Sondaggi politici, come la guerra sta influenzando l'opinione pubblica
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Sondaggi politici, come la guerra sta influenzando l'opinione pubblica

In un'atmosfera di guerra, cambiano le percezioni e le influenze dell'opinione pubblica sull'orientamento dei partiti. Anche se, in ambito di politica interna, non è cambiato molto.

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4 Marzo 2022 - 10.58


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In tempi di guerra, l’opinione pubblica assume un peso meno diretto per quanto riguarda la sua capacità di influenzare le decisioni pubbliche. Non inferiore ma sicuramente diverso.

In questi giorni stiamo assistendo a prese di posizione di massa e scostamenti massicci nell’opinione pubblica in una moltitudine di paesi, scostamenti di cui è importante tener conto per due ragioni: perché si sono verificati in un lasso di tempo estremamente breve; e perché vanno tutti, sostanzialmente, in una direzione ben precisa.

Vedremo tra poco come e perché. Intanto, quasi a creare un contrasto rispetto a quanto si è appena detto sui mutamenti dell’opinione pubblica sul piano internazionale, l’orientamento politico degli italiani sembra subire ben poche variazioni, come certificato dalla Supermedia di questa settimana.

In realtà, anche qui – come vedremo – la spiegazione esiste, ed è strettamente collegata agli eventi drammatici a cui stiamo assistendo. Il Partito Democratico rimane in testa, crescendo (+0,6%) e allargando il suo vantaggio non solo su Fratelli d’Italia (stabile, come la Lega, all’incirca sugli stessi valori di 2 settimane fa), ma soprattutto sul Movimento 5 Stelle, che registra nuovamente il suo peggior dato da inizio legislatura (13,9%) e dista ormai più di 7 punti e mezzo dal partito guidato da Enrico Letta.

Il motivo per cui, almeno in queste primissime fasi del conflitto in Ucraina, i movimenti politici sembrano essersi “congelati”, è che il Governo italiano ha assunto sin da subito una posizione netta (di condanna dell’invasione russa e di sostegno al governo ucraino), sostenuto – come vedremo – da una maggioranza vastissima, quasi unanime, degli italiani. In questo contesto, rimane ben poco spazio per i distinguo tipici della normale dialettica tra i partiti, e di conseguenza gli elettori sono ben poco stimolati a modificare le loro preferenze.

La manifestazione più evidente di questo nuovo clima di unità nazionale si è avuto con l’approvazione in Parlamento del decreto per autorizzare l’adesione del Governo italiano alle sanzioni internazionali contro la Russia e il supporto logistico e umanitario agli ucraini,  circostanza in cui l’opposizione di Fratelli d’Italia e della sinistra radicale ha votato a favore insieme ai partiti di maggioranza.

Il voto favorevole delle opposizioni non era certo necessario per garantire numericamente l’approvazione che serviva al Governo: le forze che sostengono l’esecutivo in Parlamento, infatti, oltre a disporre di una solidissima maggioranza in termini di seggi continuano a raccogliere a tutt’oggi nel complesso ben oltre il 70% del consenso degli italiani.

Ma un primissimo effetto della situazione bellica sembra esserci stato proprio nell’indice di fiducia verso l’esecutivo: dopo una flessione – rilevata da diversi istituti – successiva alla rielezione di Mattarella al Quirinale, il Governo Draghi ha ripreso quota, e secondo un sondaggio di Euromedia per La Stampa nelle ultime due settimane sarebbe cresciuta di quasi 6 punti, salendo al 53,6%. La ragione di questa risalita sta senz’altro nell’effetto “rally around the flag” che abbiamo imparato a conoscere bene durante la pandemia, e che consiste in una crescita della fiducia e dei consensi verso le proprie istituzioni e i propri leader in momenti di grande crisi; ma va attribuita anche alla larga condivisione, tra gli italiani, delle posizioni espresse – peraltro con una certa decisione – dal Governo Draghi in relazione alla guerra in Ucraina. Lo avevamo già visto la settimana scorsa, con la Russia indicata come principale responsabile del conflitto in corso dal 70% degli italiani nelle primissime rilevazioni curate da SWG. E le inchieste successive, confermate da tutti gli istituti demoscopici, confermano l’esistenza di una vastissima maggioranza di italiani (circa 8 su 10) che condannano severamente l’aggressione russa.

Percentuali solo leggermente inferiori – ma comunque nettamente maggioritarie – si riscontrano a favore delle pesanti sanzioni economiche imposte alla Russia dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea (e quindi anche dall’Italia). Da questo punto di vista, va sottolineato come una fetta molto consistente degli italiani sia preoccupata delle conseguenze economiche di questo conflitto, e una parte della contrarietà alle sanzioni imposte alla Russia (principale fornitore di gas del nostro paese, nonché partner commerciale di una certa rilevanza soprattutto per quanto riguarda alcuni settori industriali) può certamente essere spiegata anche da questi timori.

Dicevamo dell’effetto “rally around the flag” in relazione al governo italiano: ma la sua manifestazione più eclatante si è registrata (e non poteva essere diversamente) proprio in Ucraina, dove i consensi per il presidente “guerriero” Zelensky sono schizzati alle stelle nei primi giorni dell’invasione, secondo un sondaggio realizzato tra il 26 e il 27 febbraio dall’istituto Rating.

Secondo un sondaggio dell’istituto Rating il 91% degli ucraini sostiene #Zelensky. Il dato è elevato in tutto il Paese ed è cresciuto moltissimo in queste ultime settimane.

L’effetto è tanto più eclatante se si considera che, ormai da quasi due anni, secondo lo stesso istituto i consensi verso Zelensky erano andati decisamente calando, e alla vigilia del conflitto i cittadini ucraini critici verso il “presidente comico” erano in misura nettamente superiore a quelli favorevoli. L’apprezzamento verso Zelensky, come abbiamo visto negli ultimi giorni, si riflette anche sul piano internazionale, tanto nell’opinione pubblica quanto nelle istituzioni, che si sono precipitate a mostrare solidarietà e vicinanza al governo ucraino.

Ma uno dei segnali più interessanti che abbiamo visto negli ultimi giorni, in tema di opinione pubblica, non riguarda né l’Ucraina né l’Italia, e nemmeno la Russia. Riguarda invece la Finlandia, paese che confina con la Russia e che proprio con Mosca, fin dai tempi dell’URSS, ha avuto un rapporto delicato, senz’altro peculiare ma che ha consentito ai finlandesi – come ben descritto dallo studioso Jared Diamond nel suo saggio “Crisi” – di godere di una libertà e di un’indipendenza notevoli, pur essendo un paese relativamente piccolo confinante con una superpotenza militare, e senza aderire alla NATO.

Proprio in virtù della peculiarità del “modello Helsinki”, il governo finlandese non ha mai chiesto né ipotizzato la necessità di aderire all’alleanza atlantica per difendersi dalla Russia: ebbene, di recente un sondaggio realizzato per la tv pubblica finlandese ha mostrato come questo orientamento, da sempre condiviso dalla maggioranza dei cittadini della Finlandia, si sia completamente ribaltato a seguito dell’invasione dell’Ucraina: ora i finlandesi che vorrebbero aderire alla NATO sono la maggioranza assoluta, quasi doppiando i contrari, un ribaltamento totale dei rapporti di forza rispetto agli anni precedenti.

La guerra in #Ucraina ha cambiato radicalmente l’opinione dei finlandesi sulla #NATO: se in passato la maggioranza era contraria all’adesione, un sondaggio di pochi giorni fa mostra che ora il 53% è favorevole.

Quello a cui stiamo assistendo dunque, più che intervenire sui rapporti di forza tra i vari partiti sul piano nazionale, sta costruendo una sorta di opinione pubblica europea (ma forse sarebbe meglio dire “occidentale”) che si è ricompattata con i propri governi nella condanna – espressa a tutti i livelli – dell’aggressione russa, e che potrebbe avere conseguenze inattese (e indesiderate) per Mosca su molteplici piani, arrivando a intaccare certezze pluridecennali.

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