Il Coronavirus non ferma la tortura nell’Egitto del “faraone” al-Sisi. E le torture non risparmiano adolescenti e bambini.
A ormai oltre quattro anni di distanza dalla morte di Giulio Regeni il rapporto di Human Rights Watch (Hrw), organizzazione per la difesa dei diritti umani con sede a New York denuncia un livello di repressione del dissenso da parte del governo del generale Abdel Fattah al-Sisi tanto pervasivo da estendersi fino ai giovanissimi e ai bambini. Le forze di sicurezza egiziane durante la presidenza di Abdel Fattah al-Sisi avrebbero arrestato arbitrariamente, fatto sparire e torturato ragazzi e bambini anche dodicenni, mentre i pubblici ministeri e i giudici chiudevano un occhio, è la perentoria denuncia di Human Rights Watch pubblicata oggi in un rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Egitto. Hrw ha esortato Stati Uniti, Francia e altri paesi dell’Unione Europea a fermare il loro sostegno al governo egiziano fino a quando le autorità non prenderanno misure verificabili per porre fine agli abusi e punire i responsabili.
Tortura di Stato
“Ci sono bambini che descrivono di essere stati vittime di ‘”waterboarding” e di scariche elettriche sulla lingua e sui genitali, senza alcuna conseguenza giuridica per le forze di sicurezza egiziane,” spiega Bill Van Esveld, responsabile del settore diritti dei bambini di Hrw. Nel rapporto di 43 pagine, Hrw sostiene di aver documentato abusi contro 20 ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni al momento dell’arresto. Quindici di loro hanno dichiarato di essere stati torturati in detenzione preventiva, di solito durante un interrogatorio tenuto mentre erano in isolamento. Sette bambini hanno riferito che gli agenti di sicurezza li hanno torturati con l’elettricità, incluso il “taser”.
Tra le storie riportate nella denuncia quella di un ragazzo che ha raccontato di essere stato arrestato all’età di 16 anni e che temeva di non poter “sposarsi o essere in grado di avere figli” a causa di ciò che gli avevano fatto gli agenti di sicurezza durante la detenzione. Le accuse di HRW sono confermate da Belady, un’organizzazione non governativa che aiuta i bambini di strada che ha raccolto testimonianze verificate dei ragazzi, delle loro famiglie e degli avvocati difensori, e documenti giudiziari, ricorsi alle autorità, cartelle cliniche e video. “I racconti strazianti di questi bambini e delle loro famiglie rivelano come il meccanismo di repressione egiziano abbia sottoposto i bambini a gravi abusi,” spiega Aya Hijazi, condirettrice di Belady. Hijazi, che ha la doppia cittadinanza egiziana e americana è stata arrestata per l’attivismo di Belady, che in arabo significa “la nostra nazione”. È stata arrestata insieme a suo marito e ad altri sei nel maggio 2014 con l’accusa di abuso di minori per poi essere assolta e rilasciata ma dopo aver trascorso in carcere quasi tre anni.
La storia di Belal
Il rapporto racconta di un ragazzo, Belal, che aveva 17 anni quando la polizia del Cairo lo ha arrestato mettendolo in isolamento in una camera di sicurezza: “Non sapevo nulla dei miei genitori e loro non sapevano nulla di me”, ha raccontato Belal, “Gli agenti poi mi hanno legato a una sedia per tre giorni provocandomi forti dolori.” HRW estende le responsabilità a tutto il sistema giudiziario penale egiziano incapace di indagare “seriamente” su queste accuse di maltrattamento.
Nel rapporto si legge il caso di un pubblico ministero che ha minacciato di rimandare un ragazzo dall’agente che lo aveva torturato se il ragazzo non avesse confessato le proprie colpe.
L’inferno all’ombra delle Piramidi
Le autorità egiziane tengono i detenuti minorenni insieme agli adulti, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani. In alcuni casi, sono imprigionati in celle sovraffollate e non ricevono cibo in quantità sufficiente. Almeno due minorenni sono stati sottoposti a lunghi periodi di isolamento. Un quadro agghiacciante è quello che emerge da un recente rapporto di Amnesty International. “Le autorità egiziane hanno sottoposto minorenni a orribili violazioni dei diritti umani come la tortura, la detenzione in isolamento per lunghi periodi di tempo e la sparizione forzata per periodi anche di sette mesi, dimostrando in questo modo un disprezzo assolutamente vergognoso per i diritti dei minori”, denuncia Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord di Amnesty International. “Risulta particolarmente oltraggioso il fatto che l’Egitto, firmatario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, violi così clamorosamente i diritti dei minori”, sottolinea Bounaim.
Minorenni sono stati inoltre processati in modo iniquo, talvolta in corte marziale, interrogati in assenza di avvocati e tutori legali e incriminati sulla base di “confessioni” estorte con la tortura dopo aver passato fino a quattro anni in detenzione preventiva. Almeno tre minorenni sono stati condannati a morte al termine di processi irregolari di massa: due condanne sono state poi commutate, la terza è sotto appello.
Sulla base del diritto internazionale, il carcere dev’essere solo l’ultima opzione per i minorenni. Sia la legge egiziana che le norme internazionali prevedono che i minorenni debbano essere processati da tribunali minorili. Tuttavia, in Egitto ragazzi dai 15 anni in su vengono processati insieme agli adulti, a volte persino in corte marziale e nei tribunali per la sicurezza dello Stato. Sotto la presidenza al-Sisi e col pretesto di combattere il terrorismo, migliaia di persone sono state arrestate arbitrariamente – centinaia delle quali per aver espresso critiche o manifestato pacificamente – ed è proseguita l’impunità per le amplissime violazioni dei diritti umani quali i maltrattamenti e le torture, le sparizioni forzate di massa, le esecuzioni extragiudiziali e l’uso eccessivo della forza. Dal 2014 sono state emesse oltre 2112 condanne a morte, spesso al termine di processi iniqui, almeno 223 delle quali poi eseguite. La legge del 2017 sulle Ong è stata il primo esempio delle norme draconiane introdotte dalle autorità egiziane per stroncare la libertà di espressione, di associazione e di manifestazione pacifica. La legge consente alle autorità di negare il riconoscimento delle Ong, di limitarne attività e finanziamenti e di indagare il loro personale per reati definiti in modo del tutto vago. Nel 2018 sono state approvate la legge sui mezzi d’informazione e quella sui crimini informatici, che hanno esteso ulteriormente i poteri di censura sulla stampa cartacea e online e sulle emittenti radio-televisive conclude Bounaim.
Nell’Egitto di al-Sisi i “desaparecidos” si contano ormai a migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove strutture carcerarie. Il generale-presidente esercita un potere che si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di uno. Al-Sisi si pone all’apice di un triangolo, quello dello Stato-ombra: esercito, Ministero degli Interni (e l’Nsa, la National Security Agency.) e Gis (General Intelligence Service, i servizi segreti esterni). Se lo standard di sicurezza si misurasse sul numero degli oppositori incarcerati, l’Egitto di al-Sisi I° sarebbe tra i Paesi più sicuri al mondo: recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty International, calcolano in oltre 60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana): membri dei fuorilegge Fratelli musulmani, ma anche blogger, attivisti per i diritti umani, avvocati…Tutti accusati di attentare alla sicurezza dello Stato. Lo Stato di polizia all’ombra delle Piramidi. Lo Stato del “faraone torturatore”.