Carnevale, i giovani si mascherano da clochard. È protesta
Top

Carnevale, i giovani si mascherano da clochard. È protesta

Nella Napoli bene l’ultima moda dei ragazzi è il travestimento da senza tetto. Intanto è morto un altro homeless. La sociologa: privi di solidarietà.

Carnevale, i giovani si mascherano da clochard. È protesta
Preroll

Desk2 Modifica articolo

4 Marzo 2014 - 22.02


ATF
di Ida Palisi

A Napoli a Carnevale ci si traveste da clochard, mentre i senza dimora veri continuano a morire per strada. L’ultima moda dei ragazzi della città ricca è il travestimento da barbone: qualche giorno fa a una delle feste a tema, in una nota discoteca del centro, hanno partecipato anche i giocatori della squadra di calcio Swansea reduci dalla partita con il Napoli, mentre i residenti protestavano, pensando a una invasione di clochard. Intanto per strada è morto un altro senza dimora: lo chiamavano “O barone” dei Decumani ed era diventato l’idolo dei ragazzi che di sera frequentano il centro storico della città. Si diceva che la sua fosse una scelta di vita, di anticonformismo, ma la verità invece la sta diffondendo in queste ore sul web il fratello de «O barone», che due giorni fa è morto per un’infezione che aveva colpito fegato, polmoni, milza: si chiamava Antonio e 30 anni fa una caduta gli aveva procurato un trauma alla testa da cui non si è più ripreso.

“Questa coincidenza di eventi fa pensare molto – ha detto la sociologa Enrica Morlicchio, professore di Sociologia della disuguaglianza all’Università Federico II di Napoli – e sembra indicativa di una incapacità di empatia con le persone più vulnerabili, che diventano quasi semplicemente delle figure folkloriche nel senso negativo del termine. Figure da interpretare a Carnevale come una forma di provocazione o peggio ancora come una moda”.

“È uno dei tanti segnali della perdita della capacità di solidarietà tra i ragazzi, in parte dovuta forse anche a un calo di attenzione degli insegnanti rispetto a questo problema, in parte anche ai modelli imposti attraverso i mass media. Una volta si andava a scuola anche per imparare la solidarietà verso chi aveva meno risorse economiche o una disabilità, oggi purtroppo sempre più spesso la scuola anche è il luogo in cui si esercita la propria superiorità verso chi è percepito come più debole”.

“Loro in qualche modo percepiscono quella del barbone come una figura estranea da interpretare mentre i percorsi che fanno arrivare alla vita in strada possono essere i più disparati”, ha spiegato la Morlicchio.

Native

Articoli correlati