La violenza sulle donne non ha nazione: la storia di Khadija 17 anni, stuprata e marchiata dal branco

In dieci, forse addirittura in 12, le hanno lasciato oltre ai segni della tortura anche orribili tatuaggi su tutto il corpo.

I tatuaggi fatti sulla sua pelle
I tatuaggi fatti sulla sua pelle
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28 Agosto 2018 - 07.13


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Commozione per la storia di Khadija, una ragazza di 17 anni, rapita, violentata e torturata dal branco in Marocco che l’ha tenuta in ostaggio per tre mesi, a pochi chilometri da Casablanca. In dieci, forse addirittura in 12, le hanno lasciato oltre ai segni della tortura anche orribili tatuaggi su tutto il corpo. Ora la rete si mobilita con una raccolta di fondi per aiutarla a uscire dall’incubo; la petizione ha raggiunto le 15mila firme. Un disegno che riproduce una ragazza nuda e tatuata col volto coperto dalla scrittura SOS è diventato virale insieme all’hashtag ‘siamotuttikhadija’. La storia è stata rivelata dalla stessa vittima che nei giorni scorsi, dopo aver denunciato le violenze subite, ha deciso di raccontare tutto in tv. “Non riuscirò mai a perdonarli, mi hanno distrutta”, dice mentre la telecamera mostra la croce uncinata, i disegni pornografici e gli insulti tatuati sulla sua pelle. “Ho tentato un sacco di volte di scappare, sono sempre riusciti a prendermi. Non potevo mangiare né bere e nemmeno lavarmi”, racconta. E, aggiunge, “mio padre ha pregato uno di loro di liberarmi in cambio del silenzio. Solo così sono riuscita a tornare a casa. Sono stata io a denunciare tutto alla polizia. Voglio giustizia”.

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Nel più assoluto riserbo l’inchiesta procede; una dozzina di sospetti sarebbero stati interrogati e ci sarebbe anche la data di una prima udienza fissata il 6 settembre. Tutte indiscrezioni diffuse dai giornali locali e non confermate. Lo shock è totale, ma tra raccolte di firme e tatuatori che si offrono di cancellare gli orribili disegni, ai giornali sfugge il nome di famiglia della vittima che è anche minorenne.

Nel 2017 i casi di violenza denunciati sono stati 1.600, pari al doppio di quelli dell’anno precedente. Il caso più famoso è quello di Amina Filali, che nel 2012 si suicidò per essere stata costretta a sposare il suo violentatore. La vicenda aveva sollevato una tale ondata di indignazione da costringere il Marocco a riscrivere l’articolo del codice penale che cancellava la pena col matrimonio riparatore. A febbraio 2018 è entrata in vigore la legge che tutela le donne contro ogni violenza e punisce per la prima volta anche le molestie.

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