Una denuncia arriva direttamente dall’Osservatorio Tasse locali di Confcommercio: nel 2020 il costo totale della tassa rifiuti (Tari) raggiunge il livello record di 9,73 miliardi con un incremento dell’80% negli ultimi 10 anni.
Un paradosso considerato che a causa del blocco delle attività per il Covid la quantità di rifiuti prodotta è stata oltre 5 milioni di tonnellate in meno rispetto al 2019.
Far pagare chi produce rifiuti – Oltre ad interventi strutturali per rendere effettivo il principio europeo “chi inquina paga” e commisurare la Tari ai rifiuti realmente prodotti, per Confcommercio servono anche misure emergenziali, visto il perdurare della pandemia, “esentando dal pagamento della tassa tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell’attività o a riduzioni di orario e quelle che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato e, quindi, dei rifiuti prodotti”.
Le imprese, sottolinea Confcommercio, “vogliono pagare il giusto, una tariffa corrispettiva al servizio erogato e soprattutto desiderano poter scegliere in autonomia l’operatore pubblico o privato più conveniente.
Per i quantitativi di rifiuti che autonomamente le imprese avviano a smaltimento e recupero, senza servirsi del servizio pubblico, bisogna che venga detassata la quota corrispettiva della Tari”.
L’Osservatorio di Confcommercio ha anche analizzato il livello quantitativo dei servizi erogati.
Tale dato misura, con un punteggio da 0 a 10, la quantità dei servizi offerti da un comune rispetto alla media dei comuni della stessa fascia di popolazione.
Un parametro che fotografa un’altra criticità: a fronte di costi sempre molto elevati, non corrisponde mediamente un livello di servizio migliore.
Sono nove le Regioni che si posizionano ancora sotto il livello 6 di sufficienza: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia e Toscana. I maggiori punteggi per Emilia Romagna (7,38), Piemonte (7,33), Veneto (7,17) e Lombardia (7).