Ovadia il retoscena delle dimissioni dal Comunale di Ferrara per le posizioni filo-palestinesi
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Ovadia il retoscena delle dimissioni dal Comunale di Ferrara per le posizioni filo-palestinesi

Le reazioni violente che dilagano contro le affermazioni di Moni Ovadia sul destino dei civili palestinesi viste da Ferrara, assumono anche i toni impietosi della guerra elettorale locale tra Fratelli d’Italia e Forza Italia

Ovadia il retoscena delle dimissioni dal Comunale di Ferrara per le posizioni filo-palestinesi
Moni Ovadia
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17 Ottobre 2023 - 22.27


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di Matteo Bianchi

Le reazioni violente che dilagano contro le affermazioni di Moni Ovadia sul destino dei civili palestinesi e sulle coercizioni subite dagli abitanti della Striscia di Gaza dal governo Netanyahu, viste da Ferrara, assumono anche i toni impietosi della guerra elettorale locale tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Difatti il senatore Alberto Balboni, inscritto nel cerchio magico della premier Meloni, è stato il primo a criticarlo ferocemente, mentre Italia Viva ne ha reclamato subito le dimissioni dall’incarico di direttore della Fondazione Teatro Comunale, controllata in toto dal municipio ferrarese. Così facendo, Balboni ha consolidato i meriti atlantisti a Roma, ma ha tirato pure un ceffone sonoro al sottosegretario Sgarbi, dominus delle istituzioni culturali della città estense, che nel 2020 ha imposto l’attore, musicista e scrittore ebreo nell’incarico prestigioso.

Tuttavia quella di Ovadia potrebbe essere una boutade provocatoria per zittire i detrattori condivisi e rilanciare la sua tempra all’apparenza intransigente: non a caso, Sgarbi stesso ha dichiarato di avere trovato un punto d’accordo con «il rappresentante più autorevole di Fratelli D’Italia, Alberto Balboni», il quale gli avrebbe mandato il seguente messaggio dopo lo scoppio delle polemiche: «Grazie. Spero che Ovadia smetta di fare politica di estrema sinistra e si dedichi a tempo pieno al lavoro a cui è stato chiamato (vd. Estense.com)». Vittorio Sgarbi, al contempo, ha chiesto al sindaco Fabbri di respingere le dimissioni discusse, affinché Ovadia rimanga al suo posto a fronte di un operato eccellente e, dunque, insindacabile. Ma nella querelle a rimanere più defilata e taciturna è proprio la figura del leghista Fabbri, che ci tiene a incassare la prossima candidatura a primo cittadino, assicuratagli pubblicamente mesi orsono dall’alleato Balboni, a patto che al posto dell’intemperante vicesindaco Nicola “Naomo” Lodi vada il figlio Alessandro, attuale assessore all’ambiente e ai rapporti con l’università.

La palude di Bruce

Eppure risulta Alan Fabbri il principale debitore del ruolo giocato da Ovadia nella riuscita del maxi concerto di Bruce Springsteen, organizzato formalmente nel maggio scorso dalla Fondazione Teatro Comunale che si è addossata tutte le spese pre e post evento, per centinaia di migliaia di euro pubblici. Gli incassi da ogni fonte possibile, invece, sono andati alla società di Claudio Trotta, la Barley Arts srl, come premio per aver “scelto” Ferrara a ospitare nientemeno che il Boss. Di norma e dovunque, però, sarebbe il soggetto organizzatore a dover ripristinare il contesto occupato a sue spese. E non gli stessi contribuenti di tasca loro. Senza tralasciare che la diligente “amministrazione trasparente”, come sottoscrive la voce sul sito istituzionale, sino a oggi abbia indicato per il concertone una spesa sommaria di 400mila euro nell’annuale bilancio preventivo: cifra già imponente, ma sulla quale nessuno ha mai risposto in sede di consiglio comunale alle richieste di un consuntivo dettagliato, che secondo i conti dell’opposizione supererebbe il milione di euro.  

Il direttore del Teatro, nel corso della vicenda, ha tenuto una posa ancillare e meramente burocratica: alla fin fine chi ripiana gli sbilanci della Fondazione resta il Comune. La riprova sta nel silenzio di Ovadia di fronte all’intenso dibattito ingaggiato da cittadini e associazioni riuniti nel comitato “Save the Park” con il sindaco e la giunta, per la scelta del parco urbano dedicato a Giorgio Bassani quale location del concerto di Springsteen. I contestatori avevano chiesto subito che l’evento si tenesse in una zona aeroportuale – agricola a sud della città, mai presa in considerazione: lo dimostrano i lavori svolti per oltre un mese dopo il concerto, a parco sbarrato e sorvegliato giorno e notte da guardie giurate. Si è trattato non solo di ripristinare l’intera area verde infradiciata dalla pioggia, che poco più giù stava alluvionando la Romagna nonché impegnando mezzi e volontari della Protezione Civile: i prati e i sentieri si sono deteriorati ad acquitrini fangosi, calpestati dai 50mila fan del Boss. La Fondazione, infatti, ha anche asfaltato e allargato i camminamenti in terra battuta, nonché seminato una rete di postazioni hi-fi, snaturando la vocazione urbanistica e naturalistica originale del sito. Nell’assenza totale di un confronto democratico, il parco concepito da Giorgio Bassani e Paolo Ravenna nel secolo scorso come “addizione verde”, è entrato nel catalogo dei posti da sfruttare per gli eventi musicali, spettacolari e fieristici di Ferrara: la città diventa sempre più una quinta hollywoodiana dei programmi festaioli della giunta, e sempre meno un luogo della cittadinanza. In questo senso anche Ovadia avrebbe tradito la sua proverbiale coerenza, reggendo il sacco ai Gengis Khan di periferia che negano partecipazione e vivibilità ai ferraresi. Infine rimane da annotare che un parco, al pari di una piazza, non ha una connotazione mercantile di superficie a completa disposizione del sindaco di turno.

Comunque sia, a tenere allegra la brigata continua a pensarci Sgarbi, nel ruolo di se stesso, con l’annuncio del titolo provvisorio quanto ispirato della prossima mostra a Palazzo dei Diamanti, dedicata a De Pisis e Mapplethorpe; chissà cosa ne dice l’impettito e severo senatore Balboni di “Fiori e ca**i”?

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