Ospedale di Agrigento, dove il soccorso non è così pronto
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Ospedale di Agrigento, dove il soccorso non è così pronto

Il Pronto Soccorso è una piaga dell'intero sistema sanitario nazionale. Fatte salve le eccezioni, appare come un problema inestricabile. Ma in questo ginepraio, Agrigento è un unicum nazionale.

Ospedale di Agrigento, dove il soccorso non è così pronto
Il pronto soccorso di Agrigento
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20 Luglio 2023 - 09.53


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Siamo nel 2016, ad Agrigento la cronaca locale annuncia che “è iniziata la ristrutturazione del Pronto soccorso del “San Giovanni di Dio”. In particolare – si legge – sarà resa funzionale l’area del Triage”.

Anno 2017, sempre dalla cronaca locale gli agrigentini apprendono quello che ben sanno, sulla loro pelle, che “il Pronto Soccorso ha l’organico decimato, meno della metà di quello previsto”. E che “i lavori di ristrutturazione sono ancora agli albori”. Ed anche, che la cosiddetta “camera calda” della struttura di accoglienza dell’ospedale, appena ultimata è già non funzionante”.

Sempre sfogliando la cronaca locale, andiamo al 14 Novembre del 2017. Leggiamo: “Giornata di festa all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento per l’inaugurazione dell’ala che ospiterà il nuovo Pronto Soccorso. È stato il cardinale Montenegro a tagliare il nastro. Nuovi ambienti che si inquadrano in un ampio progetto costato alle casse dell’Asp circa 800 mila euro”.

In questa caldissima estate, mentre ad Agrigento la temperatura staziona sopra i 40 gradi, all’indomani di una petizione popolare avviata da “Satira agrigentina” per chiedere un Pronto Soccorso che almeno garantisca il minimo, due sono le cose certe: i tanti soldi spesi, e che sembrano finiti in un buco nero, e la riproposizione dei problemi che c’erano tanti anni fa, appesantiti da…

Si, è vero, il Pronto Soccorso è una piaga dell’intero sistema sanitario nazionale. Fatte salve le eccezioni, appare come un problema inestricabile. Ma in questo ginepraio, Agrigento è un unicum nazionale. Recentemente lo ha denunciato anche Rai3.

“Si certo, il pronto soccorso è una piaga del sistema sanitario nazionale – ci dice il sanitario agrigentino che ci accompagna – mancano i medici, ma qui si ha il caso particolare che scappano pure i dirigenti: si insediano ma fanno presto a salutare, vanno via, gettano la spugna. Uno dietro l’altro, ben due dirigenti hanno gettato la spugna. Criticità si registrano un po’ dovunque, certo, ma questo ad Agrigento viene preso quasi a pretesto, in modo strumentale, per giustificare quello che succede qui, come se fosse un fatto quasi “normale”, un male nazionale”.

Sempre dalla cronaca locale, la notizia di queste ore è che gli ospedali di Agrigento e provincia si avvarranno di un centinaio di sanitari argentini. Si, perchè qui non vuole venire nessuno, i bandi vanno deserti, soprattutto quelli per il Pronto Soccorso, e ci manca poco che si debba ricorrere alle matricole di Medicina.

“A mio avviso – dice la nostra guida – quello che sta succedendo ad Agrigento è di una gravità assoluta, è una situazione non giustificabile, ma non è irrimediabile. Una cosa è certa, in questo disorganizzato e precario contesto è pressoché impossibile lavorare serenamente. Paga la salute, pagano i cittadini. Prova ne sono le recenti dimissioni del Direttore del Pronto Soccorso, fatto inusuale e straordinario in tutti i sensi, legato certamente all’isolamento in cui si è ritrovato, abbandonato dai vertici, lasciato senza sufficiente personale, costretto a esercitare in locali inadeguati e poco attrezzati. Semplice capire perché nessuno vuole lavorare ad Agrigento, i medici scappano in cerca di situazioni migliori. Non è un caso che in vari concorsi, anche per posizioni apicali, il numero di partecipanti per singola selezione era limitatissimo, in alcuni casi si è vista la partecipazione di un solo concorrente, e locale”.

Sanità e politica, un legame strettissimo, base di fortune politiche, ragione di tanti mali. E pensare che Agrigento ha pure un sindaco medico, che ha fatto attività nel pubblico ma che pare abbia solidi interessi in una grande struttura privata, convenzionata.

Pubblico e privato, pubblico deficitario, privato che corre in soccorso delle falle che i cittadini incontrano nel pubblico. E’ il denaro, bellezza! Lo raccontano le liste d’attesa, liste che sono state anche chiuse, chiuse le prenotazioni, in barba alla legge che non lo consente. Però, chiudendo le prenotazioni l’ospedale ha potuto rivendicare di aver risposto al 100 per cento alla richiesta di prestazioni.

Qui ( o meglio, anche qui ) è la politica a nominare direttamente i vertici delle aziende sanitarie e “indirettamente” tutto il resto del personale, a partire dai vertici sanitari. Una volta nominato, il dirigente oltre al camice bianco indossa quello di debitore. Il debito è col politico. Si innesca, così, un perverso circolo di richieste e concessioni, di favori e benevolenze, degno testimone del tradizionale e mai interrotto sistema clientelare.

“Il Pronto Soccorso – ci dice il medico agrigentino – è percepito da tanti come un avamposto dove vanno i medici all’inizio della loro carriera. Per altri, anche per i dirigenti, è visto come un presidio di serie B, quando invece rappresenta la fondamentale cerniera tra territorio e ospedale. Direi anche che non si è saputa creare la “cultura aziendale” dell’emergenza, ci si rifà a consuetudini non sempre di fondamento scientifico. Il disastrato presente è anche il risultato di mancanza di programmazione, organizzazione e formazione del personale”.

Le ricette per far uscire i Pronto Soccorso dal coma ci sono manca la volontà. Intanto, basterebbe assegnare immediatamente personale medico interno, a rotazione, senza per questo

creare nocumento nelle strutture di provenienza, magari ricorrendo a incentivazioni. E applicarvi personale di supporto ( infermieri, psicologi, anche amministrativi) reclutato attraverso assunzioni straordinarie o per trasferimenti temporanei dagli altri reparti. Insomma, redistribuire le risorse in modo equo, senza tener conto di interessi personali o coperture politiche.

“Il personale è in “burnout”, è demotivato, pensa solo a difendersi – è la considerazione della nostra guida – alle nostre latitudini le reazioni sono quasi sempre personali e poco incisive, solo poche volte sono collettive. Ad Agrigento, neppure i sindacati e i partiti politici, a parte qualche sporadica esternazione, affrontano in maniera continua e determinata la questione sanità ed in particolare quella del Pronto Soccorso”. 

In questo clima, e nella disattenzione di tanti, si è speso tanto denaro pubblico senza risolvere nulla. Centinaia e centinaia di migliaia di euro, interventi risultati inutili anzi dannosi. E nessuno è stato mai chiamato a chiarire, a risponderne. Resta la realtà: lo “scarico” del paziente in un ambiente non protetto, ammalati e visitatori costretti a muoversi come se si fosse in un cantiere eterno. Non c’è un punto informativo, non una adeguata segnaletica. Lungo il percorso ci si imbatte in depositi “volanti” di materiale sanitario, ripetuta la denuncia di vere discariche a ridosso del muro perimetrale dell’ospedale..

“Sprechi? Cito, ad esempio, la costosa scala mobile che avrebbe dovuto favorire l’ingresso in ospedale – racconta la nostra guida – scala che non è mai stata utilizzata, è rimasta li a futura memoria, simbolo muto di incompetenza, irresponsabilità e disprezzo per il denaro pubblico”. Da una parte i disagi, dall’altra gli sprechi. Un classico.

“Non c’è stata alcuna indignazione anche quando è stata approvata una rete ospedaliera che più che ai bisogni del territorio rispondeva a interessi politici e ambizioni personali. Così come non ci si è indignati per una clientelare politica del personale, che ha determinato discutibili trasferimenti di medici, dai reparti a più alta complessità assistenziale, come il Pronto Soccorso, a strutture sanitarie più comode. Poi ci chiediamo perchè il Pronto Soccorso è in costante affanno…Ora c’è rimasta quest’ultima frontiera, quella dei medici argentini”. La speranza è che non scappino pure loro.

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