Marcus Thuram, lancia un appello alla Francia per frenare l'avanzata dell'estrema destra lepenista
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Marcus Thuram, lancia un appello alla Francia per frenare l'avanzata dell'estrema destra lepenista

Marcus Thuram ha preso una posizione molto chiara in conferenza stampa, invitando a votare contro il partito della Le Pen.

Marcus Thuram, lancia un appello alla Francia per frenare l'avanzata dell'estrema destra lepenista
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16 Giugno 2024 - 18.55


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Lo sport contro il razzismo che avanza. Ed è un bene.C’è il portiere che difende non solo la sua porta, ma anche i diritti della comunità Lgbtq, come l’ungherese Gulacsi, in aperta opposizione contro il governo Orban; e c’è l’attaccante, Marcus Thuram, che fa appello alla Francia per frenare l’avanzata della destra nel Paese. C’è chi combatte contro il razzismo, in campo e fuori, chi difende la libertà, chi è al fianco della Palestina. Non ci sono solo gol, vittorie sconfitte. L’Europeo di calcio che è appena cominciato già fa parlare, non per le giocate dei suoi protagonisti bensì per l’impegno politico di alcuni di loro, entrato nella quotidianità della manifestazione al pari di una corsa o un torello: insomma, una squadra di liberi pensatori oltre il campo di gioco.

Il binomio calcio-politica ha spesso faticato ad emergere, e chi esce allo scoperto rischia di passare per “ribelle”. Come il portiere ungherese Peter Gulacsi, che non le manda a dire al primo ministro Victor Orban che da anni, proprio attraverso il calcio costruisce consenso. Nel 2021 Gulacsi pubblicò un post sui social parlando di amore e tolleranza, in risposta alla legge che nel suo Paese vieta contenuti riferiti all’omosessualità nelle scuole. Fu travolto dalla critiche. «Penso che ognuno abbia il diritto di decidere quanto impegnarsi nelle diverse questioni sociali. Per me – ha spiegato Gulacsi a El Mundo qualche giorno fa – è molto importante che ci rispettiamo, che ci tolleriamo, che ci accettiamo. Non solo nel calcio, ma in tutto il mondo. Il colore, la sessualità, ma cosa contano… Noi calciatori riceviamo più attenzioni dai media, penso che possiamo usarla per qualche buona causa».

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Politicamente Euro 2024 è il torneo di un’Europa dall’identità indefinita, da riscrivere, da ritrovare. Da giorni, dopo l’esito delle elezioni europee e la chiamata al voto della Francia di Emmanuel Macron, i giocatori della nazionale fanno appelli al voto «per fermare la destra»: Ousmane Dembele, Olivier Giroud, e ieri, Marcus Thuram con quest’ultimo che ha spaccato in due la cautela, parlando di politica dal ritiro della Francia. I Blues avevano finora solo chiesto di poter esercitare il loro diritto al voto, ieri Thuram è andato oltre: fu il primo calciatore europeo a inginocchiarsi in campo nei giorni successivi alla morte di George Floyd, il più grande gesto politico mai visto su un campo di calcio, ieri ha preso una posizione molto chiara in conferenza stampa, invitando a votare contro il partito della Le Pen.

Nel ritiro di Clairefontaine, la federazione aveva allestito la settimana scorsa una stanza per esercitare il diritto di voto tramite procura. Ma pochi giocatori se ne sono avvalsi. Allo scioglimento dell’Assemblea, Kylian Mbappe ha subito chiesto di avere la stessa possibilità per le legislative. Mbappé, Kounde e Tchouameni sono i giocatori indicati come i più consapevoli delle questioni sociali. Sono i tre che presero posizione dopo la morte del giovane di Nahel negli scontri di un anno fa nelle periferie. Firmarono un testo comune in cui invitavano alla calma. Più recentemente, Ousmane Dembele, Ibrahima Konate, lo stesso Thuram, ancora Kounde e Dayot Upamecano hanno manifestato il loro sostegno alle vittime di Rafah.

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A Euro 2020 il portiere e capitano della Germania, Manuel Neuer ha indossato la fascia color arcobaleno a sostegno della comunità Lgbtq+, e l’attuale ct Nagelsmann si è schierato contro un documentario della tv ARD nel quale si sosteneva che i tifosi della Germania auspicano una nazionale meno multietnica e più tedesca. Con lui, si è ribellato Kimmich. D’altra parte, la nazionale tedesca è stata protagonista di uno dei gesti di protesta più clamoroso della storia dei Mondiali, appena due anni fa, in Qatar: di fronte alla minaccia di sanzioni se venivano indossate fasce arcobaleno ONE LOVE, l’intera squadra posò per la foto del prepartita col Giappone con la mano sulla bocca, a indicare che la Fifa l’aveva tappata. Perché le parole si possono anche impedire, ma il pensiero resta sempre libero.

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