Lasciate perdere le dichiarazioni “muscolari”, i riferimenti enfatici alla “guerra patriottica” reiterati dall’apparato putiniano, e dallo “zar” del Cremlino in persona. E lasciate perdere anche gli improvvidi riferimenti alla Shoah dispensati dal presidente dell’Ucraina. Dichiarazioni proclami, narrazioni che servono essenzialmente per uso interno.
Una cosa è chiara, incontestabile: quello che doveva essere un blitzkrieg che in tre giorni avrebbe dovuto portare , nella visione di Putin, alla caduta della “cricca nazista” di Kiev. Quella guerra lampo fallita si è trasformata, a quasi un anno dal suo inizio (24 febbraio 2024), si è trasformata in una guerra di logoramento. Ha ragione il direttore di Limes, Lucio Caracciolo: “La guerra in Ucraina avrà una soluzione militare o non ne avrà. Immaginare una soluzione diplomatica è buono e giusto. Lavorarci in segreto, come stanno tentando da mesi emissari russi e americani più qualche mediatore sparso, è necessario per mantenere oggi i contatti e preparare una tregua domani, fors’anche una miracolosa pace dopodomani. Ma il negoziato serio sarà frutto della vittoria di una parte o dell’altra. O dell’esaurimento materiale e spirituale di entrambe…”.
Analisi del campo.
E allora la parola a chi di cose militari se ne intende e molto: Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa): “Da 2-3 settimane – annota Batacchi – i Russi hanno ripreso l’iniziativa in diverse aree del fronte. Questa nuova spinta è dovuta a più fattori. Sicuramente gli effetti della mobilitazione avviata a fine settembre stanno avendo un loro peso, così come l’alto attrito subito dagli Ucraini: la controffensiva di Kharkiv di agosto-settembre è stata molto onerosa per le forze di Kiev, e pure la resistenza attorno a Bakhmut e Soledar. Ma non c’è solo questo. I Russi hanno in parte riorganizzato la logistica, decentralizzandola e disperdendola, e l’artillery sniping ucraino è da qualche settimana meno efficace. E poi l’artiglieria di Mosca sembra aver ripreso vigore, per effetto dei miglioramenti logistici e della mobilitazione dell’apparato industriale russo, che lavora H24 su 3 turni ormai da mesi e che è stato di fatto messo sotto il controllo del “commissario” Medvedev. Infine, vanno tenuti in conto anche alcuni correttivi introdotti nella tattica russa, che ha ormai completamente abbandonato l’impiego sul terreno dei BTG (Battalion Tactical Group) – impiego rivelatosi fallimentare in una guerra ad alta intensità su larga scala – ripiegando sull’utilizzo di formazioni organiche di più alto livello (brigata e divisione), senza dimenticare che le forze paracadutiste, le VDV, stanno adesso operando in maniera maggiormente integrata con le altre componenti. Insomma, non c’è più la guerra nella guerra dei parà come a Kiev la scorsa primavera.
Gli effetti si stanno vedendo, anche se la superiorità numerica, organizzativa e tecnologica delle forze di Kiev è ancora un fattore rilevante. I progressi per i Russi dunque ci sono ma sono relativamente lenti: a nord stanno riguadagnando terreno attorno a Kreminna, sotto pressione ucraina da settembre, mentre a nordovest di Soledar soprattutto i contractor della Wagner stanno risalendo verso Siversk, dopo aver preso l’insediamento di Mykolaivka, e dovrebbero essere adesso a poco meno di 15 km dalla città. La situazione per Siversk si sta facendo difficile poiché i Russi stanno avanzando anche da sudovest di Dibrova. Sul fronte di Bakhmut continua feroce la battaglia urbana, mentre le forze di Mosca stanno avanzando a sud, verso Stupochki e Ivanivske, sempre più vicine, e a nord da Pidhorne. Tuttavia, parlare di accerchiamento è ancora molto presto e gli Ucraini sono comunque in grado di rifornire la città.
Più a sud, nel settore di Zaporizhzhia, l’attacco russo degli scorsi giorni contro Vulhedar è stato bloccato, ma lo Stato Maggiore di Kiev ha dovuto impiegare ancora una volta le riserve stornandole da altre fronti.
Insomma, dopo quasi 3 mesi di stallo, la situazione sul terreno sta cambiando e l’inerzia sembra tornare dalla parte dei Russi: difficile pronosticarlo dopo il disastro di Kharkiv e la “dolorosa” rinuncia a Kherson. Non a caso, Kiev sta premendo come non mai sugli alleati occidentali per nuovi aiuti dopo il via libera a Leopard 2, Challenger 2 e Abrams – per un totale di 130-150 nuovi carri, senza dimenticare gli ulteriori PT-91 Twardy polacchi – e a Patriot e Samp/T. Si tratta però di una corsa contro il tempo. La mobilitazione russa potrebbe essere superiore alle 300.000 unità ufficiali: diverse fonti, e pure la stessa Difesa ucraina, parlano di 500.000 uomini. Una parte di questi è già al fronte, e si è visto, una parte sta completando addestramento ed equipaggiamento. Mosca nelle prossime settimane potrebbe così tentare un nuovo colpo da nord, “infilandosi” magari tra Kharkiv e l’Oskil, oppure puntare alle “fortezze” Kramatorsk e Slovjansk dalla direttrice di Siversk”.
Così il direttore di Rid.
Il “giallo” dell’offerta.
Il capo della Cia, William Burns, avrebbe offerto a Vladimir Putin un quinto del territorio ucraino – pari circa alle dimensioni del Donbass – per porre fine alla guerra in corso come parte di un piano di pace elaborato per conto del presidente Joe Biden.
Lo scrive Newsweek, citando il quotidiano svizzero-tedesco Neue Zürcher Zeitung (Nzz) e riportando la smentita della Casa Bianca.
Il vice portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Sean Davitt, ha dichiarato al settimanale che la notizia “non è accurata” e che la Cia direbbe lo stesso. Nzz ha riferito oggi, citando politici stranieri tedeschi di alto rango, che a metà gennaio Burns ha presentato a Kiev e Mosca un piano di pace che offriva al Cremlino “circa il 20% del territorio ucraino”. Un funzionario della Cia ha detto a Newsweek che le affermazioni nell’articolo di Nzz secondo cui Burns ha fatto un viaggio segreto a Mosca a gennaio e che c’era una proposta di pace da lui avanzata per conto della Casa Bianca sono “completamente false”. Kiev e Mosca, secondo Nzz, avrebbero respinto la proposta: l’Ucraina “perché non è disposta a dividere il proprio territorio” mentre i funzionari russi avrebbero affermato che “alla lunga vinceranno comunque la guerra”. I politici tedeschi hanno confidato che Biden voleva evitare una guerra prolungata in Ucraina e avrebbe offerto il territorio come parte del piano di pace. E quando l’Ucraina e la Russia avrebbero respinto la proposta, l’amministrazione Biden si è impegnata a fornire a Kiev carri armati Abrams, sempre secondo il quotidiano svizzero-tedesco.
La retorica della “guerra patriottica”
Panzer tedeschi che combattono contro la Russia, il nazismo che minaccia ancora “direttamente” Mosca, questa volta per mano degli ucraini. Gli incubi della Seconda guerra mondiale riprendono vita nella ex Stalingrado. Ad evocarli è Vladimir Putin, che li ingigantisce con il richiamo alle armi ben più potenti che oggi il suo Paese ha a disposizione. L’Occidente, tuona lo zar, non si rende conto che “una guerra moderna con la Russia sarebbe un’altra cosa” rispetto ad 80 anni fa e che un tale conflitto non finirebbe con l’uso dei carri armati. Oggi, avverte dicendosi convinto di vincere, “abbiamo qualcosa con cui rispondere”. Inevitabilmente il pensiero corre alla guerra nucleare, e qualche giornalista russo chiede spiegazioni al portavoce del Cremlino, che si incarica di correggere il tiro. “Man mano che appaiono nuove armi fornite dall’Occidente collettivo, la Russia utilizzerà il suo potenziale esistente in modo più completo”, è l’esegesi di Dmitry Peskov, al seguito del presidente in una visita dall’altissimo valore simbolico a Volgograd, già Stalingrado appunto, per celebrare l’ottantesimo anniversario della vittoria sovietica sulle truppe naziste del feldmaresciallo Fredrich von Paulus. Per Putin non ci poteva essere occasione più ghiotta per rispondere all’invio dei carri armati tedeschi Leopard alle truppe di Kiev. “È incredibile, ma è un fatto: siamo di nuovo minacciati dai carri armati tedeschi con i noti emblemi a forma di croce sulle loro piastre corazzate”, ha esclamato il leader russo intervenendo al concerto per commemorare la storica battaglia. Putin era arrivato nel pomeriggio, rimanendo dunque assente alla parata militare – con la presenza anche di alcuni veterani quasi centenari – svoltasi in mattinata. E soprattutto alla cerimonia con cui ieri era stato inaugurato un busto di Stalin. Ma è chiaro che, nella sua visione, la Storia rischia tragicamente di ripetersi: “Ci sono tentativi di spingere l’Europa, Germania compresa, alla guerra con la Russia”, ha avvertito proprio nel giorno in cui i vertici della Ue sono arrivati a Kiev con in dono nuovi aiuti militari. Anche Serghei Lavrov è tornato a presentare il conflitto in Ucraina come una sfida esistenziale per Mosca, riproponendo il parallelo già usato con l’Olocausto. L’Occidente, ha affermato il ministro degli Esteri, punta a “una soluzione finale della questione russa”. “Tutta la Nato combatte contro di noi”, ha aggiunto Lavrov, dicendosi sicuro che però la Russia saprà resistere e uscire “più forte” da questa situazione. In questo caso nessun accenno, nemmeno velato, ad un’Apocalisse nucleare. Semplicemente, “maggiore sarà il raggio d’azione degli armamenti forniti dall’Occidente a Kiev, più noi dovremo allontanarli dai nostri confini”, ha spiegato il capo della diplomazia russa riferendosi in particolare al possibile arrivo in Ucraina di missili a lungo raggio americani. Nessuna marcia indietro, dunque. Anzi, il conflitto sembra destinato a intensificarsi, mentre il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, si è detto convinto che Mosca stia pianificando una nuova grande offensiva proprio intorno al 24 febbraio, primo anniversario dell’inizio di quella che in Russia si chiama ‘operazione militare speciale’. Ma i bombardamenti non si fermano nemmeno ora, seppure in assenza di apprezzabili spostamenti del fronte. Fonti ucraine hanno riferito che razzi russi si sono abbattuti ieri su un reparto ospedaliero pediatrico, su una scuola e su edifici civili a Kramatorsk, nel nord dell’oblast di Donetsk, provocando cinque feriti, dopo che ieri tre persone erano morte e 21 erano rimaste ferite in un bombardamento sulla stessa città. L’uccisione di una donna è segnalata anche a Kherson, mentre da parte loro le autorità filorusse locali riferiscono la morte di un civile a causa di un attacco di artiglieria ucraino sulla cittadina di Vladimirovka, ancora nella provincia di Donetsk.
Fattore tempo
I prossimi sei mesi saranno “critici” nella guerra in Ucraina, con il presidente russo Vladimir Putin che scommette sul calo dell’interesse occidentale e la “stanchezza politica” che potrebbero offrire ai suoi militari una nuova possibilità di ottenere successi sul campo di battaglia. Lo ha detto il direttore della Cia William Burns, riporta Cbs news. “Putin, a mio avviso, sta scommettendo in questo momento sulla possibilità di far lavorare il tempo a suo favore”, ha detto Burns. “La chiave sarà sul campo di battaglia nei prossimi sei mesi, a nostro avviso. Punire l’arroganza di Putin, fargli capire che non solo non sarà in grado di avanzare ulteriormente in Ucraina, ma che ogni mese che passa corre un rischio sempre maggiore di perdere il territorio che ha illegalmente sequestrato all’Ucraina fino ad ora”, ha aggiunto, “quindi questo prossimo periodo, credo, sarà assolutamente cruciale”. “Non riteniamo che Putin sia seriamente intenzionato a negoziare, anche se a volte si sente parlare di questo”, ha affermato Burns.
Da Washington a Mosca. La sicurezza della Crimea è garantita, mentre il Donbass non è completamente protetto, quindi l’operazione speciale della Russia va avanti. A dichiararlo è il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. A inizio giornata, il ministro degli Interni ucraino ad interim Ihor Klimenko ha affermato che Kiev ha iniziato a formare brigate d’assalto di militari, polizia e guardie di frontiera per impadronirsi della Crimea e del Donbass. “Il Donbass non è ancora completamente protetto e quindi l’operazione militare speciale continua. Dobbiamo proteggere le persone che vivono lì. Attualmente questo obiettivo non è completamente raggiunto. Questo deve ancora essere fatto. La Crimea, come il Donbass, è la regione della Russia, pertanto, la sicurezza della Crimea è pienamente garantita”, ha affermato Peskov, rispondendo alla domanda se la Crimea e il Donbass siano protetti in modo affidabile.
La parola è alle armi.
Argomenti: guerra russo-ucraina