Ecco chi sono i 45 curdi per cui Erdogan ha chiesto l'estradizione da Finlandia e Svezia

Secondo la Turchia, i 45 curdi appartengono a gruppi terroristici come il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alla milizia YPG (i combattenti che in Siria hanno sconfitto l'Isis) e al PYP (gli eroi di Kobane che controllano Rojava).

Ecco chi sono i 45 curdi per cui Erdogan ha chiesto l'estradizione da Finlandia e Svezia
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30 Giugno 2022 - 17.04


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Con l’accordo tra Turchia, Svezia e Finlandia, che potrebbe garantire l’ingresso nella Nato dei due paesi scandinavi, il destino dei Curdi è ad alto rischio. La richiesta esplicita del presidente Erdogan, infatti è l’estradizione di 45 persone residenti nei due Paesi.

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I tre ministri degli Affari Esteri hanno firmato l’accordo in dieci punti che cede alle richieste del premier turco. Istanbul ha anche imposto a Svezia e Finlandia il divieto di sostenere il popolo curdo in ogni sua forma.

Secondo la Turchia, i 45 curdi appartengono a gruppi terroristici come il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alla milizia YPG (i combattenti che in Siria hanno sconfitto l’Isis) e al PYP (gli eroi di Kobane che controllano Rojava).

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Il quotidiano turco Hurriyet ha pubblicato la lista completa dei nomi. Sono 12 le persone attualmente in Finlandia e, secondo Erdogan, sei appartengono al PKK e quattro al Feto (movimento di Fethullah Gülen, ex alleato del presidente turco e oggi considerato dissidente). Sarebbero 33 invece i curdi residenti in Svezia che Istanbul vuole estradare. Però tra i nomi figurano anche giornalisti, insegnanti, ricercatori, che hanno paura di tornare in Turchia ed essere condannati. 

Ad esempio l’unica colpa di Bülent Kenes, Levent Kenez e Hamza Yalçın è l’aver pubblicato articoli critici nei confronti di Erdogan. Anche  Bülent Keneş, direttore Today’s Zaman, è da tempo nel mirino del presidente turco.

Murat Çetiner è un esperto di cyber security, Mehmet Filiz fa il ricercatore universitario. Poi ci sono Sezgin Cirik, Osman Yagmur e Delil Acar: giovani accusati qualche anno fa di aver provato ad appiccare il fuoco davanti l’ambasciata turca ad Helsinki. 

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Nella lista c’è anche Musa Doğan, attivista condannato in Turchia nel 1993 all’ergastolo per aver partecipato a numerose manifestazioni. Oltre a Mehmet Demir, ex co-sindaco di una città dell’Anatolia del sud, costretto a fuggire dalla Turchia per le sue origini curde. Poi Burcu Ser, impiegato in una associazione internazionale per i diritti delle donne. E Zeynel Abidin Karadiş, esperto di machine learning. Tutti costoro adesso rischiano di dover fare i conti con la giustizia turca. 

Dagli Anni 70, Svezia e Finlandia hanno accolto i curdi in fuga dalle zone di guerra. Nel parlamento svedese sono persino stati eletti sei deputati curdi, una è Amineh Kakabaveh che subito dopo l’accordo ha dichiarato: “Questo è un tradimento del governo, dei Paesi della Nato e di Stoltenberg che ingannano un intero gruppo di persone che ha liberato sé stesso e il mondo intero da Daesh (Isis). Soprattutto quando si tratta della lotta delle donne, che la Svezia afferma di sostenere”.

La deputata aveva lavorato per un accordo con il governo a sostegno delle Ypg e del PYD, ora andato in fumo: “Si abbandona quanto conquistato, a causa di un dittatore e ci si allea con un altro dittatore”, dice riferendosi a Erdogan e Putin. Kakabaveh, tra l’altro, in ben due occasioni aveva salvato il governo svedese di Magdalena Andersson dal voto di sfiducia in Parlamento. L’ultima soltanto a inizio giugno, quando scelse di non sostenere la mozione contro il Ministro della Giustizia Morgan Johansson. 

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