Christophe o il posto dell’elemosina
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Christophe o il posto dell’elemosina

La voce del sans-papiers Christoph nel monologo di Nicola Russo. Al teatro India fino al 28 aprile

Christophe o il posto dell’elemosina - Nicola Russo - recensione di Alessia de Antoniis
Christophe o il posto dell’elemosina - Nicola Russo -
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27 Aprile 2024 - 00.55


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di Alessia de Antoniis

70 minuti. È il tempo che Nicola Russo, all’India di Roma fino al 28 aprile, fa esistere un sans-papiers tunisino emigrato a Parigi. Un invisibile che acquista, per 70 minuti, voce e corpo grazie ad altri “papiers”: le lettere che aveva mandato, nel lontano 1995, a Nicola. È “Christophe o il posto dell’elemosina”, scritto e interpretato da Nicola Russo, produzione Teatro dell’Elfo.

Al loro secondo incontro, inusuale per un vagabondo, Christophe disse a Nicola: “chi sta in strada sa riconoscere il caso”. Il caso. Quel fato che ha portato Christoph nel mondo che gli aveva negato. Racconta infatti Nicola Russo nelle note di regia: “Ho incontrato Sami nell’estate 1995 a Parigi. Avevo diciannove anni. Sami, o Christophe come preferiva farsi chiamare, avrà avuto almeno ventisette o ventotto anni, era un sans-papiers tunisino a Parigi già da una decina di anni. Ho passato con lui nemmeno due giorni ma, una volta tornato in Italia, tra settembre e dicembre 1995 lui mi ha scritto diverse lettere. Christophe viveva per strada facendo l’elemosina, era un artista, voleva scrivere ma viveva la difficoltà della sua condizione di clandestino senza permesso di soggiorno. Non so bene per quale motivo Christophe avesse scelto proprio me come destinatario dei suoi pensieri ma, dal 1995 ad oggi, ho conservato le sue lettere”.

Christoph voleva fare l’artista. Nicola Russo lo porta in teatro. Lo fa da solo, con un monologo, perché chi vive in strada è senza nessuno. Lo fa dando corpo e voce a “il” straniero, che non può abitare stabilmente da nessuna parte; che attende “due anni in fila ad aspettare un timbro”. Lo fa restituendo dignità a chi non chiede l’elemosina, ma fa l’elemosina.

Perché Christoph non chiede, fa: si attiva, studia i passanti, sceglie i posti più adatti che traccia su una mappa della città. Addirittura cerchiando quelli dove si può stare al caldo nei giorni più freddi “Io non lavoro, faccio l’elemosina”. E, “quando i giorni dell’elemosina vanno bene, ho una stanza in un albergo a ore”. Usa l’elemosina per un letto, un bagno, un pasto caldo. E un film. E un dizionario. “Ho comprato un dizionario: ho un’arma in più”. I libri, invece, li legge alla biblioteca pubblica.

Per 70 minuti Nicola Russo cammina tra il pubblico, disposto sul palco come passanti lungo una strada parigina, che stavolta hanno però lo sguardo su di lui. Lo vedono. Ascoltano. Sono interessati alla sua vita, alle sue giornate. “Ascoltano una storia che tu sai essere realtà”.

Sì, stavolta è l’invisibile, l’emarginato, “il” straniero, che è al centro della scena, mentre sullo sfondo scorrono i video di Lorenzo Lupano con i suoni di Andrea Cocco: rumori di piccioni, immagini di serrande abbassate di negozi abbandonati, reti metalliche, muri. La banlieue. E per 70 minuti sei tu che entri, in silenzio, in ascolto, nel suo mondo. Che è anche il tuo mondo, visto da un’altra angolazione.

70 minuti durante i quali, senza pietismi, Nicola Russo ci accompagna nei pensieri di un altro essere umano, la cui unica colpa è di essere “sans”. Nella vita di un Christoph che, quando riesce ad andare nel suo albergo a ore, dove la proprietaria lo conosce e gli tiene da parte piccole cose, si guarda allo specchio sopra il lavandino e “vedo Christoph: ha il volto stanco”. Di Christoph che non prega dio perché non vuole disturbarlo. Che, nonostante tutto, crede che “il tempo è galantuomo e ripara i torti”.  Di Christoph che “io un lavoro ce l’ho: faccio l’elemosina”. Christoph che è lì, sulla panca al centro della scena, che semplicemente ti parla. Che ti invita ad avvicinarti. Ma tu “sei ancora troppo lontano”.

Spettacolo interessante, profondo, a tratti debole. Da vedere.

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