Israele uccide centinaia di familiari di giornalisti palestinesi a Gaza: strategia imbavagliare l’informazione
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Israele uccide centinaia di familiari di giornalisti palestinesi a Gaza: strategia imbavagliare l’informazione

Secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi, dall’inizio della guerra israeliana a Gaza, nell’ottobre 2023, almeno 706 familiari di giornalisti palestinesi sono stati uccisi.

Israele uccide centinaia di familiari di giornalisti palestinesi a Gaza: strategia imbavagliare l’informazione
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28 Dicembre 2025 - 11.57


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Secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi, dall’inizio della guerra israeliana a Gaza, nell’ottobre 2023, almeno 706 familiari di giornalisti palestinesi sono stati uccisi.

In un rapporto diffuso sabato sera, il Comitato per le libertà del sindacato afferma che le forze israeliane stanno colpendo sistematicamente le famiglie dei giornalisti nell’ambito di una strategia deliberata volta a mettere a tacere l’informazione palestinese.

Oltre al bilancio delle vittime, il rapporto segnala gravi conseguenze psicologiche. I giornalisti sopravvissuti alla perdita di figli, coniugi o genitori sono oggi segnati da traumi profondi, disgregazione familiare e sensi di colpa devastanti; molti sono stati costretti a fuggire o a sospendere il proprio lavoro sotto il peso della violenza israeliana in corso.

Nel corso dell’ultimo anno, Israele ha ucciso diversi giornalisti a Gaza in assassinii mirati – tra cui il caso più noto, quello del corrispondente di Al Jazeera Anas al-Sharif – sostenendo falsamente che fossero membri di Hamas.

Questi omicidi rientrano in un bilancio ben più ampio: quasi 300 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi a Gaza in 26 mesi di guerra, con una media di circa 12 giornalisti al mese, secondo Shireen.ps, sito di monitoraggio intitolato alla storica corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa nel 2022 in Cisgiordania occupata.

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Le organizzazioni per la libertà di stampa hanno condannato ripetutamente gli attacchi israeliani contro i giornalisti, ma le uccisioni sono avvenute nell’impunità più totale: Israele non ha mai arrestato né incriminato alcun soldato per l’uccisione di giornalisti.

Sebbene il bersagliamento dei media si sia intensificato durante la guerra a Gaza, Israele ha ucciso decine di giornalisti arabi anche nei due decenni precedenti. Un rapporto di Reporter senza frontiere, pubblicato a dicembre, ha rilevato che nel 2025 Israele è stato il paese che ha ucciso più giornalisti al mondo.

Il rapporto afferma che questi attacchi non sono danni collaterali della guerra, ma parte di una strategia deliberata.

La violenza israeliana contro i giornalisti, si legge, ha assunto «una dimensione più pericolosa e brutale, rappresentata dal colpire famiglie e parenti dei giornalisti, nel chiaro tentativo di trasformare il lavoro giornalistico in un peso esistenziale, facendo pagare il prezzo a figli, mogli, padri e madri».

Muhammad al-Lahham, responsabile del Comitato per le libertà, ha dichiarato che il modello di attacchi tra il 2023 e il 2025 rivela l’intento di Israele di schiacciare l’informazione indipendente a Gaza. Colpire le famiglie dei giornalisti, ha detto, «dimostra che l’occupazione israeliana sta conducendo una guerra totale contro la verità, senza distinguere tra la telecamera e il bambino, né tra la penna e la casa».

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«Il sangue delle famiglie dei giornalisti resterà una testimonianza viva del crimine di voler mettere a tacere la voce palestinese», ha aggiunto.

Secondo il sindacato, 436 familiari di giornalisti sono stati uccisi nel 2023, 203 nel 2024 e almeno 67 nel 2025. Le uccisioni sono proseguite anche dopo che molte famiglie erano state sfollate con la forza e avevano trovato rifugio in tende e campi improvvisati.

Il rapporto cita un caso recente nei pressi di Khan Younis, dove sono stati recuperati i corpi della giornalista Hiba al-Abadla, di sua madre e di circa 15 membri della famiglia al-Astal, quasi due anni dopo che un bombardamento israeliano aveva distrutto la loro abitazione a ovest della città.

«Centinaia di bambini, donne e anziani sono stati uccisi a causa del legame professionale di un familiare con il giornalismo, in palese violazione di tutte le norme umanitarie e giuridiche», afferma il Comitato.

Secondo le conclusioni, gli attacchi israeliani hanno colpito ripetutamente le abitazioni dei giornalisti, i luoghi di sfollamento e aree note per ospitare operatori dei media e i loro parenti. In alcuni casi, intere famiglie sono state annientate, lasciando in vita i giornalisti come unici testimoni della loro distruzione.

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Il Comitato definisce tutto ciò una “svolta qualitativa” nel comportamento israeliano: dal colpire individui al ricorso alla punizione collettiva. Trasformando le famiglie in bersagli, conclude il rapporto, Israele mira a intimidire l’intera società e a prosciugare l’ambiente che rende possibile l’esistenza dei media.

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