Blinken sapeva dell'avanzata dei talebani e che le forze afghane stavano cedendo. Ma...

L'ambasciata aveva messo in guardia il segretario di Stato americano, ma nonostante questo gli Usa non si sono fermati.

Antony Blinken
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20 Agosto 2021 - 10.41


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Perché gli Stati Uniti non ha fatto nulla per fermare la potenza talebana che stava prendendo il controllo in Afghanistan?

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Questo è solo uno dei tanti quesiti, finora senza risposta, dopo che si è venuto a sapere dell’informativa con la quale Blinken veniva messo al corrente del cedimento dell’esercito afghano.

Ventitré funzionari dell’ambasciata americana a Kabul avevano firmato un dispaccio inviato, lo scorso 13 luglio, al segretario di Stato Antony Blinken in cui segnalavano il rischio di un possibile collasso dello Stato afghano subito dopo il ritiro americano dall’Afghanistan. Lo hanno riportato due fonti riservate al Wall Street Journal. 

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I diplomatici avevano messo in guardia Blinken sulla rapida avanzata dei talebani e avevano avvertito che le forze regolari afghane stavano cedendo. I documenti confermano che gli Stati Uniti erano a conoscenza della crisi a cui sarebbero andati incontro, ma nonostante questo non si sono fermati.

Il dispaccio, secondo il giornale finanziario, venne mandato a Blinken e al direttore per la pianificazione politica Salman Ahmad. Il segretario di Stato avrebbe dato velocemente un’occhiata al documento.

Il documento riservato è finora la prova più evidente del fatto che l’amministrazione americana era stata avvertita dai suoi stessi funzionari dell’imminenza dell’avanzata talebana e della possibilità che le forze afghane fossero incapaci di fermarla. Il dispaccio offriva inoltre consigli su come contenere la crisi e accelerare le evacuazioni, spiegano le fonti, e invitava inoltre il dipartimento di Stato a utilizzare un linguaggio più duro nel condannare le atrocità che venivano commesse dagli insorti. 

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Il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price, non ha commentato la fuga di notizie e si è limitato a sottolineare che Blinken legge ogni dispaccio e controlla ogni risposta. 

L’indiscrezione è destinata ad alimentare il dibattito su quanto le autorità civili e militari statunitensi fossero al corrente del rischio di un repentino collasso dello Stato afghano e dell’inadeguatezza dell’esercito di Kabul a contrastare i talebani. 

Lo scorso luglio il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva definito “altamente improbabile” che i talebani prendessero il potere. Il 14 agosto, il giorno prima dell’arrivo dei talebani a Kabul, il portavoce del Pentagono, John Kirby, aveva assicurato che la capitale afghana non affrontava una “minaccia imminente”.

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Il dispaccio è poi una sonora smentita di quanto affermato mercoledì scorso dal capo di stato maggiore Usa Mark Milley, il quale aveva affermato che non c’era alcun elemento che lasciasse intuire il rischio che l’esercito afghano si liquefacesse in pochi giorni.

I firmatari del documento, trasmesso attraverso il “canale di dissenso” che consente ai funzionari di esprimere critiche sulle politiche del dipartimento, esortavano inoltre a iniziare subito, a sei settimane dalla prevista conclusione del ritiro, la registrazione e la raccolta dei dati personali dei cittadini afghani che avevano lavorato come interpreti o traduttori per gli Stati Uniti e possedevano i requisiti per emigrare negli Stati Uniti, del locale personale d’ambasciata e degli altri residenti che avevano il diritto di trasferirsi in Usa come rifugiati. Il dispaccio proponeva inoltre di non iniziare i voli per le evacuazioni più tardi del 1 agosto. 

Lo scorso 14 luglio, il giorno dopo la diffusione del dispaccio, la Casa Bianca aveva annunciato l’avvio delle operazioni per il trasferimento in Usa, tramite visti speciali, dei cittadini afghani che avevano lavorato per l’amministrazione americana. Le evacuazioni non sono però entrate nel vivo che la settimana scorsa, quando Kabul stava ormai per cadere.

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I rapporti con Pechino – Intanto i talebani riconoscono alla Cina un “grande ruolo” nella ricostruzione dell’Afghanistan. Lo ha dichiarato il portavoce degli studenti coranici al potere nel Paese, Suhail Shaheen, in un’intervista a Cgtn Europe, la divisione europea dell’emittente televisiva statale cinese China Global Television Network. 

“La Cina è un grande Paese con un’enorme economia e capacità – ha scandito il portavoce dei talebani – e penso che possa giocare un ruolo molto grande nella ricostruzione e nel recupero dell’Afghanistan. Possono avere quel ruolo”.

 

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