di Alessia de Antoniis
Fino a tre anni di carcere e 10mila euro di multa per chi “esalta fatti, metodi, princìpi o comportamenti” mafiosi. È la proposta di legge della deputata FdI Maria Carolina Varchi che prevede sanzioni penali per serie come Gomorra e Mare Fuori. La proposta, che cita esplicitamente queste produzioni come esempi di opere che “mitizzano” la criminalità organizzata, ha acceso un dibattito nazionale sulla libertà di espressione.
E le risposte di Riccardo Tozzi, fondatore e direttore creativo di Cattleya, e di Marco D’Amore regista e co-sceneggiatore di Gomorra – Le Origini, la nuova serie Sky in onda dal 9 gennaio, non si sono fatte attendere.
Tozzi: “Mi piacerebbe confrontarmi con i politici”
Riccardo Tozzi ha risposto con una riflessione culturale che va al cuore del problema: “Mi piacerebbe che una volta ci si potesse confrontare con i politici in generale su questi temi, perché c’è una questione culturale. I politici hanno scarsissima dimestichezza col simbolico: nonostante vivano di simbolico, della narrazione pensano in modo assolutamente realistico. Pensano che se la narrazione racconta tutte persone buone e belle situazioni, la gente diventa migliore.”
Poi il produttore di Cattleya ha citato Freud, Jung e la tradizione greca: “C’è un mistero che negli ultimi secoli è stato dipanato anche da Freud, Jung e altri, e che esiste dai tempi dei greci: la narrazione racconta quello che non si vede, che sta sotto; e se non si permette a quello che sta sotto di uscire fuori, quello che sta sotto diventa davvero cattivo. E la narrazione del male, del negativo è esattamente questo: l’espressione del mondo di sotto.”
Da Andreotti al neorealismo: una censura ciclica
Tozzi ha tracciato una genealogia della censura italiana: “è un modo di pensare che non si riesce a trasformare. Andreotti era contro il neorealismo perché diceva: ‘ci fa fare una brutta figura all’estero’. Oggi una delle cose per cui l’Italia è nota è il neorealismo, mentre quasi nessuno si ricorda di Andreotti.”
E ha aggiunto esempi internazionali: “Oggi siamo nel fenomeno dei nordic, dei Paesi scandinavi, di cui fino a trent’anni fa a nessuno importava. Da quando si è cominciato a raccontare che ci sono serial killer, uomini che odiano le donne, imprenditori nazisti che complottano, sono diventati un centro d’attrazione. Così come da quando la Corea racconta che per un posto di lavoro si rischia anche di essere fucilati: è andata al centro dell’attenzione.”
“Questo strano meccanismo profondo dell’umano, ai politici è ignoto”, ha concluso Tozzi, aggiungendo: “Io vorrei tanto riuscire a far capire loro che è proprio Gomorra che porta l’immagine del Paese, perché esporta talenti, molto più di quanto possano fare delle piccole operazioni edificanti. Noi amiamo la New York violenta che ci ha raccontato Scorsese, anche esagerando: la conosciamo e l’amiamo per questo.”
“Quanto al progetto di legge – ha concluso Tozzi – è anticostituzionale, per cui non è un progetto di pericolo.”
D’Amore: “Dovranno allargare le galere, ci faremo arrestare in parecchi”
Marco D’Amore, prima interprete di Ciro Di Marzio e poi regista di alcuni episodi della serie, ha risposto con ironia alla proposta Varchi: “visto che le pene non sono solo pecuniarie ma anche detentive, dovranno allargare parecchio le galere… e ovviamente i detenuti pesano sulla spesa pubblica, quindi non gli conviene.”
Poi è diventato serio, rivendicando il valore sociale della narrazione: “Noi serviamo”, ha sottolineato D’Amore. “Perché c’è un’intelligenza del cuore che è necessario alimentare. Soprattutto in un momento in cui, secondo me, c’è una depravazione dei sentimenti, per cui parlare di bontà diventa buonismo… parlare di amore diventa romantico. Quindi noi serviamo a questo.”
La chiusa è stata una dichiarazione di resistenza: “E allora, nelle difficoltà, continueremo a produrre qualcosa di più interessante, di più acido, di più resistente a questa forza che ci viene contro e che ci dice di smettere. Invece noi, come Pinocchio nella guazza degli assassini, ripetiamo: voglio andare avanti, voglio andare avanti, voglio andare avanti.”
D’Amore è intervenuto in riferimento a Roberto Saviano, che nei giorni scorsi aveva definito la proposta ‘legge Omertà’, scrivendo: ‘Colpire chi racconta non indebolisce la ‘ndrangheta, rafforza il silenzio che li protegge: meno storie, meno analisi, meno consapevolezza, più omertà’. “Roberto – ha detto D’Amore – è l’unica voce che si è levata”.
Ha poi concluso: “Ammiro la volontà di Riccardo (Tozzi – nda) di interloquire, perché io non ce la farei. Ho studiato tutta la vita e ho una preparazione culturale importante e, nel momento in cui dovessi parlare di certi temi con qualcuno, preferirei scegliere altri interlocutori, sinceramente.”
La proposta Varchi si inserisce in un percorso più ampio: dai tagli al cinema ‘non allineato’ alle pressioni sulla Rai, il governo Meloni sembra voler imporre una narrazione edificante all’industria culturale italiana. Una strada che, come ricorda Tozzi citando Andreotti e il neorealismo, la storia ha già dimostrato essere perdente.