Calderoli, il diffamatore razzista e islamofobo premiato con un posto nel governo Meloni

 Devolution, Porcellum, la t-shirt con Maometto mostrata in tv e gli insulti a Cecile Kyenge. Roberto Calderoli è il simbolo della cifra etica e morale della destra reazionaria

Calderoli, il diffamatore razzista e islamofobo premiato con un posto nel governo Meloni
Roberto Calderoli
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22 Ottobre 2022 - 10.36


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Un diffamatore razzista e islamofobo, un personaggio in linea con la cifra politica, etica e morale della destra identitaria e sovranista che ‘giustamente’ viene premiato diventando ministro.

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 Devolution, Porcellum, la t-shirt con Maometto mostrata in tv e gli insulti a Cecile Kyenge. Nella sua lunga carriera politica, Roberto Calderoli viene spesso ricordato per leggi non andate proprio a buon fine, polemiche e frasi choc. Profondo conoscitore del regolamento del Senato, nella quotidianità politica, il leghista si distingue in realtà per l’abilità nell’escogitare `tranelli´ d’Aula e astuzie tecniche. Il suo sogno di sedersi sullo scranno più alto di Palazzo Madama si è infranto davanti alle medesime e confliggenti ambizioni di Ignazio La Russa, per l’elezione del quale ha ritirato la sua candidatura nei giorni scorsi.

Per Calderoli la Lega ha chiesto il ministero per gli Affari regionali. Obiettivo: seguire la legge quadro sull’autonomia differenziata sulla quale hanno lavorato i governatori Luca Zaia e Attilio Fontana con la ministra Mariastella Gelmini. Ora bisogna vedere se il leghista seguirà la linea tracciata dalla ministra uscita da FI. Classe 1956, bergamasco, laureato in medicina e specializzato in chirurgia maxillo-facciale, Calderoli inizia a occuparsi di politica nella seconda metà degli anni Ottanta con la Lega Lombarda, di cui è segretario nazionale (1995-2002); dal 2002 è stato coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord. Deputato dal 1992 al 2000 (XI, XII e XIII legislatura), nel 2001 (XIV legislatura) è eletto al Senato di cui diventa vicepresidente. Dal 2004 al 2006 è ministro per le Riforme istituzionali ed è tra gli artefici di una riforma costituzionale di ampio respiro finalizzata ad attribuire maggiori poteri alle Regioni, a superare il bicameralismo perfetto e a ridurre il numero dei parlamentari. Tale riforma – nota come `devolution´ – è bocciata con referendum costituzionale nel 2006. 

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 Calderoli è anche uno dei firmatari del disegno di legge di riforma elettorale, poi approvato il 21 dicembre 2005, negli ultimi mesi della XIV legislatura, in un clima politico rovente. Tale legge è stata successivamente definita «una porcata» dallo stesso Calderoli, durante un programma televisivo. L’affermazione di Calderoli ha fornito uno spunto polemico al politologo Giovanni Sartori, che definì il meccanismo elettorale con l’appellativo di `Porcellum´. Il 5 dicembre 2013, i Giudici Costituzionali bocciano la legge nei due punti sottoposti al vaglio di costituzionalità. Nel 2006 (XV legislatura) Calderoli è nuovamente eletto al Senato e nominato vicepresidente. Durante il periodo del governo di Romano Prodi, presenta a Palazzo Madama mozioni che vengono votate anche da alcuni membri della maggioranza. Gli episodi contribuiscono a rendere il clima più rovente e ad evidenziare la scarsa tenuta della coalizione di maggioranza in Senato. Rieletto al Senato ancora nel 2008 (XVI legislatura), a maggio dello stesso anno è nominato ministro per la Semplificazione normativa (IV governo Berlusconi), carica che ricopre fino al novembre 2011. A febbraio 2009 Calderoli annuncia di aver soppresso 29mila leggi considerate inutili, il cui mantenimento costava 2mila euro all’anno. A marzo 2010 dà simbolicamente fuoco a 375000 leggi abrogate in 22 mesi di legislatura, raccolte in circa 150 scatole contenenti i soli titoli.

Sul fronte interno del partito, nell’aprile del 2012 è nominato, insieme a Roberto Maroni e Manuela Dal Lago, membro del triunvirato che fino al successivo congresso della Lega Nord, tenutosi il primo luglio e in cui è eletto segretario Maroni, è incaricato di sostituire la carica di segretario del partito lasciata dal leader Umberto Bossi a causa dell’inchiesta giudiziaria sui rimborsi elettorali irregolari. Nel 2013 (XVII legislatura) e nel 2018 (XVIII legislatura) è rieletto al Senato e rinominato vicepresidente del Senato, e nel 2022 (XIX legislatura) è rieletto al Senato. 

Al 2013 risalgono le dichiarazioni contro Kyenge. A luglio Calderoli afferma: «Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango».

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 L’episodio scatena reazioni di condanna da parte di esponenti di ogni area del mondo politico italiano, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del presidente del Consiglio Enrico Letta, dei presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso. Il 6 novembre 2013 la Procura della Repubblica di Bergamo chiede il giudizio immediato nei confronti di Calderoli, «giustificata l’evidenza della prova». Tuttavia il 6 febbraio 2015, la giunta per le immunità del Senato boccia la relazione del senatore Vito Crimi (M5S) dichiarando l’insindacabilita’ delle sue opinioni in quanto parlamentare nell’ambito delle prerogative tutelate dall’articolo 68, primo comma, della Costituzione. Secondo l’orientamento maggioritario della giunta l’espressione orango con la quale fu apostrofato l’allora Ministro dell’Integrazione del Governo Letta, Ce’cile Kyenge, era solo pensiero politico. 

Contro la sindacabilità delle parole di Calderoli, ovvero a sua difesa, si schiera un’ampia maggioranza, costituita da FI, Lega, Ncd, parte del Pd e 1 membro del M5s; a favore l’M5s e parte del Pd(in tutto 4 sì e 12 no). Il 23 marzo 2018, però, la Corte costituzionale accoglie il ricorso del tribunale di Bergamo e dichiara nulla la deliberazione di insindacabilità del Senato. Il 14 gennaio 2019 è condannato in primo grado di giudizio a 18 mesi, con pena sospesa per diffamazione con l’aggravante dell’odio razziale. 

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