Dossieraggio, il procuratore Antimafia Melillo: "Pasquale Striano non può aver agito da solo"
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Dossieraggio, il procuratore Antimafia Melillo: "Pasquale Striano non può aver agito da solo"

Inchiesta di Perugia sul dossieraggio, Melillo: “Le condotte di Pasquale Striano mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale".

Dossieraggio, il procuratore Antimafia Melillo: "Pasquale Striano non può aver agito da solo"
Giovanni Melillo
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7 Marzo 2024 - 09.17


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L’inchiesta della procura di Perugia sul dossieraggio ai danni di personalità della politica, dello sport e dell’imprenditoria si allarga a macchia d’olio. Della questione ha parlato in commissione Antimafia il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo. “Le condotte di Pasquale Striano mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale. Ci sono molti elementi che confliggono con l’idea di un’azione concepita e organizzata da un singolo ufficiale ipoteticamente infedele. Uno dei punti centrali della procura di Perugia sarà comprendere la figura e il sistema di relazioni di Striano”.

“Si tratta di una mia personale valutazione. Ma ho una discreta esperienza anche come vittima di autentici dossieraggi abusivi come quelli ritrovati negli archivi paralleli della sede Sismi, affidati a Pio Pompa nel 2006”. In ogni caso, ha osservato ancora Melillo nell’audizione davanti alla commissione Antimafia, “elemento centrale dell’inchiesta del collega Cantone sarà proprio la definizione della figura e del sistema di relazioni di Striano”. 

 “Nella nostra banca dati, ben lontana dall’essere un “buco nero”, si ritrova un ridotto numero delle Sos (segnalazioni di operazioni sospette) generate nel sistema finanziario e trasmesse dall’unità di informazione finanziaria”, ha poi chiarito il procuratore spiegando che “la banca dati è uno strumento fondamentale della pienezza e dell’effettività delle indagini di ciascun magistrato delle Procure distrettuali”. 

“C’è una straordinaria debolezza delle nostre reti informatiche che riguarda soprattutto l’amministrazione della giustizia. E questo non solo davanti agli attacchi interni o esterni a dati riservati, ma per l’oggettiva sproporzione tra la dimensione digitale della criminalità e la capacità di contrasto del nostro sistema. Da tempo ritengo impossibile indagare efficacemente contro mafie e terrorismo senza governare adeguatamente la dimensione cibernetica”. 

“La consapevolezza della serietà estrema dei rischi che gravano sull’immagine di trasparenza, correttezza e affidabilità di tutte le istituzioni che gestiscono informazioni riservate, credo potrà utilmente contribuire a valutare l’adeguatezza degli attuali strumenti legislativi tecnologici e gli assetti della pubblica amministrazione necessari per assicurare la tutela del segreto d’ufficio e investigativo, ma anche la protezione di persone coinvolte dall’eventuale uso abusivo di quelle informazioni e di ogni altro patrimonio informativo, ma anche a tutelare la sicurezza della Repubblica”. 

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