Tra tutti le voci allarmanti ne arriva una rassicurante: è quella di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma.
“I dati che arrivano da Israele dimostrano ogni giorno di più che il vaccino funziona, le manifestazioni sintomatiche si riducono, le ospedalizzazioni diminuiscono e così i decessi”, ha osservato, “lo stesso si sta osservando in Italia con la somministrazione quasi completata del vaccino agli operatori sanitari”.
Per Ippolito “bisogna vaccinarsi il prima possibile, quando previsto dai piani, e nell’attesa del nostro turno continuare a mantenere alta la guardia, che peraltro non va abbassata neanche dopo la vaccinazione”.
“Le misure di contenimento richieste dalle varianti sono le stesse del virus originario, ma se è vero, come sembra, che alcune di queste mutazioni sono caratterizzate da maggiore contagiosità, sarà necessaria allora un’attenzione ancora più scrupolosa nell’attenersi alle misure di contenimento”, ha sottolineato il direttore scientifico dello Spallanzani.
“Da un punto di vista epidemiologico e statistico, una variante con una trasmissibilità superiore anche solo del 20 per cento e con lo stesso tasso di letalità rispetto al ceppo originario fa più danni, in termini di ospedalizzazioni e decessi, rispetto a una variante con una letalità superiore del 50 per cento ma con la stessa trasmissibilità”, ha osservato.
Quanto all’efficacia del sistema a colori, Ippolito ha citato l’esempio della Gran Bretagna, “dove con l’imposizione di una ‘zona rossa’ all’intera nazione il numero dei contagi è rapidamente calato”. Questo “ci dice che il sistema in essere nel nostro Paese, che gradua le misure nei territori in base alla situazione epidemiologica, può funzionare, anche perché consente (lo si sta facendo in Umbria e Alto Adige, per esempio) l’istituzione su specifiche porzioni del territorio di misure di contenimento ulteriormente restrittive rispetto a quelle nazionali”, ha spiegato.
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