Chi pensa che lo spionaggio di Putin passi per i giornalisti russi nei talk show o è in malafede o è un ignorante

I talk show, come I giornali, le radio, la rete e qualsiasi cosa, possono effettivamente essere visti come potenziale strumento di propaganda di una parte. Ma...

Chi pensa che lo spionaggio di Putin passi per i giornalisti russi nei talk show o è in malafede o è un ignorante
Spionaggio russo
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Gianni Cipriani Modifica articolo

10 Maggio 2022 - 21.28


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In questi giorni l’attenzione e la polemica si è – giustamente – focalizzata sulla presenza di giornalisti russi di testate direttamente collegate al Cremlino o ai vari ministeri russi nei talk show.

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Una presenza, a mio giudizio, fintamente pluralistica e giornalisticamente inutile visto che tutti, qualcuno in maniera sfacciata, altri in maniera in maniera meno indecente, ripetevano a pappagallo o quasi gli slogan della propaganda di Putin, senza mostrare nemmeno una virgola di dubbio rispetto alla linea della Russia. Giornalisti che nemmeno di fronte alle vergognose e palesemente false dichiarazioni di Lavrov sulle possibili origini ebraiche di Hitler si sono smossi di un millimetro, rigettando le obiezioni in una maniera scorretta, ossia l’onore della prova al contrario: “E come potete dimostrare che è vero?”.

Fatta questa premessa, quello che ha lasciato perplessi (magari per un difetto di comiunicazione) è il ruolo del Copasir che – da quanto si è potuto capire dalle scarne indiscrezioni – ha convocato i vertici della Rai preoccupato perché in questo talk show potessero parlare spie russe, o qualcosa del genere.
In che senso? Le preocupazioni per la propaganda e la disinformazione russa sono reali ma l’iniziativa per come è stata descritta sembra priva di qualsiasi senso logico ma – cosa ben più grave – rischia perfino di diventare un assist alla propaganda putiniana.

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In estrema sintesi – non essendo un saggio ma un commento – provo a spiegarne le ragioni.

I talk show, come I giornali, le radio, la rete e qualsiasi cosa, possono effettivamente essere visti come potenziale strumento di propaganda di una parte. Una cosa vecchia come l’esistenza dei giornali stessi e non una invenzione di adesso.

Basti ricordare una vicenda poco nota e quasi sconosciuta in Italia: nell’estate del 2005 all’epoca di Bush, della guerra in Iraq e della vergognosa vicenda delle detenzioni extra legem a Guantanamo, il Pentagono reclutò una serie di militari in pensione o esperti militari che partecipassero nelle varie trasmissioni televisive a sostenere le posizioni della Casa Bianca, sminuire le critiche e spiegare come torture e altro fossero necessarie per combattere il terrorismo.

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Tecnicamente non si tratta di una azione di spionaggio ma di quella che nell’intelligence è una “azione di influenza”, ossia un opinion maker o opinion leader che mette nel circuito mediatico una serie di letture favorevole alla parte che lo ha ingaggiato.

Lo facevano gli Stati Uniti, lo fanno i russi. Ma come lo fanno? Qui il nodo diventa difficile da sciogliere. L’azione di influenza non è esattamente una azione di disinformazione. E’ semplicemente la creazione di un racconto che recepisca le linee cardine di ciò che si vuole comunicare per difendere le proprie ragioni e screditare l’avversario.

Ma l’azione di influenza non si basa su elementi inventati di sana pianta quanto piuttosto cerca di cavalcare e alimentare sentimenti o interpretazioni già esistenti. Nel caso del Cremlino le direttrici della propaganda in Occidente (la propaganda interna è diversa) sono abbastanza chiare: ribaltare le responsabilità dell’invasione da Putin alla Nato, screditare la figura di Zelensky (drogato, fantoccio, liberticida, corrotto) e confutare mediatamente (in questo caso ricorrendo talora anche alla disinformazione)le accuse di crimini di guerra commesse dai russi sia dicendo che si tratta di false accuse sia accusando la controparte del contrario.

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Ma tutta questa dinamica – che c’è – ha un suo percorso e una sua logica. Non ha bisogno della giornalista russa inferocita e settaria in tv. Il suo ruolo non smuove di una virgola – a favore o contro – il campo delle opinioni pre-esistenti.

Assurdo pensare che il giornalista o la giornalista russa che ripetono a pappagallo i pensierini del Cremlino possa rappresentare un rischio. Possiamo parlare di talk che cercano lo spettacolo, di malintesa interpretazione del pluralismo delle opinioni. Ma chi parla di rischi spionistici o quant’altro da queste presenze in tv o è in malafede (esiste la contro-propaganda, per chi non lo sapesse) o “ignora” le dinamiche.

L’agente di influenza, per poter spostare i consensi, deve essere percepito come autorevole, disinteressato, super partes oppure di una parte ma in maniera critica.

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Il vero agente di influenza è quello che dice: “Io sono contro Putin ma…”. Esattamente come i generali del Pentagono che si presentavano come vecchietti ormai fuori dai giochi che da ‘super partes’ commentavano mentre in realtà seguivano il copione del Pentagono.

Qual è il rischio, allora? Il confine tra azione di influenza e il pensiero di chi autonomamente pensa che la guerra in Ucraina sia colpa della Nato o che Zelensky sia un corrotto drogato o che Bucha sia una invenzione è praticamente impossibile da tracciare. A meno che non si riesca a provare provare che Tizio, Caio e Sempronio siano al soldo di Putin. Esattamente come fu scoperta l’operazione del Pentagono.

In assenza di questo il rischio di caccia alle streghe è enorme e – come detto – una dinamica simile avvantaggia solo la narrazione di Putin e dei suoi.

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Come ho già avuto a modo di dire, a mio giudizio oggi stiamo pagando una sottovalutazione decennale nei confronti della Russia che viene da lontano, ossia da quando qualcuno ci raccontava che Putin era un vero liberale e che dovevamo piantarla di guardare Putin con sospetto perché il vero nemico era l’Isis e la Russia era un prezioso alleato contro il terrorismo. Sono quelli gli anni d’oro della penetrazione delle Federazione Russa. Oggi si raccoglie ciò che si è seminato e si guarda affannosamente a valle ignorando il monte.

Risultato: gli ignavi di ieri sono diventati gli zelanti di oggi. E oggi tutti sono diventati “putiniani”. Mettere tutto in un calderone senza distinguere e senza comprendere le sfumature è il miglior regalo al Cremlino.

Uno che tiene alla sicurezza nazionale invece di preoccuparsi dei talk show dovrebbe preoccuparsi dei tanti cacciatori di spie e di streghe improvvisate che alimentano solo la confusione, delegittimano sinceri democratici che sono in tutta onestà contrari alle politiche della Nato e del governo e alimentano un polverone che aiuta Putin a presentarsi come la povera vittima che ha dovuto reagire. ( un po’ confuso…soprattutto non si capisce il ruolo dei sinceri democratici)

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