Simbolo dell’intellighenzia tedesca socialista e democratica, fu costretto a fare ammenda per quei sei mesi nelle SS a 17 anni, dove però, ha sempre precisato, “non mi trovai per chiamata su base volontaria”. Scrittore coinvolto e appassionato da sempre alla politica nazionale, in occasione della caduta del muro di Berlino dichiarò che però “era meglio tenere separate le due Germanie, perché una nazione unita avrebbe ripreso inevitabilmente il suo ruolo belligerante”. Difficile trovare maggiori complessità di quelle che presentano la personalità e l’opera di Guenter Grass, premio Nobel per la letteratura e considerato il maggiore scrittore vivente della Germania. A 87 anni dice di non voler più scrivere romanzi, “perché per ciascuno di loro occorre un lavoro che dura in media dai tre ai cinque anni”. Non rinuncia però a dipingere gli acquerelli che hanno accompagnato tante edizioni dei suoi libri, perché “le mani non tremano ancora” e allo stesso modo non rinuncia ad affrontare, in un’intervista esclusiva concessa al settimanale serbo “Vreme”, tutti quei temi che continuano ad essergli cari e su cui ha sviluppato il proprio pensiero critico.
La politica tedesca ed internazionale, il rapporto di quest’ultima con i grandi poteri economici, i movimenti sociali di massa e la loro “sconfitta” nella lotta al capitalismo sono ancora in primo piano nella “rigorosamente soggettiva” analisi dello scrittore, che non esita a definire “già iniziata” la Terza guerra mondiale. “E’ un processo che si sviluppa in silenzio ed in modo graduale, e solo gli storici potranno un giorno dire con esattezza quando è cominciato. Si propaga da un campo di battaglia ad un altro, dove il secondo è situato a grande distanza dal primo, ed in tutto questo appaiono evidenti l’impotenza della politica e la forza dell’economia che ha preso il sopravvento. Un tempo – prosegue Grass – a nessuno sarebbe mai saltato in mente di collegare il conflitto russo-ucraino con quello che accade in Siria. Ma sono due cose legate per via dell’incapacità della politica di risolvere le questioni con il dialogo. Se lì c’è il petrolio allora si attacca, se non c’è petrolio, allora no”.
Grass non fa nessuno sconto a Putin, il cui “sistema è terribile”, dice, “ma se provo a capire, allora devo riconoscere che il timore di pressioni da ogni parte, il rischio che la Georgia e la Moldavia possano essere incluse nella Nato, tutto questo non può che aver contribuito all’istituzione di questo sistema. Le reazioni isteriche dell’Occidente hanno la loro origine anche nella politica aggressiva della Nato, che vuole espandersi sempre di più”. Dalla Germania, dice ancora Grass, “che dovrebbe conoscere bene la problematica russa, mi aspetto un atteggiamento sobrio e contenuto”. Secondo lo scrittore il capo del Cremlino cerca di mostrare il proprio potere, l’Occidente reagisce con mezzi privi di alcuna utilità, l’Ucraina fa promesse che non può mantenere. Gli americani, infine, sono sotto pressione elettorale e devono mostrare i muscoli.
In tutto questo la Germania si mostra “un gigante economico e un nano politico”, che fin dal ’90, all’indomani dell’unione delle due Germanie, non ha quasi mai usato appieno la propria sovranità nelle questioni di politica internazionale. “Lo ha fatto solo un cancelliere, Gerard Schroeder, quando ha detto ‘no’ alla partecipazione tedesca nella guerra in Iraq”. Dal punto di vista interno, invece, il problema principale per la democrazia tedesca oggi “non è la minaccia derivante dai movimenti di estrema destra né da quelli dell’islam radicale”, ma quella rappresentata dai gruppi lobbistici insediati a Bruxelles e a Berlino. “Anche quando si deve discutere di istanze sociali o economiche, quando si devono approvare le leggi, tutto avviene sotto la pressione dei lobbisti che circondano il parlamento tedesco. Il processo si spinge a tal punto che i lobbisti prendono parte anche alla stesura di alcune leggi. Il potere delle lobby viene esercitato al di fuori del controllo democratico, e una conseguenza diretta è il calo di affluenza alle urne. Questo non si verifica per pigrizia dei cittadini, ma perché c’è la convinzione che sia insensato andare a votare visto che tutto si decide nell’industria chimica, in quella automobilistica e nelle banche”.
Il progetto di un’Europa unita, infine, secondo Grass non è riuscito a decollare su “questioni di importanza sociale, come ad esempio il salario minimo”, mentre i diversi Stati membri ancora si conoscono poco, barricandosi di conseguenza nei rispettivi nazionalismi. Guenter Grass traccia infine un bilancio sul proprio impegno politico, che lo ha visto sostenere per decenni le politiche dell’Spd e soprattutto lo ha visto vicino al cancelliere Willy Brandt. “Il mio impegno, le campagne che ho condotto per il partito socialdemocratico mi sono costati tempo e fatica, ma non mi sono mai pentito. Spesso tutto questo era legato a delle sconfitte, ma si impara più da quelle che non dalle vittorie”. Di una cosa invece Grass dice oggi di pentirsi. “In tutte le mie riflessioni politiche ho sottovalutato il potere delle banche. Ho anche creduto troppo a lungo nella forza morale e nella superiorità dell’America, mentre avrei dovuto capire prima. Ho sottovalutato la ricchezza e la forza dell’idea alla base del capitalismo, che oggi viene sostenuto da nuove crisi e che si presenta sul mercato con nuove carte fasulle, trovando comunque dei sostenitori”.
(Fonte: Vreme)