La fratellanza umana per ridare sostanza e vita alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Per ridare sostanza e vita alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani occorre un nuovo slancio, che sappia unire in una visione comune la fratellanza umana, perché i fratelli sono diversi, ma uguali agli occhi dei genitori

La fratellanza umana per ridare sostanza e vita alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Papa Francesco e il grande imam dell’Università Islamica di al-Azhar
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

2 Maggio 2024 - 15.25


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“Il naufragio delle civiltà” è il titolo di un bel libro di Amin Maalouf, il grande scrittore arabo, cristiano, libanese, poi cittadino francese e ora 33esimo segretario perpetuo dell’ L’Académie française. Questo presagio sembra sempre più vicino a diventare realtà. La democrazia liberale mostra la corda in tutto il cosiddetto Occidente e i rapporti tra Nord e Sud del mondo, o tra Oriente e Occidente, sembrano ormai quelli tra rivali che non hanno né regole né linguaggi comuni. La solidarietà scompare dagli orizzonti interni e internazionali, i diritti umani appaiono a molti una minaccia. L’antiquato confronto tra credenti e non credenti non basta a rianimare un secolarismo sclerotizzato. L’unico punto di partenza, o “ripartenza”, appare la scelta di un ordine post-secolare, nel quale ci si possa disporre al reciproco apprendimento. 

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Per ridare sostanza e vita alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani occorre un nuovo slancio, che sappia unire in una visione comune, che non può essere che quella fratellanza umana, fondata sul pluralismo, perché i fratelli sono diversi, ma uguali agli occhi dei genitori. Questo pluralismo che ci unisce nelle nostre diversità è la ragione insopprimibile dei diritti di cittadinanza per tutti. Questo diritto alla diversità nella fraternità archivia la contrapposizione tra globalismo e localismo, base, con la paura dell’altro, di gran parte dei problemi dell’oggi. I secolarizzati non possono negare che a gran parte dell’umanità serva un gancio trascendentale per trovare fiducia in questo cammino, e riconoscendolo richiedono solo che non sia imposto, o che non venga presentato in termini esclusivi, confessionali. 

Per questo ritengo che il mondo secolarizzato dovrebbe oggi proporre che il Documento sulla Fratellanza Umana, per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal Grande Imam dell’Università islamica di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, diventi il preambolo della Dichiarazione dei Diritti Umani. 

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Questo testo infatti comincia così: “ La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”. 

La fede qui riguarda il credente, non viene imposta, né se ne indica una sola. La libertà infatti è il fondamento del Documento, che afferma: “ La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Dunque è il pluralismo la base di questa visione, come in ogni secolarismo sano e umanesimo autentico. 

Ma la solidarietà precede tutto questo nel testo, in certo senso lo fonda. Il documento infatti si esprime  «in nome dei poveri», «degli orfani e delle vedove», «dei rifugiati e degli esiliati», «di tutte le vittime delle guerre», «delle persecuzioni e delle ingiustizie», «dei deboli», «di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna».  

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Nella grande e distruttiva contrapposizione tra Oriente e Occidente che ormai segna il nostro tempo, il Documento indica la via per superarla nell’interesse di tutti, di ogni diritto e di ogni civiltà: “ Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura”.

Non può esserci una presentazione di questo Documento pur estremamente concisa come questa che dimentichi la cittadinanza, scelta indispensabile oggi e posta dal documento alla base di un futuro non confessionale, ma democratico, che archivi le odiose categorie delle “minoranze religiose”: “Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. 

Cito solo per per superare possibili pregiudizi, fondati sul passato, il paragrafo sulle donne: “È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento sessuale e dal trattarla come merce o mezzo di piacere o di guadagno economico. Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti”.

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Concludo con questo passaggio decisivo per il mondo così com’è: “ La protezione dei diritti degli anziani, dei deboli, dei disabili e degli oppressi è un’esigenza religiosa e sociale che dev’essere garantita e protetta attraverso rigorose legislazioni e l’applicazione delle convenzioni internazionali a riguardo”. 

Questo documento è una road map, la via d’accesso per tutti (anche di chi allora si astenne) a un mondo fondato sui diritti umani, che la carta definisce. Per questo sarebbe un prezioso preambolo, e per questo sarebbe opportuno che a proporre questa scelta fosse la cultura in ogni modo legata alla laicità dello stato. 

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