Brunello e Valdorcia: il "miglior vino al Mondo" in un paesaggio Patrimonio dell’Umanità
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Brunello e Valdorcia: il "miglior vino al Mondo" in un paesaggio Patrimonio dell’Umanità

È di pochi giorni fa la notizia che il Brunello di Montalcino è stato dichiarato il miglior vino al mondo, un riconoscimento per il vino italiano ma anche per la sua identificazione con i territori di produzione. Ma...

Brunello e Valdorcia: il "miglior vino al Mondo" in un paesaggio Patrimonio dell’Umanità
A Montalcino i vigneti della Tenuta Fanti @winenews
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Gabriella Piccinni Modifica articolo

15 Novembre 2023 - 15.34


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È di pochi giorni fa la notizia che il Brunello di Montalcino è stato dichiarato il miglior vino al mondo, un riconoscimento per il vino italiano ma anche per la sua identificazione con i territori di produzione. È evidente, perciò, che il territorio rappresenta una risorsa, un deposito di storia di valore non solo paesaggistico ma nemmeno solo economico.

Nella varietà di forme della Toscana, delle sue città, dei villaggi più o meno grandi, delle agricolture, il territorio senese si mostra ancora oggi ai nostri occhi come un luogo in cui è particolarmente facile leggere il percorso dell’umano abitare, e lavorare, e incontrarsi, e spostarsi: un po’ per non aver conosciuto processi di industrializzazione rilevanti ma certo un poco anche per l’attitudine ad attraversare le varie ‘soglie critiche’ rappresentate dal cambiamento dei sistemi economici e sociali conservando buona parte delle forme del suo passato. C’è un un mondo che ci raggiunge attraverso la profondità di lunghi secoli di antropizzazione. 

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Nello spazio che corrisponde all’attuale provincia di Siena è ancora riconoscibile l’integrazione storica tra la città principale, i grandi castelli fortificati dotati di una vita di comunità e di una discreta articolazione sociale ed economica, i piccoli insediamenti senza mura e una campagna che assediava gli abitati fino al bordo delle loro antiche difese.  E quelle case isolate in cima ai poggi – che oggi sono riutilizzate spesso come seconde abitazioni o sfruttate economicamente nell’ambito delle reti di agriturismo – sono uno dei luoghi che raccontano il paesaggio storico. 

Il territorio su cui Siena medievale distese le sue energie politiche ed economiche arrivò a coprire un terzo circa, quello più meridionale, dell’odierna superficie della Toscana. Comprendeva la Maremma, fino a Grosseto, al porto di Talamone, a Massa Marittima, arrivava all’Amiata (l’unica montagna nei pressi) e dunque univa insieme paesaggi già allora molto diversi, dalle pianure alle colline, alle montagne, agli acquitrini, al mare e fu segnato da livelli di popolamento molto diversi, tra i due estremi delle colline dove la mezzadria poderale da almeno otto secoli ha prodotto un paesaggio curato e bello e invece i grandi spazi maremmani con ampie zone semispopolate. In quello spazio la città e la campagna avevano imparato presto a riconoscersi.

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In questo fiore all’occhiello della Toscana che è la Valdorcia, dove viene prodotto questo “vino più buono del mondo”, si trovava – e si trova – un gradino della scala che dalle colline appoderate, punteggiate di case contadine e signorili e di minuscoli villaggi, scendeva a sud ovest verso la Maremma o saliva a sud est verso l’Amiata, coperte ambedue di pascoli o boschi e castelli popolosi e radi. 

Qui, in Valdorcia, oggi l’agricoltura biologica è resa possibile dalle dimensioni ‘poderali’ di tante aziende, mentre la prossimità tra campagna e città favorisce esperienze di commercio di ‘filiera corta’. Qui l’economia del vino è uno dei punti forti che proietta Montalcino nel mondo, ma anche il paesaggio circostante, dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’umanità, esige la capacità di mantenere un equilibrio tra le ampie vigne e l’ambiente molto vario lasciato in eredità da otto secoli di mezzadria poderale. 

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