I pacifisti e il rimosso padre Paolo Dall’Oglio

Arriva il decimo anniversario del sequestro del gesuita Paolo Dall’Oglio. Sparì a Raqqa il 29 luglio 2013 e da allora di lui, espulso dalla Siria un anno prima da Assad, non si è saputo più nulla.

I pacifisti e il rimosso padre Paolo Dall’Oglio
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28 Luglio 2023 - 13.54


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Eccoci qua, arriva il decimo anniversario del sequestro del gesuita Paolo Dall’Oglio. Sparì a Raqqa il 29 luglio 2013 e da allora di lui, espulso dalla Siria un anno prima da Assad, non si è saputo più nulla.

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Sarebbe  importante, soprattutto per loro, se questo decennale del sequestro di padre Dall’Oglio da parte dell’Isis avesse  da parte di qualche pacifista senza se e senza ma, soprattutto quelli cattolici, un cenno di rincrescimento per l’eccessiva asprezza dei toni nel dissenso di allora. Non spero in un riconoscimento di alcune sue ragioni. Ma un cambio di marcia sui toni vuol dire riconoscere la legittimità e nobiltà di un punto di vista diverso dal loro.

Dunque non auspico abiure, è giusto pensarla come si voglia, ma dieci anni dopo riconoscere le qualità e la nobiltà dell’interlocutore, pur nel dissenso, sarebbe stato uno sviluppo di tutto rilievo. Più che per Paolo per loro, e quindi per la qualità del nostro confronto. 

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Ma cosa li distingueva, cosa diceva Paolo su nonviolenza e autodifesa? Paolo, dopo essersi confrontato con i suoi amici di Libera su come praticare la nonviolenza in zone a forte insediamento mafioso (come la sua Siria), si fece interprete di una linea chiara; l’autodifesa è un diritto umano fondamentale, l’azione nonviolenta ne impedirà una trasformazione in una copia della violenza cieca e barbara dell’aggressore. Noi non dobbiamo agire come loro, ripeteva ai siriani, non dobbiamo colpire i civili ma l’esercito nemico che ci violenta, non dobbiamo diventare belve, ma rispettare la dignità dell’altro, ed esigere il processo dei criminali stragisti.

Sapeva che negare le armi ai siriani, chiedendogli di lasciarsi massacrare dal regime, avrebbe finito col servire l’agenda dell’Isis, il nemico perfetto del regime per legittimarsi ai nostri occhi come male minore. Questo, avvertiva nel 2012, rafforzerà la deriva e consentirà al regime di deportare milioni di innocenti, riversandoli in mare o lungo la rotta balcanica.

Non è andata così? Nei recenti naufragi in Calabria e in Grecia quanti erano i siriani? Ma io non speravo che i pacifisti gli dessero ragione dieci anni dopo, no; speravo che riconoscessero la dignità e la nobiltà dell’interlocutore. C’è ancora qualche ora per farlo. Facendolo sarebbe importante che tornasse alla luce che lui già allora capiva che la soluzione era il federalismo!

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Davanti alle provocazioni del regime per mettere in urto irrimediabile le confliggenti comunità etniche o religiose, lui proponeva non di fare altrettanto, no, ma di restare uniti nel federalismo, in modo da garantire a tutti dignità e sicurezza. Leggendolo oggi, in altri conflitti, non dice nulla? 

Il silenzio di questo mondo su Paolo Dall’Oglio anche dieci anni dopo mi ricorda anche il silenzio  di tanti patriarchi siriani, che non lo capirono allora come oggi. Ma i cristiani in Siria ci sono ancora, sono tornati?  O non aveva ragione Paolo dicendo che la Primavera del 2011 era un’occasione senza ritorno e stava soprattutto ai cristiani non farla fallire? 

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