Come la cultura pop ha riscritto l'identità femminile italiana
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Come la cultura pop ha riscritto l'identità femminile italiana

La cultura pop del dopoguerra, dalla radio alla TV, agì come un potente catalizzatore per l'emancipazione femminile, trasformando il privato in campo di battaglia politico.

Come la cultura pop ha riscritto l'identità femminile italiana
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16 Dicembre 2025 - 19.33 Culture


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L’Italia del secondo dopoguerra e dei decenni successivi è stata teatro di imponenti cambiamenti sociali, spesso veicolati attraverso le grandi piazze e le lotte pubbliche. Tuttavia, come sottolineato nel saggio intitolato Fuori dal coro – Cultura pop femminile e mutamento sociale nell’Italia del dopoguerra della professoressa Elizabeth Leake (Columbia University), una rivoluzione più intima e capillare, definita “per osmosi”, ha permeato il tessuto sociale italiano: l’emancipazione femminile è passata silenziosamente attraverso la cultura pop.

Secondo Leake, il concetto che “il personale è politico” trova una perfetta rappresentazione nel contesto italiano, dove la trasformazione della condizione femminile non si è limitata ai comizi o alle manifestazioni, ma è entrata nelle case, nelle cucine, e nelle automobili. Radio e televisione, con la loro diffusione capillare, hanno reso la musica e i personaggi pubblici veri e propri agenti di cambiamento. Le canzoni ascoltate mentre si passava l’aspirapolvere o si preparava la cena hanno offerto nuove narrazioni dell’essere donna, alternative al modello tradizionale.

Diverse figure iconiche hanno contribuito a questa mutazione, ognuna a suo modo, offrendo rappresentazioni complesse e spesso in contrasto con le aspettative del tempo. Patty Pravo, per esempio, esercitò la sua influenza oltre il repertorio musicale, toccando il mondo della moda e del lavoro: il suo gesto di indossare uno smoking di Yves Saint Laurent fu un atto potente che sfidò le convenzioni di genere. Allo stesso modo, Rita Pavone, iniziando giovanissima, incarnò una resistenza alla maturazione forzata, esprimendo nei suoi musicarelli la volontà di non “avere fretta di crescere”, un messaggio in netto contrasto con l’urgenza del matrimonio sottintesa in figure come Gigliola Cinquetti. Figure come Ornella Vanoni e Mina, invece, diedero voce, senza filtri, al desiderio femminile: brani espliciti come “Ti voglio” di Vanoni furono atti coraggiosi, mentre Mina giocò con l’androginia e dimostrò una capacità avant-garde di trasformare il panorama culturale, dettando i tempi con la sua voce inimitabile.

Nonostante l’enfasi sulla cultura popolare, Leake riconosce l’importanza di figure meno “pop” ma di impatto pubblico stratosferico. L’atto di Franca Viola di resistere al matrimonio riparatore nel 1966 fu un gesto di coraggio privato che si trasformò in un potente catalizzatore per il cambiamento legislativo e sociale, anticipando e affiancando la potenza del movimento femminista della seconda ondata. La studiosa preferisce vedere il percorso di emancipazione non come una sequenza rigida di “onde”, ma come un accumulo di piccoli, ma significativi, passi in avanti, molti dei quali nati nella sfera privata e amplificati dalla cultura di massa.

Guardando al presente, il potere del pop di innescare cambiamenti globali è tutt’altro che esaurito. L’esempio di Taylor Swift citato da Leake dimostra come una figura di fama mondiale possa oggi mobilitare migliaia di persone, non solo attorno alla sua musica, ma anche per questioni civili e politiche, come l’interesse per le elezioni.

La rivoluzione femminista in Italia fu dunque un fenomeno complesso, dove le lotte in piazza trovarono una sponda inaspettata e profondamente efficace nella sfera domestica, grazie alla musica e alla televisione. La cultura pop fu il solvente che lentamente, per osmosi, trasformò le pareti della casa da confine a trampolino di lancio per una nuova idea di donna.

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