Morti sul lavoro: uscire dalla logica del profitto e dell'arricchimento è possibile
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Morti sul lavoro: uscire dalla logica del profitto e dell'arricchimento è possibile

Esiste una longeva “pandemia” (più del Covid) che miete vittime ogni giorno (3 al dì e 2000 feriti), in maniera costante, silenziosa, straziante: quella delle morti sul lavoro

Morti sul lavoro: uscire dalla logica del profitto e dell'arricchimento è possibile
Morti sul lavoro
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

8 Ottobre 2023 - 19.33


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Esiste una longeva “pandemia” (più del Covid) che miete vittime ogni giorno (3 al dì e 2000 feriti), in maniera costante, silenziosa, straziante: quella delle morti sul lavoro. “L’intollerabile e dolorosa progressione delle morti e degli incidenti sul lavoro – afferma il presidente Mattarella, nella 73° Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro – sollecita una urgente e rigorosa ricognizione sulle condizioni di sicurezza nelle quali si trovano a operare lavoratori. Morire in fabbrica, nei campi, in qualsiasi luogo di lavoro è uno scandalo inaccettabile per un Paese civile, un fardello insopportabile per le nostre coscienze, soprattutto quando dietro agli incidenti si scopre la mancata o la non corretta applicazione di norme e procedure”.

Morire sul lavoro non è solo una fatalità ma è, purtroppo, il triste terminale di una catena di responsabilità molto lunga, dove è difficile trovare soggetti “senza peccato” che possano scagliare la pietra contro altri. Mi riferisco a istituzioni, organi di controllo e di pubblica sicurezza, imprese e associazioni di categoria, autorità territoriali, sindacati, agenzie educative, famiglie. Il lavoro è spesso scarso, insicuro, maledetto. È stato reso così soprattutto per la sinergia tra decisioni politiche, spesso più retoriche che efficienti ed efficaci nel creare lavoro certo e benefico, e mentalità liberista sfrenata che sacrifica al profitto tutto, anche la sicurezza (e spesso la vita) degli operai. La logica globale obbedisce, quasi sempre, a una gerarchia: 1. profitto 2. lavoro 3. lavoratore; mentre la nostra Costituzione, la stessa tradizione cristiana, ricordano che l’ordine deve essere l’esatto opposto: 1. lavoratore 2. lavoro 3. profitto. 

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Oggi l’attività economica ha un unico motore, la “massimizzazione dell’utilità” per cui la struttura dei bisogni viene appiattita su un unico bisogno, quello di utilità. Il sistema economico non è più concepito per il soddisfacimento dei vari bisogni umani, ma fondamentalmente per arricchirsi e questa mentalità pervade, corrompe e snatura diversi settori della comunità politica: è qui la perversa sinergia tra settori politici e settori economici. 

Si pensi a quello che è successo in larghi ambiti della sinistra europea (politica e sindacale), spesso appiattita sul dogma del profit, sempre e comunque. Siamo sempre più nel mercato globale. Chiediamoci – fosse solo per rispetto verso chi muore – a quale prezzo? Ovviamente non sto affermando che è possibile uscirne, portando indietro le lancette della storia. Ma è doveroso ricordare che c’è globale e globale. Si deve scegliere tra ciò che è sostenibile, rispettoso della salute e della vita dei lavoratori, come delle città e dell’ambiente naturale e ciò che non lo è. “La sicurezza – precisa Mattarella – non è un costo, né tantomeno un lusso: ma un dovere cui corrisponde un diritto inalienabile di ogni persona”.

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Ovunque ci sono imprese che hanno fatto scelte mature e responsabili, per un globale sano. Dobbiamo conoscerle, imitarle, promuoverle. Anche in memoria di chi ha pagato con la vita, a causa di ciò che sano non è.

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