Addio a Sergio Flamigni partigiano e parlamentare del Pci: denunciò le trame eversive e della P2
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Addio a Sergio Flamigni partigiano e parlamentare del Pci: denunciò le trame eversive e della P2

Sergio Flamigni, partigiano e parlamentare del Pci è morto a 100 anni.

Addio a Sergio Flamigni partigiano e parlamentare del Pci: denunciò le trame eversive e della P2
Sergio Flamigni
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Gianni Cipriani Modifica articolo

10 Dicembre 2025 - 11.48


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Ciao Sergio, nemmeno due mesi orsono avevo con gioia raccontato i tuoi 100 anni e adesso te ne sei andato lasciandoci smarriti perché, nonostante gli anni e tutto il resto, nel mio cuore e in quello di tanti altri, eri immortale.

La notizia della morte di Sergio Flamigni chiude una pagina lunga un secolo della storia repubblicana. Per me, però, è anche la perdita di una figura che ha segnato la mia storia politica, di giornalista e di studioso dei fenomeni eversivi. Lo conobbi quando ero un giovane giornalista d’inchiesta a l’Unità: quell’incontro divenne presto un riferimento personale e professionale. Il suo rigore, la sua disciplina morale e la sua passione per la verità esercitarono su di me un’influenza che non si è mai affievolita. Insieme abbiamo condiviso incontri pubblici, presentazioni, discussioni sul passato e sul presente del Paese. Erano momenti che allora vivevo con entusiasmo; oggi li considero un privilegio raro.

La biografia di Flamigni attraversa quasi per intero la storia italiana del Novecento. Militante nella Gioventù comunista sin dal 1941 ed entrato nel Partito comunista nel 1943, dopo l’8 settembre scelse senza esitazione la strada della lotta partigiana. Organizzò il Fronte della Gioventù nella provincia di Forlì e divenne commissario politico della 29ª Brigata Garibaldi GAP “Gastone Sozzi”. Sono gli anni in cui si forgia la sua identità: un antifascista radicato nella convinzione che la libertà non sia una conquista astratta, ma un impegno quotidiano, una responsabilità verso gli altri e verso il Paese.

Mi ha raccontato più volte la Liberazione di Forlì e le azioni partigiane in cui mise a rischio la propria vita. Non erano mai ricordi eroici, ma racconti lucidi, a volte duri, segnati da un senso profondo del dovere e da un dolore ancora presente per ciò che l’Italia aveva vissuto sotto il nazifascismo.

Nel dopoguerra iniziò una lunga stagione di responsabilità politiche. Nel 1952 fu eletto segretario della Camera del Lavoro di Forlì, quattro anni dopo divenne segretario della Federazione comunista della provincia, e nel 1960 fu chiamato a guidare il Pci regionale dell’Emilia-Romagna. Dal 1968 al 1987 sedette in Parlamento: prima alla Camera, poi al Senato. Qui diede il meglio della sua capacità analitica, soprattutto nelle commissioni d’inchiesta sul caso Moro, sulla Loggia P2 e sull’Antimafia, dove il suo contributo fu determinante.

È sul terreno delle “trame oscure” della Repubblica che Flamigni ha lasciato il segno più profondo. Nessuno, come lui, ha scandagliato con altrettanta pazienza e continuità il terrorismo italiano, le deviazioni istituzionali, i piani occulti che hanno insanguinato il Paese. Nei primi anni molti tentarono di screditarlo: Francesco Cossiga fu tra i più aggressivi, spesso con toni rozzi. Ma la storia gli ha dato ragione. I documenti, le inchieste successive e lo sviluppo della ricerca hanno confermato la solidità delle sue ricostruzioni. Oggi solo qualche detrattore occasionale o revisionista improvvisato mette ancora in dubbio la sua opera.

Negli ultimi anni, il suo lavoro è confluito nell’archivio che porta il suo nome: un luogo in cui stanno confluendo materiali sul terrorismo, sulla P2, sulla strategia della tensione. Non è solo una raccolta di carte: è una consegna di memoria alle nuove generazioni, un invito a non dimenticare ciò che è stato per capire ciò che siamo.

Con la morte di Flamigni, l’Italia perde uno dei suoi testimoni più scrupolosi e più onesti. Ha dedicato la vita a rendere il Paese più consapevole e più giusto. Per questo oggi gli sono grato. Gli sono grato per la sua coerenza, per l’esempio di integrità, per aver mostrato che la verità non è mai un esercizio accademico ma un atto di libertà.

E gli sono grato anche per un motivo intimo: gli anni trascorsi accanto a lui, in quelle collaborazioni e in quelle conversazioni che tanto mi hanno formato, mi hanno reso — o almeno così spero — una persona migliore.

Ciao Sergio, oggi perdo un maestro. Un giorno triste perché non si è mai preparati anche se dobbiamo arrendrci al fatto che non siamo eterni. Ciao compagno Flamigni, partigiano, militante comunista e sopratutto persona che ha speso tutta la vita a impegnarsi per il prossimo. Per la democrazia e per la giustizia sociale. Ti saluto con una lacrima. E con il pugno chiuso.

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