Dopo il virus 'clinicamemte morto', Zangrillo torna a esultare: "Il Pronto soccorso è vuoto"

Risponde il professor Massimo Galli: "Il professor Zangrillo fa egregiamente il rianimatore, ma meno l'epidemiologo o il virologo, e ha un altro approccio"

Alberto Zangrillo
Alberto Zangrillo
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30 Aprile 2021 - 14.28


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È tornato Alberto Zangrillo, dopo qualche mese di silenzio. Il primario di anestesia e rianimazione dell’Irccs San Raffaele di Milano, noto per il suo ‘il virus è clinicamente morto’ pronunciato alla fine della prima ondata, scrive oggi su twitter, rivolgendosi ai ‘Signori giornalisti’, che ‘il Pronto soccorso S.Raffaele vuoto, vaccini e cure fanno la differenza”.

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Ciò che è indubbiamente una bella notizia viene messa accanto a un’accusa ai giornalisti, come se fossero loro respknsabili di allarmismo. Un’opinione molto diffusa, specie negli ambienti di destra. 
In risposta, il professor Massimo Galli, responsabile di malattie infettive al Sacco di Milano, ha dichiarato: “Non mi piace contrappormi ai colleghi, sono stanco. Il professor Zangrillo fa egregiamente il rianimatore, ma meno l’epidemiologo o il virologo, e ha un altro approccio. L’impressione è che questo tipo di messaggi non tenga conto di una serie di fenomeni che stiamo vedendo e sono sconcertanti, come ad esempio la crescita delle infezioni in Germania. Dobbiamo essere cauti anche se sta arrivando l’estate”, perché “tantissimi dei non vaccinati sono in una fascia critica”.

La variante indiana

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“Abbiamo pochi dati, dobbiamo stare attenti. Ma non facciamo la ‘caccia all’indiano’, che non sta né in cielo né in terra. Chi è qui in Italia magari non rientra in India da mesi”, dice Galli.

Il professore insiste sulla necessità assoluta di aumentare il ritmo delle vaccinazioni. “Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno ed essere entusiasti e meno negativi, direi che la macchina si è avviata e ha conseguito un risultato importante. Però siamo all’inizio, abbiamo una differenza di 30 milioni di dosi con la Gran Bretagna. Ora con 500mila vaccinazioni ci mettiamo 60 giorni a raggiungere la Gran Bretagna e saranno giorni critici perché la protezione sarà inferiore a quella degli inglesi. Insomma, vacciniamo tanto e presto, senza indecisioni, ma teniamo presente che c’è tutta una fase che ci separa da quella inglese dove hanno riaperto con grande tranquillità”.

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