Tim e Vivaldi: storia dello spot del kazoo
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Tim e Vivaldi: storia dello spot del kazoo

La vocazione pubblicitaria del genio - italico - di Vivaldi. Breve riflessione sul concerto "alla rustica" diventato musica per la pubblicità. [Federico Biscione]

Tim e Vivaldi: storia dello spot del kazoo
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Federico Biscione Modifica articolo

9 Luglio 2012 - 00.27


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No, non si tratta di un errore di stampa, volevo proprio scrivere kazoo, [kəˈzuː], sorta di semplice strumento musicale d’invenzione americana che amplifica meccanicamente il suono della voce umana dandole un timbro stridulo e vibrante di particolare, ridicolo effetto (vedi qui per una ― discutibile ― applicazione).

Adesso vi chiederete cosa c’entra il kazoo col genio italico: un poco di pazienza.

L’associazione musica-prodotto è uno dei campi di indagine che più è stato scandagliato dai pubblicitari, i quali non di rado sono stati in grado di istituire dei binomi divenuti poi classici come il più che trentennale Coriolano di Beethoven con l’amarissimo che fa benissimo, oppure ancora Beethoven con il brandy che crea un’atmosfera (con l’aggiunta decisamente kitsch di sapore “modernizzante” di chitarre e campanelli a fare, brrr!, l’atmosfera), oppure Mozart con famosi pneumatici spaziali, e questo lo dovete proprio (ri)vedere: una specie di Solaris for dummies su cui ci sarebbe molto da dire, con un Mozart modernizzato anche lui, ma stavolta con tromba e basso elettrico, come andava allora (un esempio coevo fra i molti possibili: La Canzone dell’amore perduto ― e anche questa è musica classica d’autore, Telemann, non tutti lo sanno).

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Insomma, una grande tradizione, quella di unire la musica classica alla pubblicità, che ultimamente si serve di Vivaldi per un utilizzo in associazione prevalente col prodotto italiano. In verità c’era anche uno spot di una ventina d’anni fa che per reclamizzare olio d’oliva accompagnava immagini di verdi colline toscane col magnifico, poetico, evocatore secondo termpo del Concerto per flautino in do maggiore RV 443 (stavolta senza storpiature modernistiche): un accostamento geniale, secondo me ― ma questo ahimè nel web non sono riuscito a ritrovarlo.

In tempi più recenti abbiamo visto del Vivaldi accostato a un ragù (il finale dell’Inverno dalle Quattro stagioni, brano che acquista una insospettabile, morbosa trasgressività se associato al vorace appetito degli attori ), oppure connesso a un’auto (finale rapido e tempestoso, stavolta, dall’Estate, come si addice ad un’auto progettata per correre ― in barba al limite dei 130), e infine per la sonorizzazione di una banca veneta come il prete rosso (il rassicurante secondo tempo del Concerto per Liuto Re maggiore RV 93, nella versione non filologica ma più nota, usuale – e borghese – per chitarra).

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In tempi recentissimi, invece, deve essere ritornata la moda della storpiatura strumentale: ascoltiamo il Concerto per archi in Sol maggiore Alla rustica RV 151 in una inedita e pazza versione con kazoo solista (ecco, ci siamo arrivati), ad accompagnamento di scenette che ritraggono in forma bonariamente satirica episodi salienti della storia patria, per la pubblicità di un gestore telefonico. Bhè, qui la storpiatura timbrico-strumentale (laddove negli esempi dei decenni precedenti si voleva solo beceramente “modernizzare” la musica classica) va di pari passo con l’intento satirico, che si avvale tra l’altro di comici di levatura, sceneggiature divertenti, scaltra regia. Il tutto contribuisce alla confezione di uno spot che nelle sue svariate versioni riprende decisamente una continuità con i vecchi Carosello, contraddistinti, mutatis mutandis, dalle stesse caratteristiche di bontà artigianale (con una qualche vocazione artistica), per un medesimo stile complessivamente molto nazional-popolare, che si dimostra in fin dei conti intramontabile.

Proprio come il genio di Vivaldi.

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PS: Forse non tutti sanno che fino agli anni venti/trenta del ‘900 il nome e l’opera di Vivaldi erano del tutto assenti da qualsiasi libro di storia della musica: la memoria del musicista era sparita insieme alla scomparsa dell’uomo, come spesso accade, ad onta del valore dell’opera.

Ma come avrebbero fatto, i pubblicitari, se Vivaldi non fosse stato riscoperto?

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