Pizzo di Stato per i migranti: l'ultima oscenità del governo Meloni
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Pizzo di Stato per i migranti: l'ultima oscenità del governo Meloni

Pizzo di Stato. Tangente di governo. Ennesima vergogna dei securisti governativi. Chiamatela come vi pare. Ma l’ultima trovata della destra che da un anno guida l’Italia è da scempio totale. 

Pizzo di Stato per i migranti: l'ultima oscenità del governo Meloni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Settembre 2023 - 15.06


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Pizzo di Stato. Tangente di governo. Ennesima vergogna dei securisti governativi. Chiamatela come vi pare. Ma l’ultima trovata della destra che da un anno guida l’Italia è da scempio totale. 

Nel denunciare il “Pizzo di Stato” Globalist si giova di due articoli di giornaliste che fanno onore al nostro mestiere.

Scrive Daniela Fassini su Avvenire: “La libertà ha un prezzo. Soprattutto se si è migranti, giunti in Italia via mare o via terra lungo la rotta balcanica da Paesi “sicuri” e non si vuol finire in un centro in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. L’Italia chiede infatti una fideiussione bancaria o assicurativa da 4.938 euro che dovrà essere versata dal richiedente asilo. Il pagamento sarà a carico suo individualmente, non potranno farlo altri per lui. La novità è contenuta in un decreto firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, insieme ai colleghi Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia) e pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale.

È il decreto Cutro dello scorso marzo ad aver spinto sulle procedure accelerate alla frontiera, con la previsione anche del trattenimento del migrante «al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato». Il richiedente asilo può essere trattenuto nel caso «non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, ovvero non presti idonea garanzia finanziaria» e provenga da un Paese sicuro. Il decreto ha stabilito l’entità della garanzia: quei quasi 5mila euro che devono assicurare al migrante, per il periodo massimo di trattenimento consentito (pari a 4 settimane), «la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale; della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi».

L’obiettivo del giro di vite è quello di dare un impulso ai rimpatri, accelerando l’esame delle richieste di asilo e arrivando all’espulsione – già alla frontiera di arrivo – per coloro che si vedono negata la domanda e provengono da un Paese inserito nella lista di quelli “sicuri” come ad esempio la Costa d’Avorio, seconda per arrivi quest’anno, o la Tunisia, terza. Il richiedente non entrerebbe così nel sistema di accoglienza in attesa dell’iter di esame della domanda, ma resterebbe negli hotspot in stato di detenzione amministrativa. Può evitarlo, ma dovrà pagare.

Gli esperti giuridici

«Si chiede una fidejussione bancaria o assicurativa che deve essere fornita entro il tempo di conclusione della procedura di foto segnalamento – spiega Maurizio Veglio, avvocato socio di Asgi (l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) – secondo la normativa europea le impronte digitali devono essere raccolte entro 72 ore dall’arrivo e immaginare che una persona possa precostituire questa fidejussione prima di partire o farlo in quelle poche ore è piuttosto improbabile».

Sulla tempistica dei 28 giorni,  «l’idea è quella di avere una procedura velocissima di richiesta d’asilo – aggiunge l’esperto giuridico – la commissione che riceve la domanda deve rispondere entro sette giorni, lo straniero ha poi 14 giorni per fare ricorso e nei 7 giorni successivi al ricorso il tribunale dovrebbe accogliere o rifiutare la richiesta di sospendere il rifiuto della commissione. E si arriva così ai 28 giorni. È evidente che questa costruzione è farsesca». 

«Il decreto che fissa la “tassa per la libertà” di 5mila euro difficilmente troverà applicazione» dichiara Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci nazionale. «Il governo continua a produrre interventi impraticabili, frutto solo dell’ideologia e della volontà di continuare a negare la realtà» aggiunge Miraglia. «Sfido- continua Miraglia – a trovare una persona che arriva dalla Libia o dalla Tunisia o dalla rotta balcanica, capace di attivare una fideiussione di quel valore in Italia o in qualsiasi altro Paese nel tempo previsto dal decreto». 

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Le reazioni politiche

Il decreto ha acceso anche la polemica politica. «L’ultima crudeltà» del Governo, accusa la segretaria del Pd, Elly Schlein, «cozza contro il diritto internazionale: si chiedono 5 mila euro a chi fugge da discriminazione, guerre e torture per evitare di essere rinchiusi in un centro, un’ulteriore crudeltà inumana di un governo forte coi deboli e debole coi forti». Una norma che garantisce la libertà a chi paga, osserva il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, «fa solo schifo. Ed è significativo della natura punitiva della norma che l’importo da mettere a garanzia non possa essere messo da terzi». Per il segretario di Più Europa Riccardo Magi, la norma è «scafismo di Stato, una tangente discriminatoria, classista e disumana, verso chi scappa da fame e guerre. Ci sarebbe da vergognarsi solo per averlo pensato. Ma c’è di peggio: questa norma è illegale in quanto la Corte di Giustizia europea nel 2020 ha già sanzionato una misura analoga introdotta dall’Ungheria».

Pizzo di Stato

Rimarca Annalisa Cuzzucrea per La Stampa: “Bisognerebbe riuscire a mettersi nella testa di chi l’ha pensata, una norma del genere. Cercare di capire quale deserto morale possa concepire un meccanismo di questo tipo: a un migrante che arriva in Italia chiedendo protezione umanitaria, in caso parta da uno di quei Paesi che noi consideriamo sicuri, lo Stato chiederà di scegliere se andare in un Cpr o se restare libero in attesa di rimpatrio. 

Il governo Meloni ha dato un prezzo alla libertà. Lo ha stimato in 4.938 euro di cauzione. Chissà se varia per tipologia umana: la chiederemo ai bambini che sbarcano soli perché i genitori sono morti nel deserto e qualcuno un po’ più grande li ha presi per mano? La chiederemo alle donne stuprate dai miliziani libici che arrivano incinte di uomini che le hanno abusate e nonostante questo stringono al petto quei neonati che gridano vita? Alle madri che abbiamo visto accalcarsi sul molo a Lampedusa mentre una figlia sveniva per il caldo e la fatica e il dolore e la paura? 

A chi avremo il coraggio di chiedere quei soldi dicendo: altrimenti prego, abbiamo un “centro perimetrabile e sorvegliabile” pronto per te? La nostra presidente lo ha chiamato così. Lo ha pensato così: col filo spinato e tutto il resto. Lontano dai centri abitati, sia mai possano sentirsi per un attimo esseri umani in mezzo ad altri esseri umani. Pensavamo di aver sentito tutto quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha chiamato i migranti salvati da una Ong “carico residuale”. Credevamo che la sola idea di poter mandare nei Cpr persone che non hanno commesso reati, disperati che sono arrivati sulle nostre coste in cerca di protezione, fosse il massimo dell’abisso morale raggiungibile. 

Pensavamo anche – che illusi – che qualcuno in una maggioranza di destra che crede di avere qualche residuo di centro si sarebbe alzato a dire: attenzione, questi sono campi di concentramento, non è così che si affronta un fenomeno epocale come le migrazioni. Non si chiude il mare e non si possono rinchiudere le persone che fuggono da fame, guerre, persecuzioni, carestie, miseria. Servono solidarietà, collaborazione, gestione dei flussi, coordinamento europeo. Serve la revisione del trattato di Dublino come invoca il Presidente della Repubblica contro il parere della presidente del Consiglio, che dovrebbe altrimenti spiegarlo ai suoi amici sovranisti. 

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E cosa è arrivato, invece? Un decreto ministeriale che chiede di pagare 5mila euro a chi ha già dato tutto quel che ha a quei trafficanti che avevamo promesso di inseguire nel globo terracqueo. Evidentemente, ci siamo stancati. Dal decreto Cutro a oggi sono stati arrestati 100 scafisti. Non proprio un successone. Forse, non riuscendo a fermare i trafficanti, il governo ha pensato bene di imitarne i metodi. Ma attenzione: noi i soldi li restituiremo a un disperato che per caso li abbia e torni dopo cento giorni per farsi mandar via. Una volta che il decreto di espulsione sia pronto, sempre che nel frattempo non abbia dimostrato di aver diritto a stare qui o non sia fuggito, com’è più probabile. 

Non fosse un’ignominia, un reale pizzo di Stato, sarebbe un meccanismo da barzelletta. Tanto grottesco quanto inapplicabile, oltre che illegale (una norma del genere fatta in Ungheria, guarda caso, è già stata sanzionata dalla Corte di giustizia europea nel 2020, come ha ricordato ieri Riccardo Magi). Ma non bisogna consolarsi con l’impossibilità di farla valere, bisogna piuttosto disperarsi perché nel 2023 l’Italia ha un governo che ciancia di nuova tratta di schiavi e si permette di dare un prezzo alla libertà dei richiedenti asilo. Ci sarebbe da chiamare l’Onu, ma non per aiutarci: per inviare i caschi blu”.

L’opposizione insorge

La scelta di far pagare una sorta di cauzione per non essere rinchiuso in un Cpr è l’ennesima tappa di uno spettacolo indegno di un governo sconvolgentemente inadeguato. Un governo che si comporta da scafista”, dice Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria nazionale del Pd.

“Un governo che non investe, facendo tesoro delle parole del presidente Mattarella, sull’unica misura utile per evitare gli arrivi irregolari cioè su canali di accesso legali e sicuri. L’idea della cauzione è grave sul piano dei principi, determinando, perfino tra i migranti rimpatriabili, migranti di serie A e migranti di serie B e paradossale su quello degli effetti, perché il migrante da espellere inserito in reti illegali avrà più mezzi del migrante più marginalizzato e privo di tutto. Infine è una strada che insospettisce”, aggiunge. “Viene infatti il dubbio – prosegue l’esponente dem – che il governo consapevole che quella dei Cpr sia una sorta di soluzione macabra destinata a una estrema minoranza di persone presenti, tenti già di correre ai ripari attraverso questo pericoloso pasticcio”. “Sfidiamo la destra a farla finita con queste operazioni e di scommettere sulla definizione di una strategia che, partendo dalla cancellazione della Bossi Fini e dalla lotta in Europa per imporre l’obbligo alla redistribuzione, scommetta su legalità e accoglienza di qualità”, conclude Majorino.

“Cinquemila euro per il richiedente asilo che voglia evitare il centro di trattenimento. Non ce la fanno, è più forte di loro: anche la richiesta di asilo diventa una questione di censo”, scrive su Facebook il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra.

“Chi può permetterselo pagherà 5mila euro per evitare di finire in un centro per il rimpatrio mentre analizzano la sua pratica – prosegue il leader di Si – per i poveri cristi che posseggono solo quello che hanno indosso invece si possono aprire le porte dei centri, dove spesso si dorme per terra e manca tutto”.

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“La misura, pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale è oscena e incommentabile. Dicevano di voler dare la caccia agli scafisti in tutto il globo terracqueo e invece si comportano come loro, taglieggiando 5mila euro con fideiussione bancaria”, conclude Fratoianni.

“Dopo aver trasformato i Cpr in luoghi di detenzione, fino a 18 mesi per un illecito amministrativo, adesso hanno anche fissato la cifra per la cauzione”, scrive su X Davide Faraone, deputato di Azione-Italia Viva, a proposito della misura.

Aria pura

Sul tema dei migranti papa Francesco, in visita a Marsiglia, lancia un appello perché il Mediterraneo smetta di essere “un mare mortuum”.

E parlando dei porti chiusi, sottolinea che “due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: ‘invasione’ ed ‘emergenza’. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita”.

 Il Papa sottolinea che c’è “il diritto sia di emigrare sia di non emigrare” e chiede di non chiudersi “nell’indifferenza”. “Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine. Dire ‘basta’, invece, è chiudere gli occhi; tentare ora di ‘salvare sé stessi’ si tramuterà in tragedia domani”, ha detto il Pontefice negli Incontri del Mediterraneo.

Papa Francesco parla poi dei “vari porti mediterranei” che “si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: ‘invasione’ ed ‘emergenza’. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita”, ha sottolineato nel suo intervento agli Incontri del Mediterraneo. “Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea”.

“Francesco  – annota Gianni Cardinali, inviato a Marsiglia del giornale della Cei – punta il dito su due parole che alimentano «le paure della gente»: “invasione” ed “emergenza”. «Ma chi rischia la vita in mare – aggiunge – non invade, cerca accoglienza». Mentre quanto all’emergenza, «il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi», che «va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà». Il mare nostrum insomma «grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà”[..], Certo «l’integrazione è faticosa, ma lungimirante: prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà; l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa invece prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze».

Parole da incorniciare. Un antidoto al virus della disumanità propagato dal governo  Meloni. 

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