Egitto, possibile uragano di fame per via della guerra in Ucraina: ecco perché

Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha lanciato l'allarme. Il Cairo è il maggior importatore di grano dai paesi in conflitto. Il rischio di instabilità politica e sociale è concreto

Egitto, possibile uragano di fame per via della guerra in Ucraina: ecco perché
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25 Marzo 2022 - 13.06


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L’allarme è scattato: “Possibile uragano di fame”. Lo ha lanciato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: la crisi provocata dalla guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia, potrebbero rappresentare la tempesta perfetta per molti Paesi dell’Africa del Nord e per l’intero Mediterraneo.

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La guerra danneggerà significativamente la fornitura di cereali usati per la produzione di cibo rendendolo più costoso: un fattore questo che potrebbe portare, non solo danni alle popolazioni, ma creare problemi anche di instabilità politica e sociale. Le primavere arabe sono un incubo che molti capi di Stato non vorrebbero rivivere. Per questo – scrive per Agi Angelo Ferrari – sono molti i Paesi che stanno cercando di adottare misure capaci di calmierare i prezzi e trovare altre fonti di approvvigionamento.

L’Egitto ha richiesto il sostegno del Fondo monetario internazionale (Fmi) per attuare un programma economico globale e affrontare le sfide che lo attendono. Il Fmi spiega che la continua flessibilità del tasso di cambio sarà essenziale per assorbire gli shock esterni. Il Cairo sta affrontando una nuova pressione economica legata alla crisi Ucraina che ha spinto gli investitori stranieri a fuggire dai mercati emergenti e ha fatto sì che la sua valuta si deprezzasse drasticamente dopo essere rimasta stabile per diversi anni. Occorre ricordare che Russia e Ucraina erano i principali esportatori di grano verso l’Egitto – il principale importatore mondiale – e tra le maggiori fonti per il turismo.

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“L’ambiente globale in rapido cambiamento e le ricadute legate alla guerra in Ucraina stanno ponendo sfide importanti per i Paesi di tutto il mondo, incluso l’Egitto”, ha affermato l’Fmi in una nota. “La continua flessibilità del tasso di cambio sarà essenziale per assorbire gli shock esterni e salvaguardare le riserve finanziarie in questo periodo di incertezza. Saranno necessarie anche politiche fiscali e monetarie prudenti per preservare la stabilità macroeconomica”.

Il Fondo monetario spiega, inoltre, che “un pacchetto di misure di politica macroeconomica e strutturale attenuerebbe l’impatto di questo shock sull’economia egiziana, proteggerebbe i vulnerabili e preserverebbe la resilienza e le prospettive di crescita a medio termine dell’Egitto”.

Il Cairo, tuttavia, si è messo alla ricerca di nuovi mercati di importazione. Sta concludendo un accordo con l’India che produce circa 108 milioni di tonnellate di grano all’anno, la maggior parte destinata al mercato interno. Le esportazioni di grano di Nuova Delhi sono aumentate a 1,74 miliardi di dollari rispetto ai 340,17 milioni di dollari dell’anno precedente.

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L’India, tuttavia, sta trattando esportazioni di grano anche con Cina, Turchia e Iran. Per queste ragioni l’Egitto ha iniziato ad attuare strategie anche interne per soddisfare il suo fabbisogno di grano. Il governo sta cercando di aumentare le capacità di stoccaggio dei raccolti e fornire incentivi finanziari agli agricoltori per raddoppiare le quantità, il che contribuirà all’incremento della produzione che raggiungerà più di 10 milioni di tonnellate all’anno, almeno nelle intenzioni de Il Cairo.

Il capo del Centro di ricerca agricola, Mohamed Suleiman, ha spiegato che tutti “i settori agricoli dovranno intensificare le loro attività per soddisfare il fabbisogno alimentare”. Tutto ciò ha portato alla necessità di considerare questo momento storico come un “avvertimento” per preparare i piani necessari per alleviare questa crisi sulla sicurezza alimentare.

Suleiman ha confermato che ci sono direttive del presidente Abdel Fattah al-Sisi di “dedicare parte delle nuove aree alla coltivazione del grano e di aumentare le capacità di stoccaggio dei raccolti” sottolineando che “la produzione egiziana soddisfa il 50 per cento del suo fabbisogno e il resto viene importato dall’estero”.

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Le importazioni russe e ucraine costituiscono il 90% delle importazioni di grano nel Paese, una quantità totale che supera i 10 milioni di tonnellate all’anno. L’Egitto non si limitata a questo e ha imposto agli agricoltori la vendita almeno del 60% del loro grano al governo se non vogliono perdere il sostegno finanziario statale.

Secondo un documento del ministero dell’Approvvigionamento, gli agricoltori avrebbero dovuto vendere almeno 150 chili di grano per feddan (acro). Le regole si applicano anche a chiunque abbia acquistato grano da agricoltori prima che fosse presa la decisione. Dopo aver raggiunto la quota, gli agricoltori avranno bisogno di un permesso del governo per vendere il resto del loro grano altrove.

Agli agricoltori che non si adeguano alle regole imposte dal governo verrà negato l’accesso ai fertilizzanti sovvenzionati così come a qualsiasi sostegno da parte della Agricultural bank of Egypt. L’obiettivo è quello di aumentare gli stoccaggi di 6 milioni di tonnellate dal raccolto locale, cioè il 66% in più rispetto alla quantità di grano acquistata l’anno precedente.

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Secondo le stime del ministero le riserve di grano esistenti e il raccolto locale saranno sufficienti per otto mesi di forniture di pane sovvenzionato, disponibile per circa due terzi della popolazione egiziana. Il governo ha anche aumentato l’importo che pagherà agli agricoltori e ha imposto un divieto di tre mesi alle esportazioni di grano e farina.

L’Egitto fisserà anche un prezzo massimo per il pane non sovvenzionato. Il costo di questo pane, che dipende fortemente dal grano importato, è aumentato di quasi il 50% nell’ultima settimana sullo sfondo di un aumento dei prezzi del grano a livello globale. Non solo. Il tasso di inflazione ha raggiunto il 10% su base annua a febbraio, principalmente a causa dell’aumento del 20% dei prezzi dei prodotti alimentari. Uno tsunami perfetto.

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