Ora Salvini, per coerenza, dovrebbe citofonare a casa del leghista Cavazza e chiedergli se spaccia
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Ora Salvini, per coerenza, dovrebbe citofonare a casa del leghista Cavazza e chiedergli se spaccia

Cavazza non era un oscuro impiegatuccio con la tessera della Lega, ma era una proposta per la giunta di una Regione italiana. Insomma, Cavazza era un uomo giusto per le istituzioni.

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2 Settembre 2020 - 15.54


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Prima gli spacciatori italiani, verrebbe da dire: per coerenza, il leghista baciatore di parmigiani ora dovrebbe recarsi sotto la residenza di Luca Cavazza, pigiare sul citofono e chiedere ‘lei spaccia?’. Lo trova sicuramente in casa, perché Cavazza al momento è ai domiciliari, per aver organizzato festini a base di cocaina dove si abusava di ragazzine minorenni. La droga fa sempre male, bisognerebbe dire a Salvini, anche quella degli spacciatori leghisti.

Ma la Bestia, sempre pronta a ruggire contro l’immigrato di turno, sulle malefatte dei padroni tace e rimane a cuccia. Fortuna ha voluto, se di fortuna si può parlare, che un uomo nigeriano oggi abbia tentato di violentare una donna alla stazione Tiburtina di Roma. Fortuna perché i tweet grondanti odio e bava si sono potuti concentrare su quello, mentre Cavazza, che la Lega aveva candidato in Emilia-Romagna al fianco della Borgonzoni, cerca di dileguarsi alla chetichella.

Ma, come scrive Gad Lerner, una riflessione è bene farla, perché – ripetiamo – Cavazza non era un oscuro impiegatuccio con la tessera della Lega, ma era una proposta per la giunta di una Regione italiana. Insomma, Cavazza era un uomo giusto per le istituzioni, secondo il modello leghista. Un uomo che, tra un inneggio al Duce e un altro (se non sei fascista alla Lega neanche ti considerano, a quanto sembra), si divertiva in quelle che per berlusconiana memoria si chiamano ‘cene eleganti’.

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Il fascio-leghismo si sta rivelando per quello che è sempre stato: un’accozzaglia dei peggiori avanzi di galera che mai hanno infestato la politica italiana, che pure tante ne ha viste.

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