Le polemiche si rincorrono per la presenza di carne di cavallo, non dichiarata in etichetta, in alcuni prodotti alimentari e l’opinione pubblica si divide. La presenza di carne equina per “tagliare la carne bovina” è una truffa economica per abbattere il costo delle materie prime del prodotto alimentare.
La carne di cavallo, infatti, viene pagata all’allevatore un quinto rispetto alla carne bovina.
«Se vogliamo bene ai cavalli, dobbiamo mangiare carne equina». Questa la provocazione di Manlio Fani, il famoso allevatore di maremmani laziali. «Solo l’aumento del consumo della carne equina preserverà i cavalli dall’estinzione. L’allevamento di equini è un mestiere che sta scomparendo, faticoso e poco remunerativo. Dobbiamo mangiare la carne equina e farne sviluppare il mercato con norme chiare e con controlli assidui.» Continua così l’ultimo depositario della doma italiana da lavoro, un uomo straordinario che vive e dorme a fianco dei suoi stalloni, il branco nero, e che ha speso la sua vita per loro.
L’ultimo cavalcante, da tre generazioni. Suo padre e suo nonno domavano i cavalli per i butteri della Maremma e per i signori della zona. La sua doma dolce è rinomata tra gli amanti dei cavalli e, soprattutto, tra gli appassionati di maremmani laziali, la razza che Fani ha riportato all’originario splendore genetico.
«Un rotoball di fieno costa 50 € e un puledro lo consuma in un mese. Lo stesso puledro di un anno (da macello) si vende a 250/300 €. Un vitello di un anno e dello steso peso si vende dai 700 ai 1000 €». Un puledro da macello vivo viene acquistato dall’allevatore a 1, massimo 2, euro al kilo, mentre un vitello di chianina di buon allevamento anche a 5 euro.
«Allevare i cavalli, ormai, non consente più il sostentamento economico. – Ha spiegato Fani. – Se avessi avuto 30 anni fa la mandria di 200 cavalli che posseggo ora, sarei stato un signore. Oggi 200 cavalli rappresentano soltanto 200 bocche da sfamare.»
«Vent’anni fa il fieno costava pochissimo e, per rapporto, un puledro costava 300 mila lire. Oggi costa 300 euro, mentre solo il certificato di proprietà e il microcip costano almeno 200 euro, inoltre il fieno è diventato un dono raro e, quindi, aumentato in un modo spropositato. Una volta allevare cavalli da passeggio e da macello aveva un senso, oltre alla passione, oggi non più».
Manlio Fani rappresenta l’ultimo depositario delle tradizioni equestri e culturali della Maremma laziale che, ogni anno, lo inducono ad affrontare l’esperienza di un viaggio ormai unico in Italia: la transumanza di una mandria di circa 150 cavalli. Manlio Fani accompagna la sua mandria da Porto Vecchio, Ponzano, al Terminillo a giugno e la riporta nella piana romana a dicembre.
«Se i cavalli venissero dichiarati animali domestici, come vogliono alcuni animalisti, alcune specie equine da macello, come i Tpr, scomparirebbero». Conlude Fani «la carne di cavallo fa bene ed è molto buona». Mangiare carne di cavallo è questione di abitudine. Il cavallo da macello equivale al maiale allevato per diventare prosciutti e salsicce sulle nostre tavole. «La carne equina è una carne magra e quindi non va cotta molto. Io la preferisco scottata in padella con un po’ d’aglio e un goccio di vino. Si sposa perfettamente con un cucchiaio di grasso di maiale o un po’ di guanciale dorato insieme all’aglio.»
Il mondo del cavallo, che Fani rappresenta, andrebbe avvicinato e conosciuto con grande umiltà. E’ un ambiente rispettoso dell’animale prima che del cavaliere. E’ un mondo che venera il cavallo, che lo capisce e che lo ama. Completamente diverso da quegli ambienti che sfruttano le capacità fisiche dell’atleta quadrupete, spesso potenziate attraverso sostanze mediche, per poi abbandonarlo a se stesso.
In questi giorni in seguito agli scandali, si parla di un disegno di legge per chiedere la trasformazione di tutti gli equidi – quindi non solo cavalli, ma anche asini, muli e bardotti – come animali da compagnia e vietarne quindi la macellazione, il consumo a fini alimentari e l’utilizzo in spettacoli o manifestazioni che comportino pericoli per la loro salute.
I gruppi animalisti italiani riuniti nella Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente (Fiadaa) hanno deciso di dichiarare guerra alla mancanza di normative chiare che permettano di tutelare gli animali e i consumatori. E alla cultura dominante che, secondo loro, considererebbe il cavallo quasi esclusivamente come oggetto di sfruttamento, sia esso nei banconi di una macelleria o nelle scuderie dell’ippica professionistica, senza contare circhi, palii e servizi innaturali di trasporto, come il traino delle botticelle per turisti. E’ loro intenzione, inoltre, presentare la richiesta ai futuri ministri della Salute e delle Politiche agricole di un blocco cautelativo delle importazioni di cavalli vivi o di carne di cavallo macellata dall’estero, perlomeno da quei Paesi che non sono in grado di fornire garanzie sulla qualità della filiera produttiva.
Tutto questo evidenzia la necessità di aumentare i controlli e di migliorare la normativa. Ma soprattutto di approfondire la conoscenza dei settori di intervento da chi ne è depositario, per evitare di elaborare un’idea sommaria e deformata della realtà.