Gli attentati contro i cristiani e l'informazione militante
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Gli attentati contro i cristiani e l'informazione militante

Cristiani sotto attacco in Kenya e Nigeria, e riparte il treno nostrano dello scontro di civiltà. Ma diritti e libertà riguardano tutti i popoli e tutte le fedi.

Gli attentati contro i cristiani e l'informazione militante
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1 Maggio 2012 - 10.20


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di F. P. Torna lo scontro di civiltà

Gli strascichi dello scontro di civiltà, l’ideologia guerriera della destra repubblicana americana che ha egemonizzato la scena mondiale nel decennio scorso, intossicano ancora l’aria e le pagine dei giornali come gli articoli di certi editorialisti che hanno pure fama di essere avveduti.

Alcuni attentati in Nigeria e Kenya, il 29 aprile, hanno colpito chiese e gruppi cristiani provocando, per quanto se ne sa fino ad ora, una ventina di vittime. Da qui ha preso il via il consueto coro dell’opinione pubblica italiana pronta a denunciare, con grave allarme, le persecuzioni dei cristiani del mondo. Lo schema è noto. L’India il Pakistan, l’Iraq, la Nigeria e via dicendo sono tutti teatri in cui i cristiani vengono presi di mira da un’unica centrale del terrore e del fondamentalismo quasi sempre islamico ma non solo. E la conseguenza qual è? L’Italia da sola se l’Europa non la dovesse seguire, deve farsi avanti per proteggere i cristiani. C’è da chiedersi intanto “come” si dovrebbe realizzare un simile intervento su scenari tanto diversi se non si vuole fare la solita demagogia a buon mercato, stentorea nel proclama inesistente nella pratica.

Cristiani, cittadini e diritti

Ma questo non basta. I cristiani ammazzati rappresentano naturalmente un crimine, ma i ‘cristiani’ sono anche – più semplicemente – nigeriani, keniani, iracheni, indiani. non sono dunque una propagine cristiano-europea, ma cittadini di quegli Stati e come tali vanno trattati, è a partire da questo dato,da questo principio di cittadinanza che la questione va affrontata assai prima che sotto il profilo ideologico-religioso.

Altre minoranze, quelle musulmane fra le altre, sono vittime di orrende violenze in Paesi come l’Iraq – dove le moschee diventano regolarmente obiettivi di azioni sanguinarie – gli stessi musulmani sono perseguitati da quel fondamentalismo politico induista che attraversa l’India da diversi anni.
Conflitti interreligiosi ed etnici, fra maggioranze e minoranze locali, sotto forma di persecuzioni, terrorismo e guerriglie, serpeggiano non da oggi in tutta l’area mediorientale e asiatica. Questi conflitti s’incrociano sempre con violente lotte per il potere, per il possesso delle risorse naturali, per l’indipendenza nazionale o per liberarsi da regimi atroci.

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Questa la complessità irrinunciabile per capire e intervenire; restano poi alcune realtà evidenti: i cristiani in Pakistan sono diventati oggetto privilegiato di attacchi estremisti (anche se spesso, come spiega la Chiesa locale, la ‘scusa’ religiosa copre ragioni speculative territoriali o di altra natura). Anche nello Stato indiano dell’Orissa – di antica evangelizzazione – si sono verificate state violente aggressioni alle comunità e villaggi cristiani, veri e propri pogrom.

In India il cristianesimo introduce un principio di uguaglianza fra tutti gli essere umani che va in conflitto con il sistema castale, cancellato sì dalla Costituzione ma di fatto vigente in tante realtà sociali. E tuttavia questo fatto, l’idea di uguaglianza fra gli uomini, il principio di fratellanza che scardina le chiusure culturali e le barriere sociali, viene tranquillamente rimosso dai nostrani difensori dei cristiani che preferiscono arroccarsi su una comoda quanto generica e fumosa difesa identitaria “della fede”.

Con i popoli contro il fondamentalismo

C’è ancora dell’altro. Cosa si poteva fare per contrastare il deprecato fondamentalismo in questi mesi e anni? Magari sarebeb servito un sostegno forte, politico e economico, all’evoluzione dei processi innestati dalla Primavera araba: il dialogo con l’Islam politico che si candida a guidare questi Paesi è decisivo, così come il sostengo ai gruppi laici, ai giovani, all’incredibile protagonismo delle donne, alle parti più avanzate di queste società, e ancora un’apertura mentale in grado di cogliere il dibattito interno al mondo islamico a cominciare dai rivoluzionari documenti proposti da dal centro sunnita del Cairo di Al Azhar. Si poteva, inoltre, contrastare con decisione la violenza delle dittature più efferate, quella siriana per esempio. Migliaia di cadaveri si accumulano in molti di questi Paesi, le prigioni sono piene, le torture si susseguono, ma né il Corsera né altri, sentono di dover sprecare molte parole. Il fondamentalismo è alimentato, nella maggior parte dei casi, da chi vuole un status quo radicato nel terrore che permetta a dittatori o regimi autoritaria di governare con la paura i loro popoli. E’ questa la lezione degli ultimi anni, questo il modello che avevano in testa i fautori dello scontro di civiltà.

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L’impegno internazionale dell’Italia

La tutela delle minoranze, la difesa di società plurali, il rispetto e la tutela dei diritti umani, devono valere per tutti, cristiani compresi. Così come la priorità in favore di una più equa distribuzione delle risorse della Terra e anzi la promozione di uno sviluppo non solo predatorio della natura e dei popoli, dovrebbe entrare nell’agenda politica internazionale -e su questo piano un Paese come l’Italia potrebbe spendere il proprio prestigio internazionale – e uscire dalle simpatiche dichiarazioni d’intenti. Qui vorremmo che l’Occidente scendesse in campo.

E infine la Nigeria e il Kenya. Gli ultimi attentati sono gravi e drammatici; tuttavia nelle stesse ore in Nigeria altri attacchi – questa volta contro le forze di polizia – si stanno verificando provocando vari morti senza clamore, naturalmente. Il Paese è diviso fra islam e cristianesimo, non di rado i fedeli di Cristo si sono macchiati di crimini gravi che pure non hanno scosso gli opinionisti, in altri casi terrorismo o spinte fondamentaliste, hanno provocato la morte fra i cristiani. Sempre le ragioni di queste lotte sono di natura politica in scenari dove è in atto una lotta mostruosa per il potere,il controllo delle risorse della terra, energetiche e minerarie.

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Un’ultima osservazione. Ogni anni alcune decine di religiosi, missionari e laici cristiani, vengono uccisi o assassinati negli angoli più lontani del mondo; spesso si tratta di rapine, di criminalità ordinaria, altre volte di sicari mandati ad uccidere chi difendeva i poveri dall’assalto dei militari o di gruppi industriali. Anche di questi non si trova traccia nell’informazione di casa nostra.

I dubbi di Radio Vaticana sulla matrice religiosa degli attentati
Interessante notare che la stessa Radio Vaticana in merito agli ultimi attentati in Nigeria non si è accontentata delle spiegazioni più semplicistiche ma ha messo in luce come in Nigeria gli aspetti etnici, sociali e politici abbiano il loro determinante peso.

Vi proponiamo infine il commento di una figura di spicco dell’ebraismo italiano, il rabbino Giuseppe Laras, sugli ultimi attentati.

Nigeria: rabbino Laras, blasfemo spiegare violenza con fede

“Eventuali argomentazioni di ordine religioso per ‘spiegare’ tali violenze non possono che apparire blasfeme e profanatrici”. Lo afferma Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico del Centro-Nord Italia in una nota dopo le uccisioni e violenze perpetrate in questi giorni in Nigeria e in Kenya ai danni delle comunita’ cristiane, violenze che, afferma il rabbino, ”riempiono di angoscia, dolore e sdegno”. Si tratta, prosegue, di ”episodi che si sommano ad altri, infiniti, nelle altre parti del mondo” e che ”ci debbono far riflettere e impegnare con sempre maggior consapevolezza a favore dei diritti della persona e della unicita’, dignita’ e preziosita’ della vita umana, qualunque essa sia”. Il rabbino conclude la nota, diffusa anche dalla sala stampa vaticana, esprimendo ”i piu’ profondi sentimenti di amicizia, vicinanza e partecipazione alle famiglie delle vittime e alle Chiese ferite”.

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