La jihad dei giovani britannici. Oggi contro Assad, domani chissà
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La jihad dei giovani britannici. Oggi contro Assad, domani chissà

Un gruppo di giovani del Regno Unito combatte contro Assad. La faccenda preoccupa il governo inglese, quando dovranno tornare a casa. [Francesca Marretta]

La jihad dei giovani britannici. Oggi contro Assad, domani chissà
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27 Marzo 2013 - 20.15


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da Londra
Francesca Marretta

Un centinaio di cittadini britannici combattono in Siria tra le fila di Jabhat al-Nusra, il gruppo estremista islamico legato ad al-Qaeda che ha firmato attacchi di alto profilo contro il regime di Damasco (almeno 600 nel 2012). A preoccupare Londra non è tanto il fatto che giovani col passaporto britannico in tasca combattano “l’infedele” Assad (e anche Hezbollah con cui si sono militarmente scontrati al confine col Libano), quanto il ritorno a casa degli stessi.

Il direttore dell’Ufficio governativo per l’anti-terrorismo, Charles Farr ha definito la situazione siriana «particolarmente preoccupante» per i risvolti che potrebbe presentare in Gran Bretagna. Tradotto i giovani di origine asiatica e nordafricana nati e cresciuti nelle Isole Britanniche si starebbero addestrando in Siria per mutuare in jihad contro Assad nella guerra contro gli infedeli albionici una volta riattraversato l’Atlantico.

Si tratta di una vecchia storia. L’Afghanistan dei mujahedding addestrati dalla Cia contro i Sovietici non ha insegnato nulla. E poco importa che il governo di Londra chieda la fine dell’embargo Ue sulle armi in Siria al fine di rafforzare le parti “moderate”. Quando le armi circolano (e circolano regolarmente in barba a ogni blocco, in questo come in altri conflitti), arrivano in mano a chi paga. Si tratta di una banale legge di mercato, in un settore che non conosce crisi.

Nelle scorse ore il Ministero degli Interni di Londra ha diffuso un comunicato da scoperta dell’acqua calda: l’attrazione di jihadisti in Siria è un problema per tutta l’Europa. Farr ha menzionato anche la possibilità che al-Qaeda & co. mettano le mani su armi biologiche di Assad e che le usino oltreconfine.

Non sono solo i contraccolpi della situazione siriana a creare allarme. Tra i documenti sulla sicurezza circolati in questi giorni a Londra si legge di un’accresciuta complessità della situazione in diverse aree in cui sono presenti formazioni legate ad al-Qaeda, dal Sahel al Corno d’Africa, allo Yemen, al Pakistan.

Tra i combattenti siriani i fanatici saranno pure minoranze (come lo sono altrove). Si tratta però di gruppi presenti ormai a macchia di leopardo dall’Africa Occidentale al Bosforo, non solo tra le montagne del Waziristan. In altre parole per l’Europa si tratta di una minaccia sull’uscio di casa. Tutto questo non basta a imprimere una svolta diplomatica e trovare un accordo in sede di Consiglio di Sicurezza sulla Siria.

E non abbiamo parlato in questo articolo della tragedia dei civili siriani. Primi a pagare per l’incapacità della strada diplomatica, la crudeltà del loro stesso regime che li ammazza o li rende profughi, e degli oppositori rivoluzionari per i quali è più importante uscirne vincitori.

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