Ci sono state forti tensioni all’interno della Lega sulla manovra finanziaria, in particolare sulla proposta di una stretta previdenziale che rischiava di cambiare i requisiti e le condizioni di accesso alle pensioni. Questa misura, che sarebbe servita a trovare coperture finanziarie per altre parti della legge di bilancio, è stata poi stralciata dalla manovra in seguito alle pressioni interne al partito.
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, è rimasto inusualmente in disparte durante i momenti più acuti della tensione, senza contattare direttamente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che appartiene allo stesso partito ma guida tecnicamente il dossier sulla manovra.
Esponenti vicini a Salvini hanno criticato la linea economica del ministero, sostenendo che pur se lo spread e i giudizi delle agenzie di rating sono positivi, gli elettori della Lega votano il partito per misure come la tutela delle pensioni.
Il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, ha rivendicato il ritorno a una linea più tradizionalista e combattiva del partito, a volte definita come il “celodurismo lombardo”.
Giorgetti, presentandosi in commissione Bilancio al Senato, ha minimizzato le frizioni come naturali in una legge di bilancio complessa e ha scherzato sulle voci di dimissioni, affermando di pensarci ogni mattina, ma difendendo i tecnici del Mef e la necessità di assumersi responsabilità politiche senza scaricarle sugli altri.
Nel frattempo, la premier Giorgia Meloni ha telefonato a Salvini invitandolo a calmare i toni. Ha fatto richieste simili ad altri ministri e ha assicurato che alcune misure non entrate nella manovra potrebbero essere recuperate nel corso del 2026 tramite altri strumenti normativi.
Infine, nonostante lo strappo e le tensioni all’interno della maggioranza, la manovra ha incassato il via libera in commissione al Senato e prosegue ora verso l’approvazione definitiva da parte del Parlamento.