro.

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Scendere in campo, Forza Italia, azzurri: la grande innovazione del Cavaliere – per cui tutti si spellavano e si spellano le mani – fu quella di rinominare la politica con le categorie del calcio, trasformare gli ideali in marketing, i ragionamenti in slogan, il consenso con le televendite, disinvoltamente passando dalle pentole alle urne elettorali.

Berlusconi passò all’incasso dopo aver contribuito per anni a degradare l’humus del paese con le sue televisioni, false e sculettanti, che divennero costume in grado di sdoganare il profumo dei nababbi, di inebriare poveri e sfruttati, incapaci di lottare contro le cause della loro miseria, ma accecati dall’illusorio sogno di poter un giorno, quasi magicamente, avere un posto alla tavola dei Paperoni.

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In questi venti anni di sfascio, di degrado della vita pubblica, di nuove miserie e nuove tangenti, Berlusconi si è potuto avvalere delle reti televisive, dei giornali, di una formidabile macchina della propaganda, del faccendierismo furfante di molti, ma soprattutto dei resti di una sinistra che ha abidicato a se stessa, estirpando le proprie radici, cancellato la sua storia e stemperato i suoi ideali per presentarsi come classe dirigente nuova e affidabile agli occhi di quegli stessi poteri che avevano condizionato la politica internazionale e italiana dal dopoguerra in poi. Una sinistra falsamente responsabile, ignava al pari di coloro che potevano fermare la marcia su Roma dei fascisti e non lo fecero, mentre loro avrebbero potuto in più occasioni fermare il Cavaliere e se ne sono ben guardati, come ha mirabilmente ammesso lo stesso Luciano Violante in un tristemente famoso intervento in Parlamento.

Venti’anni di Previti, Dell’Utri, false fatturazioni, Emilio Fede, Lele Mora, Minzolini, Scilipoti, prostitute, ruffiani, escort, conflitti di interessi, cucù alla Merket, lettoni di Putin, figuracce internazionali, amici dittatori, amanti portate in parlamento, nei consigli regionali, nel partito, al festival di Sanremo, di Verdini, di Lavitola, Tarantini e De Gregorio, di Apicella e barzellette, di economia allo sfascio, di lotta alla magistratura, di occupazione delle istituzioni, di sfascio della scuola, di cerone e capelli tinti, di Bondi alla Cultura, di Scajola a piede libero, dell’Aquila ancora in macerie, di denigrazione della Resistenza e riabilitazione del fascismo.

Vent’anni dopo, in attesa di altre condanne, il nuovo berlusconismo tutto marketing e immagine che ha sfondato nelle lande desolate di quella che fu la sinistra, trasforma nel consenso di molti e dissenso di pochi, il pregiudicato nel nuovo padre costituente e gli ridà agibilità politica mentre è già nel sarcofago.

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1994-2014. Un abbraccio a tutti gli italiani che si sono opposti. Non abbiamo vinto, ma non siamo mai stati come loro.

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