Viaggiare non è governare: Meloni esagera con il suo movimentismo propagandista

Trovo in non piccola misura eccessivo il gran propagandare che accompagna l’ininterrotto movimentismo della nostra Presidente del Consiglio giunta finalmente anche alla Casa Bianca per incontra il Presidente Biden

Viaggiare non è governare: Meloni esagera con il suo movimentismo propagandista
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Nuccio Fava Modifica articolo

29 Luglio 2023 - 10.33


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Ho subito positivamente, per tutti gli anni della mia giovinezza trascorsi sullo ScillaeCariddi, il fascino del viaggiare e del mito di Ulisse. Impossibile quindi pensare ai viaggi come solo divertimento e svago, e non occasione di conoscenza e di incontri significativi. Tuttavia, trovo in non piccola misura eccessivo il gran propagandare che accompagna l’ininterrotto movimentismo della nostra Presidente del Consiglio giunta finalmente anche alla Casa Bianca per incontra il Presidente Biden. Superfluo sottolinearne l’importanza con il rilievo storico dell’irrinunciabilità dell’atlantismo e della importanza dei rapporti tra Europa e USA per garantire la pace e non subire le mire espansionistiche di regimi autoritari come la Russia di Putin.

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Inesorabile e comprensibile, pertanto, il rilievo che la visita ha acquistato sui media specie nei telegiornali. Anche nella forte sottovalutazione dei gravi problemi del paese, specie nel tormento di grandi disastri ecologici, e di mancate o errate risposte da parte di regioni  e soprattutto organismi del potere centrale.

Fortunatamente nelle stesse ore al Quirinale il Presidente Mattarella esprimeva con energia e forte tensione civile l’urgenza di superare ritardi e incompetenze. Un richiamo rivolto sia alla politica che al mondo dell’informazione per non banalizzare la gravità della crisi climatica che colpisce tutti e rappresenta la maggiore sfida che il mondo intere ha dinanzi. Mattarella ha utilizzato una storica espressione di Alcide de Gasperi “tutti alla stanga” per richiamare l’urgenza di uno sforzo solidale, che favorisse l’assunzione di responsabilità da parte di tutti, senza giocare a scarica barile e a rinvii. Del resto, siamo stati costretti per l’approvazione del PNRR a spostare – in modo comunque discutibile e certo necessitato da precedenti errori e inadeguatezze – rilevanti somme dello stesso PNRR ad altri interventi. Come al solito promessi per un indefinito futuro con l’inevitabile e sacrosanta protesta dei comuni. Comprensibile quindi il disagio e la protesta soprattutto da parte dei sindaci e delle opposizioni nell’ulteriore rinnovato silenzio della Presidente Meloni.

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Mentre cresce anche la complessa protesta degli ormai ex titolari del reddito di cittadinanza che hanno ricevuto tramite un sms dell’IMPS comunicazione di non poterlo più percepire. Provvedimento sommario quest’ultimo, deliberato fin troppo propagandisticamente dal Governo di centro destra con la motivazione superficiale di sanare la grave condizione del debito pubblico e ridurre però all’astrico un settore non irrilevante della popolazione. Proprio sul piano delle politiche sociali, del rapporto con i sindacati, del salario minimo – per non dire della legge sulla giustizia e dello scontro con i giudici – difficile intravedere una posizione almeno in parte comprensibile da parte del Governo. Sta qui alla radice la crisi profonda del nostro sistema politico, della sua inadeguatezza complessiva e delle sue gravi responsabilità rispetto alla qualità del processo democratico che non può ridursi ad un gioco contrapposto tra maggioranza e opposizione ma avrebbe bisogno di ampio respiro e di impegnative prospettive per il futuro. Allo stato attuale solo il cardinal Zuppi – reduce dai due importantissimi tentativi, prima a Kiev e poi a Mosca, per favorire il dialogo e l’avvio di un difficilissimo processo di pace – ha ben chiara la profondità e i rischi enormi della crisi in atto. È soprattutto la frattura tra cultura e politica – dice il presidente della CEI in occasione del convegno dello storico Codice di Camaldoli – che causa e comunque accompagna la grande crisi pericolosamente in atto. Pur restando naturalmente distinte, la cultura tuttavia deve animare e ispirare una politica più umana e giusta capace di rispondere alle grandi attese dell’umanità motivando severamente scelte e prospettive adeguate alle enormi sfide che stiamo attraversando. Senza cultura e animazione umana la politica si impoverisce e si riduce a mero gioco di potere, di contrapposizione e lotta con il rischio costante di vittoria del più forte, a scapito dei più fragili e dei più indifesi. Causa disumana della precarietà presente e della incapacità di imboccare permanentemente la via del dialogo e della pace.   

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