"In nome della madre": la Maria di Erri De Luca all’Off/Off di Roma
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"In nome della madre": la Maria di Erri De Luca all’Off/Off di Roma

Margherita Remotti: "Maria è un'icona pop della rivolta. Tratta alla pari con Dio, sfida le leggi e porta la pace con la forza della grazia

Margherita Remotti - In nome della madre di Erri De Luca - intervista di Alessia de Antoniis
Margherita Remotti - In nome della madre di Erri De Luca - ph Sara Galimberti
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Alessia de Antoniis Modifica articolo

18 Dicembre 2025 - 09.39


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di Alessia de Antoniis

“La mia Madonna ha un manto glitterato, una croce che si accende come in un concerto di Taylor Swift. L’icona pop più potente della storia entra in scena e non è una rockstar qualunque: è Maria”, esordisce Margherita Remotti, che dal 19 al 21 dicembre porterà in scena In nome della madre di Erri De Luca all’OFF/OFF Theatre di Roma (regia di Pierpaolo Sepe e Riccardo Festa, produzione Miracle Pictures). “È la Madonna l’icona pop per eccellenza”.

“Gesù è la prima rockstar della storia – continua Remotti – Jim Morrison si rifaceva a lui. Ma l’icona più rappresentata, più pop? È lei. Per questo siamo partiti da lì: non la madonnina sofferente, ma una figura contemporanea, potente. Per me Maria è una rivoluzionaria”, dice Remotti. “Non è retorica natalizia. È politica”.

Novanta minuti di monologo in cui Miriàm racconta la propria storia: il sì a Dio, la gravidanza che la condanna a morte per lapidazione, il patto con Dio. Un tour de force. Cosa ti ha convinto ad accettare questa sfida?

Sicuramente un atto di fede. Un dono che ho voluto fare e un atto di follia. Perché avere fede è un atto di abbandono. È un dono di me, un affidarmi a qualcosa che va oltre me. Interpretare Maria è letteralmente impossibile. Quando ho intrapreso questo percorso mi sono chiesta perché. È stato un sì che ho detto, un po’ come Maria, a qualcosa di più grande di me, per raccontare qualcosa che è umanamente impossibile spiegare. Eliminare l’ego attoriale e abbandonarmi a qualcosa da cui mi lascio trasportare.

Miriàm dice: “Non m’importava quello che facevano gli uomini con le loro parole, attaccati alle loro formule come chiodi nel legno”. “Guarda Iosef in faccia per la prima volta, senza abbassare lo sguardo”. Sono gesti rivoluzionari per una donna del tempo. Com’è, chi è la tua Maria?

Maria era una rivoluzionaria. Per me è un dono, anche a tutte le donne, perché intendiamo sempre la cristianità in maniera molto patriarcale. Ma se andiamo a vedere la Bibbia, Maria è stata una figura fondamentale. Senza il sì di Maria non sarebbe esistita la cristianità. Maria è la donna originaria della creazione: il suo concepimento era già previsto nel disegno divino. Maria è una donna che tratta alla pari con Dio. Nel testo Maria dice a Dio: “Ti ho obbedito, esaudiscimi”. Fa un patto: “Lo chiamerò ad agire, te lo prometto, ma non nel mezzo di una mischia, di una guerra”. È lei che alle nozze di Cana fa fare il primo miracolo a Gesù; quando dice: fate tutto quello che vi dice lui. Maria è la donna che ha chiesto a Gesù di fare il primo miracolo. Questo è dirompente.

Il testo è pieno di riferimenti all’occupazione romana in Palestina, al censimento, alle lapidazioni. Quanto è contemporanea questa Maria che sfida le leggi? Penso alle donne in Afghanistan, Iran, ma oggi anche agli Stati Uniti…

Per me dare questo messaggio in questo momento non è retorica. Noi viviamo in un’epoca profondamente tormentata, siamo dilaniati dai conflitti, siamo nel mezzo di una terza guerra mondiale diffusa, il fascismo è imperante. Maria per me è un simbolo di forza, di grazia e di pace. È fondamentale dare questo messaggio adesso, da donna, per le donne e con le donne, ma anche per gli uomini. In tutto il mondo ci sono donne che lottano per la pace. Noi siamo fortunate a essere nate qui, siamo nate nel quarto del mondo fortunatissimo, ma da altre parti ci sono donne che comunque lottano. Maria è una donna che ha lottato. A Iosef, che le ricorda che la punizione prevista dalla legge ebraica per il sesso prematrimoniale è la lapidazione, ricorda: se vuoi prendimi così come sono, ma io sono questa, io piuttosto mi faccio lapidare. Lei ha pietà degli uomini, ma ha rischiato il tutto per tutto per portare a compimento la sua missione.

Il monologo racconta la storia di una donna che per amore sfida il mondo con il proprio corpo. Il corpo femminile come campo di battaglia politico?

Il corpo delle donne è sempre stato e rimane corpo politico, un terreno di battaglia. Il corpo di Maria è un corpo politico. Maria sfida le leggi, oltre a sfidare Dio. Sfida le leggi e porta avanti una gravidanza che la condanna a morte per lapidazione. Allora come oggi. Maria sceglie, con grazia e con forza incredibile.

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Nel testo c’è una definizione bellissima della grazia: “Sai cos’è la grazia, Miriàm? È la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi. Non è femminile, è dote di profeti. Chi lo possiede è affrancato da ogni timore”. Questa è la forza delle donne: non fare la guerra, ma essere portatrici di pace con un sacrificio enorme.

Iosef si fa lapidare al posto suo. Che figura è Iosef?

La grande rivoluzione di Iosef è che lui è l’anti-patriarca per eccellenza, così come Gesù. Se Gesù fosse stato qua, adesso, avrebbe difeso i diritti LGBT, tutti i diritti. Questo per me è Gesù, questa è la rivoluzione vera del cristianesimo. Iosef a un certo punto si piega a questa volontà perché si piega all’amore. Dice sì anche lui all’amore. Per me questo è un messaggio moderno, tutt’altro che natalizio, scontato. Il vero messaggio cristiano è sovversivo. Possiamo chiamarlo cristiano, possiamo chiamarlo umano, possiamo chiamarlo Dio in tanti sensi, sacro in tanti sensi, ma se non è rivoluzionario non è sacro per me. Gesù non era religioso, Gesù era spirituale, era mistico.

Miriàm è vittima delle donne del villaggio: sputano, le insultano, la escludono mentre è incinta. Sono le donne a diffondere il patriarcato?

È attuale: tutta questa lotta viene alimentata dalle donne. Quanto veniamo guardate male, noi che siamo lottatrici, noi che vogliamo delle relazioni più vere, più sane? Ci sono ancora donne che invece stanno là, dove è più comodo, e ci combattono. Io credo che il messaggio grande sia che solo l’amore ci può salvare. Se noi facciamo le cose per amore, comunque lo concepiamo, allora ci salviamo. Non abbiamo altre soluzioni. L’unico modo che abbiamo di rispondere al male, è il bene. Non altro male.

Il testo recita “Fa’ che questo bambino sia nessuno nella tua storia”. Una preghiera laica potente…

È una bellissima frase, una preghiera laica meravigliosa. Quando Maria fa l’invocazione finale a Dio, dice: fa’ che questo bambino sia nessuno nella tua storia, fa’ che non sia bello, che non si occupi di politica. Qualunque madre lo farebbe. Io sono sicura che Maria l’abbia fatta questa preghiera. È una preghiera che parla di protezione, di desiderio che il figlio resti al sicuro, lontano dal potere, dalla violenza. È profondamente umana. E in questo momento storico, con tutto quello che sta accadendo… penso a Gesù che era palestinese… questa preghiera assume un significato ancora più forte. Parliamo di pace, in qualsiasi forma, al di là di ogni religione, di ogni razza, di ogni credenza, al di là di ogni genere. Parliamo di una donna che porta pace.

Se dovessi scegliere una sola frase del testo che rappresenta l’essenza dello spettacolo, quale sarebbe?

“Sai cos’è la grazia, Miriàm? È la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi.”

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