Hollywood non è mai stata un palcoscenico così infuocato per gli scontri di potere che vanno oltre la semplice finanza. La mossa a sorpresa di Paramount, guidata da David Ellison, ha trasformato la potenziale acquisizione di Warner Bros Discovery (WBD) in una battaglia all’ultimo sangue che ridefinisce gli equilibri tra lo streaming e la tradizione cinematografica, con l’inattesa intrusione della politica ai massimi livelli.
L’offerta pubblica di acquisto (OPA) di Paramount, interamente in contanti, valuta WBD 108,4 miliardi di dollari, ovvero 30 dollari per azione. Si tratta di una mossa apertamente ostile, lanciata poche settimane dopo che Netflix aveva già siglato un accordo vincolante. Il messaggio di Paramount non è solo economico, ma strategico: l’offerta non solo supera quella di Netflix di ben 18 miliardi di dollari in contanti, ma offre un premio significativo del 139% rispetto al valore azionario di WBD di settembre. Cruciale, secondo Ellison, è anche il percorso regolatorio, descritto come “più rapido e certo” rispetto all’intesa con Netflix, che impone la complessa scissione degli asset di news e sport (come CNN e TNT Sports) entro il 2026.
La vera posta in gioco, tuttavia, è culturale. Paramount ha giocato la carta dell’“Hollywood tradizionale”, promettendo di distribuire oltre 30 film all’anno nelle sale cinematografiche. Questa promessa è una stoccata diretta a Netflix, che ha sempre privilegiato la distribuzione sulla propria piattaforma, guadagnandosi l’accusa di sminuire l’esperienza in sala. «Noi amiamo il cinema», ha dichiarato David Ellison, innalzando la difesa del grande schermo a manifesto aziendale. Il suo messaggio ha trovato immediatamente riscontro tra i creativi: registi di peso come James Cameron e Jane Fonda, insieme alla Writers Guild of America, si sono schierati apertamente contro l’accordo con Netflix, definendolo un “disastro per il cinema”. La contesa finanziaria è dunque degenerata in una lotta per l’anima stessa di Hollywood: salvare l’eredità del grande schermo o consacrarsi definitivamente al futuro dello streaming.
A rendere la vicenda ancora più complessa e affascinante è l’improvviso ingresso in campo della politica. Il presidente Donald Trump ha pubblicamente espresso dubbi sull’operazione Netflix, evocando potenziali problemi di antitrust. Questo intervento non è casuale: dietro l’offerta Paramount si cela Affinity Partners, il fondo di private equity guidato da Jared Kushner, genero di Trump. Il dettaglio, emerso da documenti depositati alla SEC, ha trasformato la battaglia da finanziaria a vero e proprio scontro di potere con fortissime connotazioni politiche. L’amicizia di lunga data tra Larry Ellison (padre di David e co-fondatore di Oracle) e lo stesso Trump rafforza l’ipotesi di un’operazione con il benestare, se non l’incentivo, della Casa Bianca.
Wall Street ha risposto immediatamente al nuovo scenario, premiando la liquidità e la certezza dell’offerta Paramount: Warner Bros Discovery ha chiuso in rialzo del 10%, mentre Netflix ha ceduto il 2,3%. Mentre Paramount si dichiara fiduciosa di ottenere le autorizzazioni antitrust, forte di un’operazione che a suo dire “favorisce consumatori e concorrenza”, Netflix difende strenuamente il valore strategico della sua proposta, ovvero la fusione della sua piattaforma globale con il catalogo premium di Warner e HBO (da Harry Potter a Game of Thrones).