Quando il gatto non c’è…Che il Cremlino avesse deciso di accelerare la soluzione della crisi siriana s’era capito già dopo la vittoria di Donald Trump. Ora, pur avanzando cautela, Putin ha deciso di passare all’incasso. Mosca, infatti, vuole farsi trovare in una posizione di vantaggio quando il presidente-eletto prenderà finalmente in mano le redini della Casa Bianca. La mossa, se l’accordo reggerà, non rappresenta però (solo) un innegabile successo personale dello zar, bensì un poker ‘corale’ della diplomazia russa e un cambio di qualità della sua influenza nell’intero Medio Oriente. Mosca, d’altra parte, ha puntato sull’internazionalizzazione della crisi portando al centro del tavolo negoziale la Turchia – riabilitata dopo un durissimo braccio di ferro innescato dall’abbattimento del jet russo nei cieli siriani – e l’Iran. Le tre potenze si sono fatte garanti del processo di pace e Mosca, al contempo, ha spinto per coinvolgere l’Egitto di al-Sisi: sono mesi infatti che l’inviato in Medio Oriente di Putin, nonché vice ministro degli Esteri, Mikhail Bogdanov fa la spola tra Mosca e le principali capitali dell’area per completare il puzzle con pazienza certosina. Ora sembra che tutte le tessere siano finite al posto giusto – per quanto i jihadisti dell’Isis e di al Nusra non spariranno nel giro di una notte e i militari russi in Siria dovranno restare ancora a lungo, checché ne dica Putin. Detto ciò, il simbolo forse più plastico di questo lavoro di fino è la scelta di Astana come il luogo dove tentare di apporre la parola fine alla sanguinosa guerra civile siriana. La capitale del Kazakistan, ormai soprannominata la ‘Dubai della steppa’ in virtù del suo impetuoso sviluppo garantito da gas e petrolio, è quanto più lontano possa esistere dalla neutralissima quanto europeissima Ginevra, incarnazione perfetta del nuovo ordine mondiale nato dalla fine della Seconda Guerra mondiale. L’inviato speciale dell’Onu in Siria, Staffan De Mistura, d’altra parte ha già dato la sua benedizione al nuovo formato, che senz’altro conferma il ruolo di protagonista dell’immortale presidente kazako Nursultan Nazarbayev, già ‘padrino’ del disgelo fra Putin ed Erdogan e personaggio chiave nella rimozione delle sanzioni all’Iran. Proprio ad Astana, nel 2017, si terrà la prossima edizione dell’Expo e Nazarbayev potra’ cosi’ capitalizzare sulla probabile sovraesposizione mediatica che il processo di pace siriano assicurerà al suo Paese. Che è e resta un partner cruciale di quella Associazione Economica Euroasiatica su cui Putin sta puntando molto per ricostruire i fasti (su base moderna) dell’Unione Sovietica. E non e’ un caso che l’Eurasia sia li’ li’ per firmare accordi di scambio commerciale proprio con l’Iran e l’Egitto. Se tutto andra’ per il verso giusto, Putin potra’ dunque posizionare la Russia come potenza egemone nel Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale – vero e proprio pallino dello zar, stando a diverse fonti – sfruttando in parte anche il volano dell’associazione Euroasiatica. A muovere ora tocca agli Stati Uniti.
Argomenti: Donald Trump