Nicola Fratoianni, intervistato dal Corriere della Sera ha commentato la notizia degli arresti domiciliari concessi a Ilaria Salis, candidata nelle file di Avs per le prossime Europee.
«Martedì Salis ha dovuto rinunciare alla sua ora d’aria per avere un colloquio con me. E alle 10.58, mentre eravamo a colloquio in parlatorio, separati dal vetro divisorio, è spuntato un agente per avvisarci che mancavano solo 2 minuti».
Della scarcerazione «non lo sapevamo noi, non lo sapeva il papà e nemmeno l’ambasciatore. Naturalmente siamo tutti molto felici, ma non è finita, ora dobbiamo portarla in Italia e poi in Europa a lottare con noi per la pace e i diritti di tutti».
Alla domanda se sia l’effetto del lavoro sottotraccia del governo italiano risponde: «Non lo so, se così fosse che dire? Bene! Un pò in ritardo ma bene! Ricordo però che dopo i primi 13 mesi passati da Ilaria in carcere qualcuno sosteneva che certe cose si risolvono in silenzio. E così i mesi di prigione son diventati 16. Invece con l’impegno di Roberto Salis, la mobilitazione di molti parlamentari, la nostra delegazione all’udienza a Budapest, tutto insieme ha fatto sì che il silenzio dopo 13 mesi si sia rotto, è diventato rumore e qualcosa si è mosso».
Ora che Salis non sarà più la `candidata in catene´, ciò sminuirà il valore simbolico della candidatura? «No, anzi, la rafforzerà. Perché da una parte c’è l’Europa di Orbàn e dall’altra quella dei diritti. Certo, quella di Ilaria è una campagna elettorale molto anomala, forse con i domiciliari sarà più facile comunicare, ma il grosso per ora lo sta facendo suo padre, una vera forza della natura. Lei l’ho trovata molto seria, coinvolta, responsabile, anche un pò spaventata dall’idea del nuovo ruolo: di sicuro vuole imparare cose nuove, mi ha chiesto se in caso di sua elezione le faremo un pò di formazione».
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