Piano Mattei, le associazioni ambientaliste contro il governo Meloni: "Visione miope e neocolonialista"
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Piano Mattei, le associazioni ambientaliste contro il governo Meloni: "Visione miope e neocolonialista"

Piano Mattei, le associazioni ambientaliste: "Una scelta insensata e anacronistica che sa di neocolonialismo, come è stato sottolineato anche in una lettera aperta della società civile africana”. 

Piano Mattei, le associazioni ambientaliste contro il governo Meloni: "Visione miope e neocolonialista"
Giorgia Meloni
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31 Gennaio 2024 - 12.15


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Le associazioni ambientaliste Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, e WWF Italia esprimono enorme perplessità sul cosiddetto Piano Mattei del governo Meloni, sottolineandone la natura predatoria e in contrasto con la tutela della natura.

“Anche se la Presidente non lo ha esplicitamente nominato, in realtà è molto chiaro che nel Piano Mattei le rinnovabili non sono protagoniste, protagonista è ancora il gas, insieme ai disegni ENI sui biocarburanti. È una visione miope sul futuro energetico del Paese e sul concetto di transizione ecologica”.

“Il suo unico obiettivo pare essere quello di trasformare l’Italia in un hub energetico del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese. Una scelta insensata e anacronistica che sa di neocolonialismo, come è stato sottolineato anche in una lettera aperta della società civile africana”. 

“A Dubai, tra l’altro, si è sancito l’impegno ad una «transition away from fossil fuels» cioè la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone: l’Italia dovrà dire in che modo intende procedere in tal senso. Il Governo Meloni, inoltre, non sta neanche tenendo conto degli effetti che la crisi climatica sta avendo sulle migrazioni e questa continua «corsa ai fossili» (gas e petrolio) in Africa da parte dell’Italia e di altre nazioni europee non fa che perpetuare l’emergenza climatica, così come la crisi alimentare e quella legata alla sicurezza, crisi che costringono le persone a migrare dall’Africa verso l’Europa”. 

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“La strada che l’Italia deve seguire è un’altra: è quella fondata sulle rinnovabili che devono rappresentare l’asse portante della politica di decarbonizzazione dell’Italia e sostituire le fonti fossili. Il Paese ha tutte le carte in regola per diventare l’hub delle energie rinnovabili puntando su fonti pulite, efficienza, reti e accumuli, ma perché ciò avvenga è necessario un approccio di leadership audace, innovativo e inclusivo e che punti anche ad un aggiornamento ambizioso del PNIEC”. 

“Per questo chiediamo un incontro all’Esecutivo Meloni per confrontarci sul tema e per presentarle il vero piano energetico green e sostenibile che serve al Paese». Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, e WWF Italia ricordano che secondo, l’International Energy Agency, che ogni anno redige un report su sviluppi e politiche del settore energetico, nel 2025 le energie rinnovabili saranno la prima fonte di elettricità al mondo”.

“Il sorpasso sul carbone è ormai quasi fatto. Le fonti rinnovabili prese in esame dallo studio sono l’energia solare, l’eolica e l’idroelettrica. Nel 2023, se considerate tutte e tre insieme, hanno prodotto il 30% dell’elettricità mondiale e si prevede che la percentuale salirà fino al 37% nel 2026”. 

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“Dati importanti su cui il Governo dovrebbe prestare attenzione invece di continuare a sussidiare le fonti fossili, in linea con il precedente esecutivo e a concentrarsi sulla costruzione di nuove infrastrutture, cosiddette strategiche soprattutto per il gas. Nel 2022 i sussidi alle fonti fossili sono più che raddoppiati arrivando, secondo l’ultimo report Legambiente, a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas”.

“Inoltre, si sta cercando di realizzare altri rigassificatori a terra a Gioia Tauro e Porto Empedocle, oltre a quelli galleggianti di Piombino e Ravenna, che sono stati autorizzati incredibilmente in sei mesi, mentre un impianto eolico impiega mediamente 6 anni. Una strada totalmente sbagliata segnata anche dai ritardi che il Paese ha accumulato sul fronte delle politiche climatiche e che sono costati all’Italia il 44esimo posto nella classifica del Germanwatch, perdendo ben 15 posizioni rispetto al 2022”.

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